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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. VI
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Ridolfi, Enrico: Di alcuni ritratti delle Gallerie Fiorentine
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0485

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V

DI ALCUNI RITRATTI DELLE GALLERIE FIORENTINE 453

aggiunte, la famiglia del mercante Matteo Botti non sussisteva più, e le case e gli arredi ne
erano già da mezzo secolo passate in possesso de' Medici. Quindi l'avere il Cinelli ristampato
il paragrafo, nel quale si parla di quella casa e di ciò che essa conteneva, esattamente come
fu scritto dal Bocchi, senza apporvi alcuna annotazione o avvertenza (il che fece ritenere per
indubitato ai critici che il dipinto del Sanzio dovesse essere tuttavia in casa Botti nel 1677),
va apposto a trascuranza del Cinelli, il quale non sembra che si desse cura di notare tutte le
variazioni che erano avvenute nel corso degli ottantasei anni, da che era uscita in luce la prima
volta quella Guida. Ed è un fatto, che quando anche la famiglia Botti non si fosse estinta, dopo
ottantasei anni non sarebbero più stati padroni di quella casa i fratelli Matteo e Gio. Battista
Botti, giovani amendue di rare qualità, come si legge sul libro del Cinelli. Ma la trascuranza di
lui divenne invece in mano dei critici un argomento, per convincere sempre più di falso le as-
serzioni del Galluzzi; e ciò mostra come talora possano riuscir fallaci anche quelle induzioni, che
sembravano avere la maggiore solidità.

Il marchese Matteo, ultimo della famiglia, mancò il 22 febbraio del 1620 (1621); ed il
quadro di Raffaello, ed altri dei più distinti da lui posseduti, furono senza indugio trasportati
nella guardaroba granducale, come risulta dagli inventari dell'eredità redatti dall'amministrazione
del cav. A'incenzo Giugni. 1 II granduca erede, però, non potè goderne, essendo venuto a man-
care nella fresca età di 31 anni, nell'anno medesimo in cui moriva il marchese, cioè il 1621
succedendogli nel regno il figliuolo Ferdinando II di undici anni, sotto la tutela della madre e
dell'avola. Ed anzi al granduca Ferdinando II ed alle serenissime tutrici è indirizzata una lettera
del cav. Giugni guardaroba maggiore (che sta a capo del volume degli Inventari dell'eredità
Botti), contenente le proposte dell'uso da farsi delle cose componenti l'eredità, le quali sino a
quel giorno erano rimaste senza destinazione.

Yenne detto dal Passavant che il ritratto di che si ragiona, ossia la Velata, fosse portato
in Firenze dalla regia villa del Poggio Imperiale ;2 e sebbene non ci accadesse di verificare tale
particolarità, non abbiamo difficoltà nessuna ad ammetterla, giacché era continuo ne' secoli an-
dati e ne' primi di questo, il passaggio che si faceva fare agli oggetti d'arte, dalla guardaroba
alle varie ville, e da queste alla guardaroba e alla Galleria. Quindi, sebbene troviamo quel quadro
nell'inventario della guardaroba del palazzo Pitti del 1622, può benissimo essere stato trasferito
in appresso al palazzo del Poggio Imperiale, ed essere tornato poi in quello di Firenze il 1824. 3

Ma l'importante si è che il dipinto di Raffaello, il quale raffigurava la donna sua, non an-
dasse altrimenti smarrito, ma dalla casa Botti passasse immediatamente nel palazzo mediceo. Di
quivi recato nella villa principale e rimasta ignorata per più di due secoli la persona rappre-
sentata, dimenticando anche con l'andar del tempo la provenienza del dipinto e il suo autore,
non ebbe esso quella continuazione di celebrità che gli competeva; e solo a circa un terzo del
nostro secolo fu dubitato del vero esser suo, e posto il quesito se esso fosse o no l'opera di
Raffaello, cui i critici risposero in vario modo.

1 Si è già detto ciò che si trova scritto in margine
dell'inventario circa il quadro di Raffaello. Accanto ad
altro quadro di Andrea del Sarto si legge : Andò subito
a Palazzo, fero non si stima (ms. cit., c. 37). Neil' in-
ventario generale poi della guardaroba di Cosimo II,
cominciato il 3 settembre 1618 (ms. 373) sotto l'anno
1622 a c. 276 si trova così descritto il quadro di Raf-
faello di che si tratta : « Un quadro in tela dipintovi
dentro una giovane sino a cintola dicono di mano di
Raffaello da Urbino, con adornamento di noce scorni-
ciato alto B. 1 x/2, largo B. 1 1/i con sua cortina di er-
mesino rosso con frangia », descrizione e misure iden-
tiche a quelle dell' inventario dell'eredità.

2 Passavant, voi. II, p. 317 (trad. del Guasti), Fi-

Archivio storico dell' Arte - Anno IV, Fase. VI.

renze. Le Monnier, 1889.

3 Altri dipinti distintissimi furono in vari tempi por-
tati ad adornare la reale villa del Poggio Imperiale, e
fra questi anche la Venere di Tiziano nel 1654, che la
fatto condur la Ser.ma Gran Duchessa (Archivio de' Pitti,
Inventario della Villa Imperiale, ms. 657, c. 5*). Ti era
in tale anno la grande Deposizione della Croce del Pe-
rugino, vi era una tavola di Raffaello, altre di Tiziano,
d'Andrea, del Palma, del Ghirlandaio, di Rubens, ecc.
(Invent. cit.). Così nell'inventario della villa medesima
del 1818 si trova che una grande quantità di quadri di
pregio vi erano stati mandati di recente dal Palazzo
Pitti. E nel 1823 ne troviamo dalla villa rimessi alla
guardaroba (ms. 23).

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