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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. III
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Gatti, Angelo: Maestro Antonio de Vincenzo: Architetto Bolognese
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0207

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175

l'azione collettiva de' singoli membri, a favore dello scopo impersonale che riassumevasi nella
fama della maestranza.

È dunque fuori di dubbio che la prima idea del San Petronio si deve a frate Andrea
Manfredi, ma è pure certo che di questa poco o nulla restò dopo lo svolgimento fattone da
M. Antonio.

A dimostrarlo è sufficiente il collaudo del colossale modello, nel quale atto il frate confessa
ingenuamente d'esser stato vinto dal suo protetto (d. 1), che rese più vasta la concezione, più
ardimentosa, più ricca e di tale bellezza, cui il collaudante non sarebbe pervenuto. E per verità,
se la chiesa di Santa Maria de' Servi di Bologna, secondo quanto narrano gli storici, fu vera-
mente opera del detto frate, questa si palesa di gran lunga più timida e più infantile rispetto
all' ardimento ed all' eleganza, che non la basilica Petroniana.

La piena e sincera ammirazione di frate Andrea fu però preceduta dalla convergenza di
tutta la fiducia cittadina verso M. Antonio, poiché il collaudo su menzionato fu rogato li 8 agosto
dell'anno 1392, mentre fino dall'anno antecedente i soprastanti della fabbrica avevano accre-
sciuto il salario di M. Antonio con pubblico istrumento delli 17 giugno (d. 3) e nell' anno sus-
seguente, addì 8 aprile (d. 4), gli Anziani scrivevano al medesimo una lettera onde riconfermarlo
capo di ogni lavoro, la quale è uno sfogo eloquentissimo della più alta ammirazione, della più
illimitata fiducia nel suo sapere. Malgrado ciò, 1' ufficio di M. Antonio fu soggetto alle conferme
annuali, ma questo provvedimento dev' essere considerato soltanto come una prova di illumina-
tissima cautela a favore dell' azienda economica.

Tali documenti servono inoltre a limitare definitivamente l'ingerenza di frate Andrea nella
costruzione di San Petronio. Il suo nome trovasi al primo posto tanto nell' allogazione del mo-
dello, come nella prima elezione di M. Antonio ad architetto principale della nuova chiesa, ma
dalla prima conferma (d. 3) in avanti cessa di essere ricordato, nò mai è compreso in alcun
libro della fabbrica quale stipendiato, nò quale gratificato, nò quale direttore di qualsiasi minima
parte dei lavori, mentre ogni ulteriore menzione di M. Antonio palesa 1' ognora crescente auto-
rità a lui accordata.

Dunque si può dire recisamente che la basilica Petroniana è per intero opera di M. An-
tonio, e che ivi il suo ingegno sconfinato trionfa, sia considerando la chiesa come monumento a
sè, sia riguardandola come un punto fìsso e tipico nella storia dell'architettura.

Ed invero tutta la concezione del San Petronio è tale da giudicarsi anche oggidì una delle
più complete, specialmente rispetto all' ordinamento del sistema statico, il quale, se non durasse
da secoli senza minaccie di mina, difficilmente si crederebbe che potesse essere tradotto in pratica
con sicurezza. Inoltre vi si palesa il perfetto accordo tra la costruzione e la veste decorativa,
nella quale poi domina la completa conoscenza degli effetti, prestabiliti ed ottenuti senza ripieghi
di sorta.

Ciò è la prova del fuoco del valore di M. Antonio e la miglior dimostrazione che esso era
di già provvisto della più consumata esperienza.

D'altra parte, l'esame circostanziato di quella costruzione, benché priva delle parti più mi-
rabili, la crociera e l'abside, conduce d'ammirazione in ammirazione anche per l'assoluta novità
del tipo. Alla quale frate Andrea Manfredi è da credersi non sarebbe giunto, poiché Santa Maria
de' Servi conserva tutte le leggi costruttive del misticismo monastico medievale, e San Petronio
ò un inno al trionfo delle idee nuove, seminate a piene mani dal Rinascimento.

Considerando la struttura e la decorazione del San Petronio e del campanile di San Fran-
cesco, noi siamo condotti a rilevare come ambidue questi edifizi palesano un gusto personale,
che non è in tutto conforme al gusto italiano di quel tempo, senza però che vi si possa scor-
gere l'intrusione di forme proprie d'altri monumenti. Domina in ambo gli esempi un eclettismo
dello stile ogivale che si risolve nell' affermazione d'un tipo architettonico prodotto dall' assimi-
lazione delle reminiscenze tradizionali, non già in plagi d'importazione. Dello stile ogivale flore-
scente oltremonte essi hanno la gaia arditezza de' trafori, ma il sistema statico, lo studio degli
sbalzi, le applicazioni de' materiali sono interamente di tipo italiano.
 
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