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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. V
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Frizzoni, Gustavo: L' arte in Val Sesia
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0356

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GUSTAVO FRIZZONI

Come l'aggruppamento delle figure è di una piacevolezza senza pari, così il colorito, di una
freschezza e di una vivacità mirabili. Di questo l'unita fig. lla naturalmente non può dare una
idea adeguata. L'effetto di quelle capigliature bionde, di quelle rosee carnagioni e di quei panni
rossi, verdi turchini, bene armonizzati fra loro, vanno osservati sopra luogo. La composizione e
l'aria dolce e raccolta delle figure ha analogia con varie altre creazioni dell'artista. Rammentiamo
fra altre quella ideale fra tutte della sua pala del 1511 in Arona, come pure un'altra lunetta ch'egli
esegui più tardi sopra la porta della chiesa di Sant'Antonio a Morbegno in Valtellina, nella quale

Fig. lla. LA NATI VITA, DELLO STESSO.

diede maggiore sviluppo allo stesso soggetto, introducendo quattro deliziosi angeli a corteggiare
il venerato Bambino.

In fine ci sia lecito di proporre alcune rettifiche intorno a certi giudizi invalsi rispetto ad
altre opere in Yarallo ed in provincia. Ad ogni buon osservatore in primo luogo crediamo debba
farsi palese, che l'affresco rappresentante una Pietà, ossia N. D. seduta col Figlio morto in grembo,
nel chiostro di Santa Maria delle Grazie, è cosa troppo debole per poter essere ritenuta di Gaudenzio.
La congettura di cui si è fatto eco il Colombo nel suo libro, 1 che vi s'abbia a vedere una pri-
mizia del nostro pittore, non trova generale appoggio, nè lo saprebbe trovare ove si confronti
praticamente detto dipinto con quelli sicuri di lui, mancandovi assolutamente i suoi costanti tratti
caratteristici, sia nelle fattezze dei volti, sia nell'andar dei panni, dove si osserva sempre una
scioltezza, una eleganza di linee sua propria. Le chiese ed i chiostri di Yarallo ci porgono ben
altri esempi di pitture condotte da mani di artisti locali più oscuri, e non è a dubitarsi quindi
che ad uno dei medesimi vada aggiudicata la Pietà mentovata.

1 Vedi op. cit., p. 13.
 
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