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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. V
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Nardini Despotti Mospignotti, Aristide: Lorenzo del Maitano e la facciata del Duomo d'Orvieto
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0381

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LORENZO DEL MAITANO E LA FACCIATA DEL DUOMO D'ORVIETO

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tarsi della tricuspide finale, la quale in sostanza non è che la cornice del quadro. A questo
modo essi fecero delle facciate con tre cuspidi, non però tricuspidali.

Né il Maitani fu il solo a sentire la bellezza di questo sistema organico ed unitario di
porte secondo il concetto francese, e forse non fu neanche il primo. Giovanni pisano aveva già
tentato introdurlo nella facciata del duomo, di Siena, e sembra che l'esempio di Giovanni e di
Lorenzo nostro trovasse ben presto imitatori: imperocché noi vediamo adottato questo sistema
nelle porte del San Giovanni della stessa Siena, ed in quelle del duomo di Grosseto, non che
nelle altre del duomo di Genova; e se si avesse a dar retta a certi indizi che ci vengono offerti
dalle loro ossature murarie, anche la facciata del duomo di Arezzo e quella del San Petronio
di Bologna parrebbe che in origine fossero destinate ad aver porte di questa fatta; cosicché io
credo che se il Risorgimento non fosse sopraggiunto a guastare ogni cosa, questo bellissimo e
grandiosissimo sistema di porte avrebbe finito coli'entrare nelle consuetudini dell'arte nazionale;
ed appunto anche per questo (senza dire dei tanti pregi che lo raccomandano) mi sarebbe pia-
ciuto molto che esso venisse adottato ancora nella facciata di Santa Maria del Fiore, in luogo
di quelle porte a tabernacolo tutte slegate fra loro e col resto; le quali, se stanno nei fianchi,
ove non potrebbero farsi in altro modo, parmi disdicano assai a quell' impronta di grandiosità, di
unità e di legame a cui deve sempre ispirarsi un' opera d'arte grandissima.

E stato detto, e sono stato io stesso a dirlo fra i primi, che il sistema tricuspidale è un sistema
falso, perchè non si lega alle linee costruttive ed organiche dell' edifizio, e questo è verissimo. Noi
però abbiamo spiegato più sopra quali siano le cause di questo fatto, e come il vizio ripeta origine,
non già da colpa del Maitani, sì veramente dal genio e dalle tendenze del nuovo stile, e dalla co-
stituzione organica delle nostre chiese, insufficiente a secondarlo. Ma, o noi bisogna rinunziare a una
facciata che sia veramente ogivale, o bisogna rassegnarsi ad averla su in alto slegata colla sua
chiesa. Lo stile ogivale vuole per sua natura andarsene in alto e chiudersi con terminazioni cuspi-
date; oltremonte queste terminazioni corrispondono alla inclinazione dei tetti, combaciano con essi
e stanno bene; da noi invece questo slancio e questo combaciamento sono impossibili, di qui il
disaccordo e le oziosità. E il caso stesso del fastigio greco-romano, che trasportato sulle rive del
Tamigi e della Ne va discorda con l'ardita pendenza dei tetti nordici, e si manifesta apertamente
siccome cosa convenzionale e importata. I settentrionali, col sistema turriforme delle loro fac-
ciate chiesastiche, seppero trovare un modo felicissimo di ottemperare alle esigenze dell' ogiva-
lismo, e poterono andar su in alto quanto vollero senza creare oziosità. Con tutto ciò e ad onta
di tutto ciò anch'essi, se non li avesse favoriti il clima con la pendenza dei tetti, nella cuspide
finale della nave mediana ci avrebbero dato una ventola oziosa né più né meno di quella di
Orvieto. Non siamo dunque troppo corrivi ad aggravare la mano sopra il nostro Lorenzo, e sopra-
tutto non dimentichiamo che quello suo fu un primo tentativo, che nessuno nacque perfetto,
tranne Minerva dal capo di Giove, e che questa è una favola. Se il Risorgimento non avesse
ucciso la tradizione architettonica che fino al secolo xv s'era sempre conservata ad onta di
tante vicende di tempi, d'uomini e di cose, forse si sarebbe trovato un modo di rendere il
sistema tricuspidale più logico e meglio legato al proprio edifizio; ma ormai non si può dar di
cozzo nelle fata, e le cose bisogna prenderle come sono.

Facendo ragione pertanto alle difficoltà che ho detto, io trovo che l'opera del Maitani ci
fornisce due utili ammaestramenti:

1° Che nelle facciate delle grandi chiese medioevali, le ragioni costruttive dell'edifizio non
debbono imporsi tirannicamente, perché quasi sempre in opposizione alle ragioni estetiche dello
facciate medesime ;

2° Che la composizione loro dev' esser lavoro di creazione ed opera grande ed originale,
non il portato di una imitazione gretta e servile dei fianchi e del resto dell'edifizio, la quale
non conduce ad altro che a meschine ricopie o a sfibrate parafrasi.

Questi precetti sarebbe ottima cosa che noi ce li imprimessimo bene nella mente, affinchè,
allorquando ci prende vaghezza di far facciate alle nostre vecchie chiese che ancora non l'hanno,
non s'abbia a correre il rischio di farci invece delle fiancate di faccia.
 
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