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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. III
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Frizzoni, Gustavo: I progressi della critica artistica
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0197

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I PROGRESSI DELLA CRITICA ARTISTICA

165

Di autore veronese senza alcun dubbio poi è il ritratto di Yespasiano Gonzaga (non di
Francesco, come dubitava il Selvatico) che appartiene alla Galleria Lochis di Bergamo, ed ora
figura nel rispettivo riparto all'Accademia Carrara (sotto il n. 154).

Il personaggio può essere identificato, paragonandolo con uno di quelli che sono introdotti
dal Mantegna nelle composizioni con cui ornò la nota camera degli sposi nel palazzo Gonzaga.
Le sue fattezze differiscono affatto da quelle note del vincitore della battaglia del Taro.

Si avverte poi in pari tempo che l'effigie a mezzo busto menzionata, quale vedesi nella
Pinacoteca di Bergamo, non ò di mano di Andrea Mantegna, non bastando di certo a legitti-
marla per tale neanche la marca A. M. che vedesi nel medaglione appeso al collo del rappresen-
tato. Essa invece si accosta nella fattura in modo così diretto al ritratto di vecchio segnato del
nome di Francesco Bonsignori, nella Galleria Nazionale di Londra, da doversi sicuramente rite-
nere dello stesso artista veronese. Non sappiamo astenerci dal ripetere tuttavia quanto si ò osser-
vato circa il ritratto della Tribuna, cioè che una oculata pulitura no metterebbe in più chiara
evidenza la vera origine.

A conferma di siffatta attribuzione poi, già da tempo a dir vero suggerita dal senatore
Giovanni Morelli, rammenteremo che esiste di mano del valente Bonsignori una serie di di-
segni al carboncino, fra i quali si ravvisano gli studi pei due citati ritratti. Quello di Londra,
infatti, si riscontra in un foglio dell' Albertina di Vienna, quello di Bergamo in altro di analogo
lavoro, riposto fra i Yeneti antichi nella raccolta dei disegni agli Uffizi, dove lo vedemmo regi-
strato pochi anni or sono sotto il n. 1702.

Altre obiezioni critiche si potrebbero muovere al Commentario indicato, ma bastino gli esempi
riferiti fin qui per mostrare ad esuberanza quale mutamento di giudizi si sia formato in un corso
di anni non molto lungo relativamente.

II.

Ora, per tornare al quadretto di casa Borromeo, ci piace riconfermare quanto si asserì da
principio, non essere cosa cioè da dover recare meraviglia, ch'esso fosse stato accolto per opera
del Mantegna in quella raccolta di quadri.

Non andò guari però che fu trovato opportuno di modificare la sentenza: tant'è vero che
il cartellino applicato posteriormente di sotto l'antecedente si limita all' appellativo di Scuola di
Andrea Mantegna, essendosi consolidata la persuasione eh' era eccessiva pretesa il riferirsi diret-
tamente al nome del maestro.

Pochi anni or sono poi, essendosi intrapresa una revisione del catalogo della Galleria, l'aspetto
primitivo, starei per dire arcaico, e secco delle figure da cui è popolato, indussero a classificarlo
per una creazione piuttosto di un condiscepolo che di uno scolaro del Mantegna, onde è che figura
iscritto oggi sotto la rubrica: Scuola dello Squarcione.

Oggi, in presenza del dipinto e fors' anco della riproduzione qual ch'essa sia, che noi possiamo
darne qui unita, crediamo che i buoni intendenti vorranno convenire con noi che la piccola tela di
che si tratta (larga cm. 70, alta 33) reca in sè l'impronta di una composizione ideata da nessun
altro se non da uno dei principali rappresentanti dell' epoca eroica, se così ci è lecito esprimerci,
dell'arte ferrarese, cioè del valente e vigoroso quattrocentista Ercole Roberti.

Egli è uno di quei tipi d'impronta individuale eminente, la cui fisionomia venne a deli-
nearsi in modo più determinato nella storia dell' arte solo da breve tempo in qua mercè studi
ed indagini fatte per vie diverse. Non torneremo qui sull'argomento delle sue opere, già am-
piamente svolto in questo periodico dal nostro collega cavalier Adolfo Yenturi, ma osserveremo
che quelle le quali vogliono essere prese in considerazione più direttamente per istabilire un
paragone col quadretto di casa Borromeo, non foss' altro per la circostanza delle dimensioni e
dell' affollamento delle figure in limitate proporzioni, sarebbero le tavole già situate nella sagre-
 
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