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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. V
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Nardini Despotti Mospignotti, Aristide: Lorenzo del Maitano e la facciata del Duomo d'Orvieto
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0387

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355

parlando sono addirittura esecrabili. Per la qualcosa io sarei tentato a far voti che i buoni Orvie-
tani a poco a poco cercassero di tórre via coteste sconcezze, sostituendo loro dei musaici fatti
al modo convenzionale e secondo le regole degli antichi maestri. Tolte di mezzo quelle immense
toppe chiassose e sguaiate, il monumento ne avrebbe benefizio grandissimo.

Ma ho il dubbio che questi musaici abbiano addosso anche un altro peccato. Se non m'inganno
addirittura, a me pare, che, come oggi sono fatti, abbiano le figure fuori della scala dell'edifizio,
cioè troppo colossali rispetto alla facciata, la cui grandezza apparente rimane perciò impicciolita
al confronto. Nel campo della lunetta della porta mediana sta scolpita sotto un padiglione l'im-
magine di Nostra Donna, titolare della chiesa, e questa per regola dovrebbe essere la maggiore
e principal figura della facciata. Ora, se si ragguagliano le figure degli angeli che reggono cotesto
padiglione a quelle che campeggiano sui musaici, troviamo che queste ultime sono almeno il doppio
più grandi delle prime. Lo stesso squilibrio di proporzione vi è fra le figure del musaico e lo
statue che sono nelle nicchie all' intorno e al di sopra dell 'occhio maggiore ; per cui, oltre il
difetto della statura esagerata, abbiamo anche il dualismo spiacente fra le dimensioni delle scul-
ture e quelle dei musaici ; e questo mi sembra che non giovi all'armonia complessiva dell'opera.
Anche maggiore poi è il dissenso fra le figure del musaico e le linee architettoniche, segnatamente
rispetto all'andito o loggetta che ricorre lungo tutta la facciata : imperocché, se quei gigantacci
che armeggiano sui musaici delle pareti, assunta carne e movenza, dovessero per mala ventura
loro passeggiare sotto quell'andito, per larghezza forse non vi entrerebbero, e per altezza sareb-
bero costretti a camminarvi quasi carponi. Nessuna miglior prova di questa per dimostrare il
vizio della scala che vi è in coteste figure, e come esse siano perciò in discordia colle scul-
ture e colla architettura della facciata.

Io non se fosse nella mente di Lorenzo che coteste figure dovessero assumere dimensioni
di quella fatta, imperocché le storie del musaico si presero a fare assai dopo la morte di lui, e
la prima menzione che abbiamo di esse discende al 1345. Se dovesse desumersi dagli accenni
che traspariscono qua e là ne' suoi disegni, e segnatamente in quello monocuspidale, e dalle
opere scultorie eseguite lui vivente, parrebbe che egli avesse in animo di dare alle figure in
musaico delle dimensioni assai più temperate; presunzione che acquista forza tanto maggiore se
si ripensa alle piccole dimensioni in cui sono state trattate le storie dei quattro bassorilievi
famosi. Io credo pertanto che, se un giorno si avesse la buona ispirazione di mutare quei disadatti
musaici, forse sarebbe bene studiare se avessero a riformarsi anche sotto il punto di vista che
ho detto. E sarebbe altresì da studiarsi se, dismessa quella foggia di lenzuolo calato o di arazzo
che oggi hanno, foggia non troppo architettonica nò medioevale, non fosse per avventura prefe-
ribile assumessero un assetto che meglio secondasse le linee della facciata, girando per esempio,
le balze all'intorno dei loro campi, e specialmente lungo le cuspidi delle porte, com'era appunto
il costume del medio evo ogni qualvolta le cuspidi si facevano campire su di un fondo policromo.
Questa però è cosa che la dico dubitativamente, e che dovrebbe esser soggetto di prova.

Si dirà forse che, correggendo a questo modo, noi introdurremmo nella facciata roba di nostro,
epperciò non osserveremmo le buone regole che presiedono ai restuari degli antichi edifizi. Queste
regole le rispetto moltissimo anch' io, e le rispetto tanto che in un restauro vorrei non si variasse
d'un millimetro nemmeno la grandezza d'ogni concio o pietra liscia che si va mutando. E certo,
se quei musaici fossero opera del Maitani o del suo tempo o dei tempi che di poco gli successero,
buoni o cattivi che fossero, io credo che, in ossequio alla storia dell'arte e del monumento, biso-
gnerebbe tenerseli. E per la stessa ragione di ossequio mi rassegnerei a tenerli anche se fossero
opera di tempi posteriori, a patto però che fossero fattura egregia di egregi artisti; ma quali
essi sono opera mediocre e malintesa e discordantissima di artefici del tempo barocco, io non
so qual vèto potrebbe esservi alla loro rinnovazione ; e non so capire per qual ragione cotesti
barocchi dovrebbero avere il diritto d'imporsi a noi col loro capriccio e con la loro ignoranza,
e non noi a loro col nostro raziocinio e la nostra scienza.

Per la stessa ragione io credo che anche dal lato architettonico potremmo permetterci nella
facciata certe modificazioni di poca importanza in se stesse, ma che però gioverebbero molto al
 
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