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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. VI
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Ridolfi, Enrico: Di alcuni ritratti delle Gallerie Fiorentine
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0475
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443

di pantera sulla spalla sinistra; il quale ritratto veniva designato sino allora come opera di
Giorgione.

Nè dalla enfatica lettera indirizzata al signor Pietro Schedoni di Modena, con la quale il Puc-
cini esponeva « le prove luminose per non dubitare essere questa la identifica immagine che della
sua donna ritrasse il divin Raffaello », si comprende, come il Puccini stesso potesse non accor-
gersi che la grande scoperta di che vantavasi aveva bisogno di maggiori studi e ricerche per
essere davvero dimostrata.

Infatti le prove addotte dal Puccini si residuavano veramente a due, attesoché le altre da
lui dette prove non fossero tali, ma piuttosto apprezzamenti e raffronti in riguardo alla bellezza
e particolari del dipinto; e delle due l'una era negativa, e però da non valere molto di per
sè sola; la seconda poi veniva contradetta da altre memorie che il Puccini non poteva ignorare.

Sosteneva il Puccini, che la mezza figura di femmina da lui scoperta, da lui attribuita a Raf-
faello e da lui battezzata per l'immagine di quella donna, detta volgarmente la Fornarina, che
Raffaello amò fino alla morte e di cui fece un ritratto bellissimo che pareva viva, secondo che rife-
risce il Yasari, non poteva esser di Giorgione cui veniva attribuita; poiché, oltre al non aver
egli mai dato neppure un cenno di forme così sublimi e di un'esecuzione tanto preziosa, la data 1512,
segnata nel quadro, la toglieva assolutamente dal numero delle opere di lui, nessuno storico
avendogli prorogata la vita oltre il 1511.

Intendeva poi a dimostrare che quel quadro era la vera immagine della Fornarina, già
posseduta da Matteo Botti, con notizie che diceva di dovere al Galluzzi, il quale le trasse dal-
l'Archivio Mediceo, mentre era intento a malmenare la storia de* Medici. Assicuravasi dal Galluzzi
(secondo riferiva il Puccini) che il figlio di Matteo Botti, fatto guardaroba di Cosimo I de' Medici,
lasciò morendo al suo signore, con titolo di legato, la metà delle sue suppellettili; « ed ecco,
diceva il Puccini, il passo che tradusse la bella Fornarina dalla casa di Matteo Botti alla
R. Galleria di Cosimo »; giacché, « ghiotto com'egli era de' bei monumenti, a segno di racco-
glierne da tutti gli estranei paesi, nonché dal suo granducato, sarebbe affatto assurdo l'immaginare
che in detto legato non volesse comprendere tale insigne capo d'opera dell'arte ». 1

Ma cotali asserzioni trovavano contrasto nel libro di Francesco Bocchi, che, come già rife-
rimmo, nel 1591 scriveva, il ritratto di Raffaello formare tuttavia uno dei maggiori ornamenti
della casa Botti, ed ivi essere fatto segno alla generale ammirazione; mentre Cosimo I de' Medici
aveva già cessato di vivere fin dal 1574.

E da questa contraddizione avrebbe dovuto il Puccini esser condotto a riflettere, se la scoperta,
che riteneva di aver fatta, fosse poi così limpida e certa, da meravigliarsi, com'egli faceva, che
si potesse da alcuno dubitarne ; e da vantarsi che la piccola setta (contraria al suo avviso) fosse
stata disprezzata e schiacciata sul nascere. 2

Gl'inventari stessi della Galleria dovevano farlo accorto che quel ritratto bellissimo, se pure
fosse di Raffaello, non era però quello del Botti, di cui parla il Yasari. Poiché nell'inventario della
Tribuna del 1589 già si trova registrato, dicendosi di mano di Raffaello d'Urbino; quindi esser
doveva già da qualche tempo in possesso de' Medici. 3

1 Lettera di Tommaso Puccini pubblicata dal Lon-
ghena, Storia della vita e delle opere di Raffaello, p. 651
e segg.

2 Puccini, lettera cit.

3 II ritratto detto la Fornarina non è registrato negli
inventari generali della guardaroba Medicea del 1553,
1560, 1570, e nemmeno in quello dal 1571 al 1588.
(Archivio de' Pitti, Mss. di nn. 28, 45, 75, 79).

Si trova bensì notato nel primo inventario della Tri-
buna compilato il 1589, e vi è così descritto: « Un qua-
dro simile di una donna, in tavola, con un braccio

ingniudo schollata, con sua cornice simile, alto B. 1 1/3,
largo B. 1 x/g, di mano di Raffaello da Urbino ».

Nell'inventario però della R. Galleria del 1635 il
ritratto medesimo viene dichiarato di Giorgione: « ~N. 455.
Un quadro in tavola entrovi dipinto un ritratto di donna
scollacciata e sbracciata, di Giorgione da Castelfranco —
Alto B. 1 */2 largo B. 1 1/2 circa ».

Nel 1704 il ritratto era passato nella quinta camera
a mezzogiorno, detta la Camera di Madama, e nell' in-
ventario di tale anno si logge a p. 135: « Un quadro
in tavola alto Ba 1 soldi 3 e largo soldi 12, dipintovi
 
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