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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. VI
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Ridolfi, Enrico: Di alcuni ritratti delle Gallerie Fiorentine
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0476
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444

E come adunque avrebbe potuto esser quello stesso che il Vasari descrive in casa dei Botti,
e che ivi era tuttavia per attestazione di Francesco Bocchi nel 1591?

Ma il Puccini, se era uomo assai intelligente d'arti belle, e portò talora giuste considera-
zioni in questioni ad essi attinenti, come quando rivendicava il ritratto di Bindo Altoviti, che
per un errore del Bottari era stato ritenuto il ritratto proprio di Raffaello, 1 dovette però non
poche volte avere un modo di pensare e dei criteri d'arte assai singolari. Ed oltre a quanto
concerne il ritratto della Fornarina, ce lo persuadono altri fatti; ad esempio, il consiglio da lui
dato nel 1794 di fare acquisto di un piccolo quadro di scuola veneta, d'autore non certo, me-
diante il cambio di un quadretto creduto di Raffaello, esistente nel R. Palazzo de' Pitti. 2

« Si attribuisce nell'inventario — diceva il Puccini, parlando di quel quadro — alla prima
maniera di Raffaello, e infatti gli conviene a maraviglia. Ma come Raffaello nascente nell'arte
è alquanto simile ad alcuno de' suoi contemporanei, i quali poi appena da lungi lo seguirono

di mano di Giorgione sino a mezzo busto una femmina
vestita alla rustica; che con la mano destra tiene una
pelle che ha sulla spalla sinistra, con adornami0 di noce
scorniciato liscio, e filettato d'oro ».

Nel 1784 era stato trasportato nella Sala dell'Erma-
frodito con altri pregevolissimi dipinti, e vi si trova
così notato: « N. 566. Uno d.° in tavola dipintovi da
Giorgione di Castelfranco il ritratto d'una femmina fino
a mezzo busto, che tiene con la destra una pelliccia sulla
spalla sinistra — Alto B. 1.3 largo B. — 19 con ornam.to
simile ».

Di qui tornò di nuovo nella Tribuna, dopo breve
tempo che l'inventario era stato compilato durante la
direzione del Pelli ; e vi tornò ricevendo il nome di Forna-
rina, e venendo designato, qual fu in origine, come opera
di Raffaello, dal nuovo direttore cav. Tommaso Puccini.
Le correzioni di altro carattere si vedono fatte sull' in-
ventario stesso.

E con le denominazioni accennate trovasi minutamente
descritto sull'ultimo inventario del 1825, al n. 505.

La grande celebrità di questo dipinto data da questi
ultimi periodi, giacche non trovasi che fosse in addietro
uno dei quadri imprestati per trarne copia. Perchè è da
sapere che i quadri si toglievano, con permissione dei
Granduchi, dalla Galleria, e si mandavano spesso alla
casa o alla bottega dei vari artisti, non esclusi i dipinti
di principalissimo ordine, di Leonardo, di Andrea del
Sarto, di Tiziano e di Raffaello ; del quale ultimo il qua-
dro maggiormente copiato fu sempre la Madonna della
Seggiola, che era nella Tribuna in unione a molti altri
quadri di lui, vari dei quali sono ora ornamento della
Galleria Palatina, altri non sono più in Firenze.

Dal libro di ricordi, intitolato Giornaletto della Gal-
leria dal 1646 al 1688, veniamo a conoscere moltissimi
di questi prestiti, dei quali si teneva ricordo dal custode
della Galleria stessa, che segnava poi sotto la nota ri-
guardante ciascun quadro: riauto, quando il quadro im-
prestato tornava alla Galleria; ma non sempre vi ritor-
nava come ne era uscito.

Infatti sotto la nota del prestito fatto della Madonna

della Seggiola nel gennaio 1848, ricordato ne' seguenti
termini: « Ricordo questo dì 26 Gennaio si è prestato
ali sig. Giovanna miniatora (Giovanna Garzoni ascolana)
ili tondo di Rafello drento dipintovi la Madonna a sedere
con Nostro Sig.re in collo e San Giovanni da piedi, le-
vato della Tribuna con ordine del Ill.mo Marchese, e
mandato a casa » — si trova scritto: riauto, ma guasto.

E quel prestito era stato proprio disgraziato, perchè
anche il discendere il dipinto dalla parete della Tribuna,
ove stava assai in alto, era stato cagione di danno ;
essendo caduta dal palchetto che era sotto ai quadri e
che rigirava tutto intorno alle pareti per sostenere figli-
rette di bronzo, oggetti d'avorio e altre rarità, un bustino
di bronzo che si guastò, ed ebbe duopo di esser fatto
riparare a Filippo Torchi: « Cascò dal palchetto (dice
il Giornale) quando si calò la Madonna del tondo ».
(Archivio della Galleria, ms. n. 62, p. 12).

Nò i quadri imprestati stavano fuori per breve tempo,
ma talora per molti mesi, come avvenne per la Madonna
dell' Impannata del Sanzio, che rimase fuori undici mesi:
« A dì 4 Agosto 1659. Ricordo questo dì sud.0 si è con-
segnato a M. Piero Fenci? un quadro in asse sopravi
dipinto la Madonna con Nostro Signore in collo, Santa
Lisabetta, e dua altri putti (errore di descrizione) fatto
per mano di Raffaello di Urbino, cavato dalla Tribuna
con ordine del Ill.m0 March. Cerbone, Guardaroba Mag-
giore, e portato a bottega ». Di contro si legge: « 1660.
Il quadro di contro se riauto q.° dì 27 Luglio e ri-
messo a suo logo ». (Ms. cit., p. 43).

1 Lettera ad un amico. È pubblicata dal Longhena
a p. 643 e seg. Quando però la famiglia Altoviti ne fece
vendita nel 1808 a Giovanni Metzger, e il Puccini fu
interpellato in proposito dal generale Minou, allora go-
vernatore generale della Toscana, anch' egli riteneva
essere quel dipinto il ritratto di Raffaello eseguito da
lui medesimo. (Archivio della Galleria, filza XXX1\,
n. 48). Nel 1821 anche il Missirini sostenne essere il
ritratto dell'Altoviti.

2 Archivio della R. Galleria, filza n. XXVI, anno
1793-94, n. 43.
 
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