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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. VI
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Ridolfi, Enrico: Di alcuni ritratti delle Gallerie Fiorentine
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0486

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454 E. RIDOLFI

Ed ora finalmente viene restituita l'opera con certezza al suo autore, additando senza più
dubbiezze nella Velata il vero ritratto che gli storici asserirono dipinto dal Sanzio, di quella af-
fettuosa donna de' cui candidi bracci gli fu sì dolce il giogo e la catena. 1

Esaurito così di esaminare quanto riguarda la parte storica del dipinto, occupiamoci breve-
mente della parte artistica.

A noi che, pur professando la maggiore stima per gli illustri critici, i quali espressero dubbi
sulla originalità del dipinto, non sapevamo indurci ad accoglierli anche prima che ci venisse
fatto di rintracciare i documenti riferiti (e fu appunto il pieno convincimento dell'originalità sua
che ci stimolò alle ricerche), parrebbe impossibile che potesse continuarsi da essi a riguardare
con sospetto di copia il bellissimo ritratto, ora che ne è fatta chiara la provenienza, e sappiamo
che dalla casa dei Botti passò direttamente nei palazzi medicei e da questi nella Galleria.

Converrebbe ammettere che il Vasari, il Borghini, il Bocchi, e tutti quelli che allora inten-
devano d'arte dichiarassero e ammirassero come un bellissimo originale del Sanzio quello che
non era che una copia; e che Matteo Botti fosse stato dagli eredi di Raffaello ingannato quando
ne fece acquisto ; poiché, oltre ad essere inverosimile che sia stata sostituita una copia all'ori-
ginale dopo venuto nel possesso dei Medici, nessuno per fermo potrà riconoscere in quel dipinto
un lavoro posteriore al 1622, giacché la maniera di dipingere nella metà del seicento (e più in
appresso) ha troppo diverso carattere da quello.

La stessa tela finissima su cui il ritratto è dipinto attesta della sua origine cinquecentista.

E oltre a tutto ciò, l'originalità del ritratto, per chi lo consideri senza preoccupazioni, ci
sembra mostrarsi nelle sue parti principali con tale evidenza da escludere affatto non solo la copia
di artista della scuola bolognese, ma di qualunque altra scuola.

Il viso, il collo ed il petto, hanno pur troppo qualche ritocco e qualche svelatura che pro-
dussero qua e là delle macchie; ma son ben lungi dall'essere interamente ripassati, come fu
detto da vari critici, e specialmente il volto non ebbe che pochi e piccoli guasti. Il rimanere
ancora intatto il leggerissimo gruppo di sfilati capelli che ondeggiano sulla tempia sinistra (stac-
candosi dal folto di essi che passa sopra l'orecchio e va ad avvolgersi dietro al capo) è certa
prova che non fosse nemmeno molto sfregato nel pulimento. E quali esse sono quelle parti della
bella e giovine popolana dalle forme opulenti, ma aggraziate, mostrano ancora tal morbidezza
d'impasto, tanta luce e tanto- grande rilievo ottenuto con sapiente maneggio di mezze tinte e
senza impiego di alcun oscuro, da render quest'opera non inferiore alle altre condotte da Raf-
faello di questo tempo, che dovè essere non lontano da quello in cui colorò la tela della Madonna
di San Sisto. Nel volto della quale è impossibile il non riconoscere una somiglianza così notevole
d'aria e di forme con la donna del ritratto, da non dire che Raffaello trasse dalle forme di tal
donna un potente aiuto ad estrinsecare quella sua sublime creazione.

Gli occhi castagno-oscuri del ritratto e la bocca piccoletta e voluttuosa, tinta di un roseo
acceso, hanno tale potenza di vita da dar ben ragione della espressione del Yasari, quando am-
mirato diceva che pareva viva viva. E grazioso ne è il naso non grande e rotondeggiante con
piccolette e carnose narici, rotondo il piccolo mento.

Il color delle carni, di tono caldo e vigoroso, ha nella parte inferiore della gota in luce
delle tinte freddine che le dànno quel vellutato cinereo così gradevole nella donna, e che ne
mostra la fres chezza giovanile e la floridezza.

La camicia di minutissime crespe che disegnano col loro girare il colmo del seno, è dipinta
con eleganza e bravura, e manifesta l'originalità dell'opera con un pentimento visibilissimo. E
evidente che nella parte destra del petto era il dipinto preparato in altra guisa, tantoché il co-
lore della camicia non potò risultare per un certo tratto della trasparenza stessa del rimanente,
ed anche nel tono si mostra alquanto più freddo.

Non sembravano al Passavant finite le mani, ed aveva ragione per l'una, la sinistra, rima-
nendo in un angolo del quadro poco più che accennata, o, come è anche probabile, guasta e ta_

1 Vedi in Passavant (trad. di G. Guasti, voi. I, p. 366) il sonetto 3° di Raffaello. Firenze, Le Mounier, 1882
 
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