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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. III
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0245

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MISCELLANEA

213

appoggio e il sangue sgorga dalle ferite. Il terzo chiodo
è conficcato nello stesso sostegno. Così, molto prima
dell'epoca designata dal Didron, si sarebbe cominciato
a dubitare se realmente il Cristo fosse stato crocifisso
con quattro chiodi, e la transizione si sarebbe manife-
stata all'aurora dell'xi secolo e non alla fine del xii. La
croce di Roma dà ragione a questa teoria. Checche ne
abbia detto il P. Cahier che ingiustamente lo perseguitò
oltremodo nei Nouveaux mélanges d'archeologie, Didron
aveva il sentimento dell'arte del medio evo, e i servigi
che egli ha reso a questa causa sono immensi e dure-
voli. La sua rara perspicacia non gli permetteva di
fuorviare così facilmente. Son felice di poter invocare
la testimonianza di colui che fu mio maestro e mio
amico. Nel Crocifisso di Perugia, dunque, le gambe sono
rigide e posate su di un suppedaneum arrotondato e
trilobato, nel quale è conficcato il terzo chiodo, la
cui testa è tagliata a punta di diamante. L'artista ha
forato i due piedi, o piuttosto vi ha lasciato le stim-
mate, ma ebbe paura di metterci i chiodi stessi: due
piedi traforati suppongono infatti due chiodi. Trascinato
dalla corrente dell' epoca, egli ha pensato che un sol
chiodo sarebbe troppo corto, così l'ha messo risoluta-
mente sotto i piedi, ai quali non li connette che indi-
rettamente, come un ricordo.

Debbo qui notare una particolarità. Quando si toglie
questo chiodo, le braccia del Crocifisso fanno cerniere
e si trova il corpo affondato da una parte, e dall'altra
una teca verticale, che sporge in fuori per dare più -spa-
zio. Ivi erano rinchiuse le reliquie, numerate dalla parte
posteriore con una iscrizione, che comincia alla facciata
e si continua al rovescio in tutta la sua lunghezza.

Si legge al disopra della testa del Cristo e al braccio
di croce :

C R Y
C . D E
S~ . TESTE . S' .
REL. MAR

GORD

10 traduco così: crux continet de veste Salvatoris :
Sunt (ibi) reliquiae Gordiani Marii ? Questa interpreta-
zione, che mi sembra la più razionale, lascia luogo però
ad un'altra lettura.

11 C, con abbreviazione, della seconda linea, può
rilegarsi alla parola non terminata della prima e signi-
ficare (de) cruce.

Il secondo S è sbarrato obliquamente, mentre la
prima ha, al disopra, una sigla orizzontale, il che indica
due parole differenti. Mgr Lacroix, chierico nazionale per
la Francia, che avevo consultato, perchè aveva pratica
delle epigrafi romane, leggeva invece di sunt, sacrae
che riferiva a reliquiae.

Io preferisco sunt, perchè ivi comincia una enume-
razione di reliquie di santi. Sul resto non c'è dubbio.
11 dotto prelato inclinava a trasformare mar. in marty-

ris : se questa parola è esatta, io preferirei martyrum,
che abbraccerebbe i dieci nomi di martiri inseriti sulla
croce e si leggerebbe : sunt (ibi) reliquiae marti/rum
Gordiani, Dionisii, ecc. Nonostante, io debbo dire che
mar. senza il t finale può anche intendersi per Marii,
Marthae, Mariani, Marinae e altri nomi dello stesso
genere.

Nel rovescio, un rettangolo ornato d'architettura
corrisponde, in rilievo, alla cassa interna. Ci si vede
inciso

DE
SE
PVL

DION. ALR. MARTINI
SEB. COS. ET. D. ADRI
ANI
ET

YX
E I '

»

che io traduco : de sepolcro, Dionisii. Aurelii, o Alexan-
dri, Martini, Sebastiani, Cosmae et Damiani, Adriani et
uxoris ejus.

De sepulcro messo in riscontro di cYux e di reste
del tronco superiore, deve riferirsi al Salvatore. Il ge-
nitivo degli altri nomi sarà detto da reliquiae sulla parte
corrispondente alla facciata.

Mgr Lacroix interpretava Dionisii Alexandrini : io
non sono di questo parere, giacché un punto finale se-
para le due parole per farne due nomi distinti. Inoltre,
è molto dubbio che la seconda lettera sia X; essa parte
dall' A e raggiunge l'i?; il che renderebbe anche possi-
bile che fosse un U.

Et unendo Cos e !>., io non vedo che si possano
separare. Mgr Lacroix faceva di D l'iniziale di Divi
che allora si sarebbe riferito a Adriani, ma bisogna
osservare che qui nessun nome di santo è stato prece-
dentemente qualificato nè divus, ne sanctus; sarebbe
dunque un'anomalia. Io preferisco vedere, con la litur-
gia che li unisce costantemente, Cosmae et Damiani,
come più in basso santa Natalia è congiunta al suo sposo
sant'Adriano. Nelle iscrizioni abbreviate come queste,
in mancanza di spazio sufficiente, importa di control-
lare l'incisore con sè stesso e di giudicare il suo pen-
siero per analogia.

Aggiungerò una parola sull'epigrafia di questa croce.
La scrittura è ferma e netta; certe lettere sono inu-
guali in altezza. Una è anche congiunta alla finale di
Adriani, dove si nota un pentimento, cioè un colpo falso
di bulino, ritoccato in seguito. La lettera romana vi
domina per reminiscenza, ma già il G si arrotonda come
nel gotico, VE si presenta sotto due forme, l'antica e
! la nuova, imitata dal greco, nella quale un ardiglione
esce dalla fibbia del dorso. Al rovescio, i punti sono
rotondi e pieni; alla faccia, è un piccolo cerchio in-
cavato.
 
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