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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0110

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78

NE CINOLOGIA

E mentre per la città e fra gli amici si spargeva la triste nuova della immatura fine di lui,
quasi contemporaneamente usciva nel fascicolo dei Bicordi di Architettura il suo progetto per il
completamento e restauro della chiesa di San Casciano nel Pian di Pisa, opera nella quale si
rivela mirabilmente la serietà e la profondità de'suoi studi e l'amore che in ogni suo lavoro
portava.

Fu ispettore dei monumenti della provincia di Firenze per molti anni, e ne fu tolto imme-
ritatamente, in seguito a dissensi artistici intorno al restauro di una delle nostre chiese. Pur
troppo fu dimostrato in seguito quanto egli fosse per le sue convinzioni e affermazioni più degli
altri nel vero! E il suo ingegno avrebbe potuto dare frutti anche maggiori, se quel desiderio di
scrupolosa esattezza, quella incontentabilità dell'opera propria che erano le caratteristiche prin-
cipali del suo temperamento non gli avessero tarpato le ali a più facili successi. E per questo che
di lui VArchivio storico non ha mai potuto pubblicar nulla, sebbene sempre lo si trovasse animato
dalle migliori disposizioni: ma prima che soddisfar gli altri l'opera sua doveva contentar lui: ed
era tanto incontentabile! Ai primi dello scorso dicembre mi scriveva:

« Nello studiare il coro della Pieve di San Casciano presso lavacchio, mi son trovato a
portare un pezzo avanti un vecchio mio studio su quei cori che prima del xvn sesolo occupa-
vano tanta parte della navata principale delle chiese pisane e lucchesi non solo, ma di molte
altre ancora. E ti dirò anche che il coro del Duomo di Pisa, il quale sino a qui si credeva che
fosse sotto la cupola, era invece al termine della navata maggiore. Il transetto era tutto libero
come è ora. E si capisce benissimo che, mentre infuriava l'incendio, il quale cominciò, come ricor-
derai, dalla facciata, cercassero subito, dopo aver messo in salvo il Sacramento e la Madonna di
sotto gli organi, di sconficcare e portar via le tarsie del coro, per impedire che i travi in fiamme
che cadevano in chiesa, o venivano sempre più avvicinandosi alla cupola, non bruciassero quelle
opere di legname».

E questo studio avrebbe in questo periodico vista la luce se la morte a un tratto, e quando
ancora egli poteva esser utile coli'opera e col consiglio a quell'arte alla quale tutto se aveva
consacrato, non ce l'avesse disgraziatamente rapito.

I)i lui non può dirsi come di molti: fu amato da tutti. Ebbe, nell'arte s'intende — perchè
come uomo t itti eran concordi nell'apprezzarne le qualità del cuore e della mente — avversari
e non pochi, i quali sarebbero stati verso di lui più benevoli se l'avessero più intimamente cono-
sciuto e avessero voluto o saputo trovare scusa agli impeti di lui nel carattere franco e aperto
e nella interezza della sua coscienza. Pochi e saldi amici furon però consolazione e conforto nelle
amarezze che molte dovette sopportare durante il corso della sua artistica vita: ma a questi
amici, or che la morte ha fatto tacere i fuggevoli dissensi, oggi, tutti gli studiosi e gli amanti
delle artistiche memorie si uniscono per mandare 1' ultimo saluto alla tomba così presto dischiusa
dell' uomo, dello studioso, dell' artista.

Firenze, 10 gennaio 1891.

T. Benvenuto Supino.
 
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