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Archivio storico dell'arte — 5.1892

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Fasc. II
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Supino, Igino Benvenuto: Il pergamo di Giovanni Pisano nel duomo di Pisa
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https://doi.org/10.11588/diglit.18091#0125
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92

IGINIO BENVENUTO SUPINO

misurano in tutto metri 2.40. (Quelle del pulpito di Nicola nel Battistero sono alte invece 2.25,
e si capisce la differenza di proporzione per esser quello a 6 specchi, questo a 8). I due gruppi
delle 4 statue 1 metro, e le due statue che vanno sopra, il Cristo e Pisa, compreso il capitello
che si stacca dal carciofo, 1.40. Il gruppo del centro è alto, compresovi la base rappresentante
le 7 arti liberali, 2 e 90 circa, e la differenza ci dà la misura e la proporzione dell'arco. La
ricomposizione di questi pezzi non mi par dunque tanto difficile, e se, come può darsi, al caso
pratico ci s'accorgesse di qualche piccola differenza di altezza, allora sarebbe il caso di fare,
come in quello di Pistoia, un altro piccolo piano o ai leoni o alle statue. Mancherebbero dunque
soltanto i sostegni delle due statuette, l'Ercole e il San Michele ; e qui mi piace dir subito elio
quelli ideati dal prof. Fontana, formati da tre basi dello stesso disegno che vanno a restringersi
sino a raggiungere la larghezza del piano delle statue, oltre risponder ben poco al carattere di
quella scultura, non sono punto in relazione con tutto il resto e troppo appariscono messi, lì
proprio perchè le due statue una base dovevan bene averla!

In quanto alla scala poi, fu senz'altro applicata alla ricomposizione quella a mensoloni
intagliati, simmetricamente girante attorno alla colonna cui s'appoggia il pulpito attuale : scala
elegantissima e indovinata quanto si voglia, ma che non ha a che far nulla col pergamo di Gio-
vanni. Quando poi si seppe che la scala doveva avere tutt'altra forma, ne fu deciso, è vero, il cam-
biamento, ma dando solo nuova disposizione agli stessi scalini, senza considerare che il male
non sta nel girare in un modo o nell'altro quei mensoloni, i quali per essere di epoca differente
non possono assolutamente adattarsi a quel pulpito se si vuol proprio ricomporlo come era prima.

Sopra i due ultimi scalini, nel centro della voluta della foglia, in alto, è intagliato uno
scudo a fondo azzurro con tre fascie gialle e tre stelle dorate, a otto punte, nel capo. Nel libro
dei Patrizi Pisani, che si conserva nell'archivio del Comune di Pisa, quest'arme vi figura come
appartenente alla famiglia Ceuli. Ora, siccome si sa che gli Operai dell'Opera del Duomo, nei
lavori che ordinavano solevano far incidere l'arme loro, e a Pisa se n'ha molti altri esempi,
così è fuor di dubbio che anche la scala fu fatta faro dall'Operaio Curzio Ceuli, quello stesso
che ordinò al Fancelli il pulpito nuovo nel 1626.1

Non sarebbe quindi possibile, a meno di non voler far per forza una stonatura, applicare al
pulpito di Giovanni questa scala: e allora è lecito domandarsi, dopo tutto quanto si è osservato,
se si può approvare e plaudire a una ricomposizione che disgraziatamente si riduce a un'accozzaglia
di così variati stili e di tante diverse maniere !

Nei conti già citati di disfacimento, dopo una partita di L. 12 per aver disfatta la scala dove
si saliva al pulpito, si legge subito :

« et per aver portato fuori del duomo la lionessa e messa sul muricciolo sotto un deposito
verso il camposanto, L. 2 ».

Che n'ò di questa lionessa, che non figura punto nella ricomposizione? A che si allude? Non
già a uno dei leoni che facean da sostegno al pergamo, perchè non avrebbe potuto togliersi senza
danneggiare tutto il resto del monumento; eppoi in quel conto si parla dopo soltanto del pulpito:

« e per aver levati tutti i marmi del pulpito del Vangelo e portati tutti in testa alla cap-
pella della Nunziata, L, 74 ».

Dunque par certo che questa lionessa dovesse essere ai pie della scala come è quella che
si vede nel pulpito di Nicola ; è certo che la scala aveva tutt'altra forma di quella che il prof. Fon-
tana ha accolto per il suo progetto, e che era (la pianta del Duomo che abbiam pubblicata ci affida
che siamo nel vero) simile a quella che è al pulpito del San Giovanni a Pisa.

Perchè dunque la progettata ricostituzione possa dirsi riescita, è necessario radicalmente
modificarla, o, per esser più pratici, basterebbe semplicemente togliere tutto quello che vi si è
voluto aggiungere di nuovo e aggiunger quello che si è trascurato di metterci di antico, e allora
solo potremo dire d'esser riesciti nell'intento: e a prova del mio asserto, ecco l'esempio pre-
parato con una fotografia a cui è stato tolto tutto quello che, quanto opportunamente giudichi

1 II Ceuli fu Operaio dal 1617 al 1035.
 
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