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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. VI
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Ridolfi, Enrico: Di alcuni ritratti delle Gallerie Fiorentine
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0470

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438

gli presentava caratteri così certi da potersi pronunciare con sicurezza, esclamava che solamente
i novizi ed i ciarlatani hanno sempre pronto un nome per ogni opera d'arte. 1

Dopo questa così recisa sentenza del critico illustre, chi sarà che voglia avventurare un
giudizio senza avere in mano sicura prova per confortarlo? Ma pur troppo alle volonterose in-
dagini impiegate da noi per venire in possesso di tal prova, non arrise fortuna. Forse il caso
farà, che un giorno si manifesti ciò che si è negato ad assidue ricerche.

Non potrà però parer presunzione il continuare lo studio del dipinto, notando quelle consi-
derazioni che somministra l'esame di esso, il suo raffronto con opere di artisti contemporanei, e
la conseguenza che par discenderne indubitata.

Che la maniera sua tenga di quella di Leonardo, lo abbiamo veduto attestare anche da quei
critici, che, pur non mettendo in dubbio la sua appartenenza a Raffaello, dopo averne esaltato
i grandi pregi non seppero come meglio esprimere la loro ammirazione per l'opera egregia, che
dicendola per le qualità sue degna in tutto di Leonardo, opera di un artista in ogni parte com-
piuto e che mostrasi di Leonardo degno rivale.

E certo Leonardo fu l'artista che precipuamente Raffaello si propose a studio nella sua di-
mora in Firenze.

Quell'animo gentile, temperato da natura al fine sentire, alla compostezza, alla grazia, non
potè non rimanere profondamente colpito dalle opere del Yinci ; non potè non comprendere come
in guisa non mai fino allora raggiunta, egli sapesse contemperare in una perfetta armonia l'ele-
vatezza del sentimento col senso della realtà, e addentrarsi nell'animo dei personaggi rappresen-
tati, rivelandone con squisitezza di giudizio i sentimenti e le passioni, mediante la profonda co-
noscenza del corpo umano, e di que' moti che viva ne rendono l'espressione. E con tutte le forze
dell'elettissimo ingegno Raffaello andò dietro quelle orme, allargando la maniera prima, e assi-
milandosi quelle qualità di che nella contemplazione delle opere vinciane aveva tosto sentito di
dover divenire sicuro possessore, per elevarsi a quell' altezza cui nutriva in sè piena fiducia di
pervenire.

Ma l'esame condotto del ritratto della Tribuna e i confronti istituiti fra esso ed altre opere
coetanee del Sanzio, avendoci persuaso che non sia opera di lui ed abbia qualità superiori a
quelle di cui il giovinetto maestro faceva prova in quell'età nei ritratti da esso eseguiti, rimane
a indagare qual altro degli artefici fiorentini del tempo potè avere tali doti, da giungere ove
Raffaello non giungeva ancora; qual sia l'altro ritratto di un artefice fiorentino che possa stare
appresso a quello dell'Incognita della Tribuna; dappoiché la critica lo riconosca senza contrasto
appartenere alla fiorentina scuola, e il Morelli lo dichiari nobilissimo e magistrale dipinto, che può
solo essere opera di un eccellente maestro fiorentino. 2

Ma vi ha egli un altro ritratto del tempo, le cui qualità approssimandosi a quelle dell'In-
cognita lascino ammettere la probabilità dell'averlo eseguito il medesimo artefice?

Se il ritratto richiama al pensiero le gentildonne di Domenico del Ghirlandaio, il più no-
bile e largo dei pittori del quattrocento, potrebbe però attribuirsi a lui? Già abbiamo veduto
come pochi anni addietro, quando egli dipingeva la cappella dei Sassetti a Santa Trinità e poi
il coro di Santa Maria Novella, la foggia del vestiario e dell'acconciatura femminile fosse di-
versa; nò forse egli, morto pochi anni appresso, vide la nuova. Ma oltre a ciò, se nell'insieme
il ritratto ne rammenta la maniera, non si ritrovano però i suoi caratteri in molti particolari ;
non apparisce il suo modo nel piegar della manica, non si mostra nella forma delle mani, che
in lui son più durette, con le giunture più sentite, infine più quattrocentiste ; nè la finezza del
l'esecuzione ebbe a quel punto.

Il Botticelli, Filippino Lippi, non dettero mai ai loro ritratti tale nobiltà di disegno e di
espressione. Quegli egregi maestri così attraenti per tante loro qualità, paghi di riprodurre stret-
tamente il vero, che senza scelta si ponevano innanzi, non si levarono mai a quella squisitezza

1 Lermolieff, op. cit., p. 57.

2 Lermolieff, op. cit., p. 57.
 
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