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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. V
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Nardini Despotti Mospignotti, Aristide: Lorenzo del Maitano e la facciata del Duomo d'Orvieto
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0368

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336 A. NARDINI DESPOTTI MOSPIGNOTTI

si può ammettere che un maestro come il Maitani ignorasse queste cose; epperciò bisogna sup-
porre invece, che quel primo transetto fosse diverso assai da quello che vi è oggi : vale a dire,
o che fosse semplicemente trabeato e senza volta, come il corpo anteriore della chiesa e com'era
l'uso delle antiche basiliche, o che avesse le volte molto più in basso, cioè con le reni a quel
punto in cui gli sproni del Maitani avrebbero potuto contrastare utilmente, e questo forse è il
caso più probabile. Sembra adunque, come dicevo pocanzi, che fra il 1295 e il 1305, essendosi
aggiunto alla chiesa primitiva un transetto, ed essendo esso come lavoro di rimpasto riuscito
vizioso e pericolante, il Maitani, chiamato a porvi riparo, lo rafforzasse coi noti sproni; e che
poi, vedendo come quella tribuna rotonda, condotta forse a non grande altezza, non si affaceva alle
idee del tempo ed a quelle della sua scuola, proponesse di trasformarla in un coro ogivale molto più
grandioso, e proponesse altresì di mettere il vecchio transetto in consonanza di stile e di misure
col coro medesimo e con la facciata che stava meditando. Può darsi anche che le volte del
vecchio transetto in quella minaccia di rovina avessero tanto sofferto che in ultimo occorresse
disfarle, e che da questo fatto il Maitani fosse incoraggiato a ricostruirle più nobilmente e più
in alto.

Tali essendo le cose, nel duomo d'Orvieto dal 1290 al 1310 si avrebbe l'opera forse di tre
maestri diversi, di due senza dubbio, e di qui le disparità grandissime eh' esso presenta secondo
che si considera in una o in un'altra parte; imperocché il corpo posteriore e la facciata sono
di stile ogivale ed appartengono al Maitani, ed il corpo anteriore invece ò romanico ed appar-
tiene al disegno primitivo della chiesa. La quale mi sembra oramai dimostrato, ch'era in origine
una chiesa essenzialmente romanica in ogni sua parte, cioè una basilica trabeata a pianta rettan-
golare, senza transetto, fiancheggiata d'absidiole semicircolari, con la tribuna rotonda dal lato
orientale, e con le arcate dei valichi interni retti sulle colonne ; in una parola, una basilica latina
ad instar Sanctae Mariae maioris de Urbe, come giusto gli Orvietani se l'erano proposta. E questo
teniamolo bene a memoria.

Ma chi fu l'architetto di questa chiesa originaria? Se vogliamo esser sinceri, dovremo rispon-
dere di non saperlo. Al Fumi sorriderebbe l'idea che potesse essere Arnolfo di Cambio.1 Mi
dispiace di non poter dividere l'opinione di questo egregio scrittore, e n'esporrò adesso le ra-
gioni. Per sostenere quella sua idea il Fumi si fonda su delle supposizioni le quali davvero sono
tutt'altro che impossibili. Ma basta che una supposizione non sia impossibile per esser vera?
Così egli suppone che gli Orvietani facessero fare il disegno del loro duomo molto prima del 1290,
anno della sua fondazione, cioè verso il 1282, per poter poi supporre che, trovandosi Arnolfo
in quel tempo ad Orvieto per il sepolcro del cardinale De Bray, i cittadini profittassero della
presenza di un architetto di sì gran fama per affidare a lui il disegno della loro nuova catte-
drale. A queste supposizioni però altre se ne potrebbero contrapporre. Per esempio, gli Orvietani
nel 1282 potevano contentarsi d'avere stabilito le dimensioni generali del loro duomo tanto così
per conoscere l'area che avrebbe occupato e le espropriazioni e le demolizioni che sarebbero
occorse ; e quand' anco ne avessero ordinato fin d'allora il disegno, non ne viene di necessità
che questo fosse fatto precisamente da Arnolfo. Si può anche mettere in dubbio che Arnolfo
avesse allora quella gran celebrità che si dice, cosicché tornasse di offesa a lui e di danno al paese
che l'ospitava il non valersi dell' opera sua ; tanto più che fino a quel tempo non si sa eh' egli
si fosse dedicato a lavori architettonici di grande importanza, e si parla di lui solamente come
scultore, di guisa che si fece perfino l'ipotesi di due Arnolfì diversi. Arnolfo fu senza dubbio
architetto di grandissimo valore, ma davvero io non oserei affermare che in vita egli godesse
di quella fama universale e sovrana che gli è stata fatta poi dai moderni ; a sentire i quali par-

1 II cav. Fumi ha avvalorato questa sua ipotesi con
più e diverse considerazioni che possono leggersi nella
parte I della prelodata sua opera, a pp. 5, 6, 8 e 9, ed
alle quali rimando il diligente lettore. Non ho preso ad
esaminare e discutere paratamente le dette considera-

zioni, perchè sarei uscito troppo dai limiti imposti al
presente lavoro, e perchè le ragioni da me svolte in
contraddittorio sull'argomento mi sembra, se non erro,
che vengano implicitamente ad infirmare quelle accam-
pate dall'egregio scrittore.
 
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