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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc.I
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Fumi, Luigi: Ricordi di un oratorio del secolo XV nel duomo de Orvieto
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0080

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48

L. FUMI

del popolo che giornalmente offriva il suo obolo per la costruzione dell'opera. Qui accanto de-
positavano pane, vesti, tavolette votive cerate. Davanti ad essa il Comune nelle principali feste
recava, a suon di nacchere, di trombe e di tamburi, i prigioni legati e li scioglieva, lasciandoli
in libertà per amor suo. Un devoto, per testamento, ordinava di erigerle una cappella nel 138(3.
Uno scultore, di cui si ignora il nome, e che io credo non fosse altri che Pietro di Giovanni da
Friburgo, immaginò e disegnò la cappella in forma di oratorio nel 1402. 1 Ma non era questo
l'oratorio di che intendo parlare. In cambio di esso, un nuovo tabernacolo ornava l'immagine
nel 1408; perchè, innanzi di decidere dell'oratorio da costruire, si doveva fermare il luogo
dove erigerlo. Posta, come era, presso alla statua dell'Assunta in una parte poco sana per
l'umidità e macchiata, si ordinava allo scultore Cristoforo da Siena che innanzi di commet-
tere la cappella si guardasse bene al luogo se fosse adatto, per non doverlo poi rimutare e
spendere a vuoto (1434). 2 I soprastanti all'Opera del duomo deliberarono trasferirla presso il
muro dell'ultima porta verso l'ospedale e la vollero ornata convenientemente. 3 Si offri a dotarla
messer Francesco Monaldeschi, ricchissimo cittadino orvietano, vescovo di Ascoli, che, uomo fa-
zioso in patria, costretto ad allontanarsene, mal sosteneva l'esilio negli ultimi anni di sua vita,
e cercava con atti generosi di rientrare in grazia di Dio e de' suoi concittadini. Un suo fami-
gliare, fattosi innanzi al camerlengo dell'Opera ai 26 giugno 1460, espose la volontà del vescovo
recando trecento ducati in tanti bolognini vecchi del valore di sei lire per ducato di moneta cor-
rente. 4 I conservatori e i soprastanti, per mezzo di un loro oratore speciale, gli fecero sapere che
a lui spettasse il carico di costruire la cappella. 5 II vescovo promise dare duecento fiorini, con
che si erigesse un altare coll'arme sua: e promise lasciare per dotazione del medesimo un pos-
sesso nel suo feudo di Rotecastello del valsente di duecento ducati d'oro e di acquistarne altri
per trecento ducati e più, riserbato per sè il frutto finché vivesse, e a morte sua da volgersi al
cappellano. Le entrate manuali della cappella sarebbero tutte intere della Fabbrica, con la sola
riserva per il cappellano di due moccoli delle candele che si accendessero alla sua messa. Questa
riserva non venne accettata dalla Fabbrica. A^olle a se mantenuto ogni diritto di introiti, senza
alcuna diminuzione, e dichiarò che, appena ricevuti i duecento fiorini, si sarebbe posto mano a
lavorare le pietre, e dato fondo alla somma, i materiali si componessero insieme a formare una
cappella, ma piccolina, perchè sarebbe stata più devota e non occuperebbe tanto spazio. Ad ogni
modo, prima di accettare il donativo, temendo di qualche ingerenza esterna nelle cose della Fab-
brica, vollero il consiglio di un dottore di diritto canonico ; e, bisognando, a suggello, anche la con-
ferma del papa, l'avrebbero sollecitata a loro spese.G Furono poi costretti di domandarla poco dopo
per le esigenze del Capitolo, al quale il pontefice Pio II non prestando orecchio impose perpetuo
silenzio.

Il vescovo morì prestissimo e lasciò per legato a Rinaldo e Achille Monaldeschi suoi nepoti
la costruzione della cappella. Il camerlengo e i soprastanti con sei cittadini, ai quali furono ag-
giunti altri dieci, ebbero autorità di trattare le cose concernenti alla medesima e di intendersi
con persone capaci perchè la cappella si facesse più bella e più onorevole che fosse possibile ad
laudem Dei et Virginis gloriose et magnificenti ani ijpsius ecclesie. 7 Mandarono per i disegni a Fi-
renze e a Siena. Tre disegni si misero innanzi: uno di Desiderio scultore, uno di Andrea di Michele
e un altro di Giuliano di Leonardo da Firenze. Un modello di legno e cera nera fu presentato;6
e la cappella fu deliberata di sei braccia per lunghezza e di una canna e mezza quadrata, a
marmi bianchi e rossi, con mezze colonne e architrave di perfetto lavoro. Giovannino di Meuccio
da Siena, capo della loggia, tracciò la misura suddetta e si pose alla ricerca dei materiali,11 acqui-
stando due colonne serpentine rosse e il marmo per i mezzi capitelli, uno dei quali scolpì egli

1 Arch. dell'Opera, Cam. 1400-1408.

2 Arch. detto, Rif. acl an. c. 220.

3 Arch. detto, ivi, 1448-1457, c. 294 t. 295.

4 Arch. detto, ivi, 1458-1488, c. 64.

5 Arch. detto, ivi, 1458-1488, c. 70.

6 Arch. detto, Rif. 1458-1488, c. 120.

7 Arch. detto, ivi, c. 136, 139 t, 140.

8 Arch. detto, ivi, c. 140 t; Cam. 1460-1469.

9 Arch. detto, ivi, e. 199; Cam. 1460-1469.
 
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