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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. IV
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Venturi, Adolfo: Amico Aspertini
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0282

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A. VENTURI

dilette pei fondi, sembra disegnare con una punta più che dipingere col pennello, così che quelle
sue figurette con lunghe gambe, con vesti e capelli svolazzanti, sembrano figure di pennuti. Ma
la irrequietezza dello spirito, la sregolarezza dell'uomo si rivela in tutto quel che di sgangherato,
scomposto, incerto, che traspare nel disegno delle sue opere.

La prima vedesi nella Galleria di Bologna e rappresenta la Madonna in trono adorante il
divin Bambino, steso innanzi a lei, sopra un bianco drappo che copre fasci di spiche; e i santi
Sebastiano, Eustacchio, Girolamo a destra della Vergine; Giovanni, Francesco e Giorgio a sini-
stra. Sul trono sono rappresentati in bassorilievo, a monocromato, lo Sposalizio della Vergine e
la Incoronazione; al sommo di esso, stanno alcuni putti; al basso del quadro, due figure di com-
mittenti in gran parte rifatti. In questa prima opera del pittore bolognese segnata amyci pictoris
bononiensìs Tìrocinium, quantunque in rovina e guasta dai ritocchi (di cui ò notizia anche in una
iscrizione apposta sul quadro: AMICVS FÈCIT . RESTAURATA . ANNO DNI 1594), vedesi
l'esordiente negli scorci non riusciti e nel cattivo disegno ; ma nel colore si dimostra la buona
tecnica della scuola del Francia. L tipi del neo-pittore si mostrano già determinati in quella sua
prima opera, onde San Francesco è il solito vecchio cretino, il San Giorgio è il bamboccione col
volto schiacciato, tante volte ripetuto poi dall'Aspertini. Nel fondo del quadro vi sono in proporzioni
più o meno grandi, secondo la maggiore o minor lontananza, molte fìgurette : i Re Magi ancora
determinati ne' contorni e di colore; poi, appena accennate con segni nerastri, figure di pastori, e
fra esse un uomo e una donna che ballano tenendosi per mano. Da questo quadro dell'Aspertini agli
altri della sua età matura la differenza è piccola, il progresso è assai lieve: egli lasciò bensì certe
forme convenzionali, come quella di dipingere i piani verdi con punti neri, ma alla fin fine anche il
paesaggio, con quelle sue quercie segnate con due o tre serie di tratti disposti in arco, rimase al-
l'incirca il medesimo. Anche nell'esordire l'Aspertini tenne quella furia indiavolata nel colorire
e quella frenesia di cincischiare ogni cosa, con cui sempre ci appare nelle sue opere.

La figura della Tergine con occhi piccolini, stretti, quasi chiusi, degenerazione del tipo della
Madonna del Francia, si vede, oltre che nell'opera che abbiamo descritta, anche in un secondo
quadro della Pinacoteca di Bologna, erroneamente attribuito a Guido Aspertini. Così nell'uno e nel-
l'altro si vede lo stesso cagnolino, le stesse macchiette nel fondo che sembrano figure pennute.

Il secondo quadro rappresenta l'Adorazione dei Re Magi, ed ha molti tratti di somiglianza
con l'Adorazione dei Pastori, che si vede nella Galleria di Berlino segnata Amicus bononiensis fa-
ciebat. In questo però si rende meglio palese lo studio dell'antichità fatto dall'Aspertini, nelle co-
lonne e nei capitelli infranti di cui è seminato il suolo. E probabile che il pittore, dopo pochi anni
di studio, verso il 1500, si recasse a Roma e si aggirasse entro le terme, fra i monumenti e le rovine
antiche ; e vi disegnasse marmi, stucchi, ogni cosa. E di questo suo viaggio ne ha lasciato ricordo
Giovanni Achillini, nel suo Viridario, là ove è detto di Amico :

con tratti e botte

Tutto il campo empie con le sue anticaglie

Retratte dentro a le romane grotte,

Bizar più che rovescio di medaglie.

Più che nel quadro di Berlino (ove tuttavia e ne' frantumi di colonne e nelle aquile fra l'encarpo
a monocromato di una base, e nella figuretta di un pastore a destra coll'agnello incoronato fra le
braccia, potrebbesi trovare reminiscenze degli studi dell'Aspertini dall'antico), ritrovasi che il pit-
tore veramente corrisponde alla definizione del poeta Achillini negli affreschi dell'Oratorio di
Santa Cecilia in Bologna. Sono di lui i due campi, a destra e a sinistra di chi entra in quel
sacello: a destra vi ò la deposizione dei martiri Tiburzio e Valeriano, a sinistra la loro deca-
pitazione (tav. I). In quest'ultima scena vedesi una grande colonna che la divide per mezzo,
accanto alla quale sta un giovane imperatore seduto, co' piedi su di un tappeto orientale e con
lo scettro in mano, e appresso un guerriero che guarda con la coda dell'occhio dietro a se, e
tiene una lancia lunghissima e uno scudo, su cui sta un bassorilievo a monocromato. E intorno si
accalca una folla di spettatori, fra cui una bella testina di donna co' capelli rossicci e un bambino
con fiasco e pagnottelle. Innanzi alla folla, al di là della colonna, sono decapitati i due santi martiri.
 
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