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Archivio storico dell'arte — 5.1892

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Fasc. III
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Marazza, Ambrogio: I Cenacoli di Gaudenzio Ferrari
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https://doi.org/10.11588/diglit.18091#0210

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174

AMBROGIO MARAZZA

appare ancora più spedito che nelle altre, mentre il cartone di Torino pecca sovratutto di stuc-
chevole ricercatezza.

E mi sia lecito dubitare che la riproduzione, alla quale il cartone dell'Albertina dovrebbe
aver servito, possa essere quella che il Cotta dice dipinta dallo Zanetti nell'antica Parrocchiale di
Borgomanero.1 Dico ciò perchè nel cartone dell' Albertina si scorgono i contorni segnati forte-
mente e con rossezza, come appunto soleva fare il Bugnate. Questa Cena che più non vi si vede,
pare sia stata coperta nella seconda metà del seicento, quando venne rifatta quella Chiesa. Ciò
almeno fanno presumere le traccie di dipinti rinvenute pochi anni or sono nello scavare una
nicchia nel luogo ove era la Cappella dello Spirito Santo, a destra di chi guarda l'aitar maggiore,
nella quale Cappella appunto il Bugriate aveva dipinto.

Un altro già preteso studio di Gaudenzio Ferrari per la pala della Passione si trova presso
il giovine Pittore Cressini di Milano. E un bello studio a penna, seppia e biacca, su di un foglio
altro centim. 31 e largo 24. Così mi scrive il Dott. Gustavo Frizzoni: « Fu già rifondo tale
studio per opera autentica del Ferrari, e come tale, donato all'attuale possessore; ma il disegno h
d'epoca posteriore ed accenna già al secolo xvir, ossia al tempo e alla maniera dei Crespi, dei Pro-
caccini, del Morazzone. E trattato con molta spigliatezza e, come vedesi, da artista esercitato nella
sua professione. L'autore non è un imitatore ne un copista pedissequo, ma imo che ci mette la sua
interpretazione individuale; non uno che si perde in minuzie, sibbene che tende a ritrarre essenzial-
mente l'intimo significato del soggetto fornitogli da un insigne precursore. Perciò egli ha studiato
con particolare amore le figure e massime le teste degli apostoli, e fugacemente, ma non meno effi-
cacemente, accennate le figure del fondo. L'essere il foglio leggermente quadrettato a matita, dà
luogo a credere che fosse destinato a servire di studio per la riproduzione del soggetto in altro
quadro » (fig. 21").

Ed a me pare che quest'acro quadro sia la Cena degli Apostoli di Daniele Crespi nella
Pinacoteca di Brera. Tutto lo fa credere. Prima di tutto il confronto delle due opere. Si osservi
l'identica espressione di buon numero di apostoli, e massime del Cristo e del Giovanni, la posa
di quello consecutivo a questo, il servo a sinistra di chi guarda il quadro con quello a destra
del disegno, perfino un tentativo di riprodurre nel fondo la cupola della Passione. Non parlo
poi del modo di condurre le linee, affatto identico nello studio e nella tela, della maniera sola,
franca e spedita, che subito colpisce l'occhio di chi guarda, certa ricercatezza speciale nel fog-
giare le pieghe, e perfino somma analogia di espressione nel servo a destra del disegno col
bellissimo angioletto dalla stessa parte nel quadro. Le forme identiche poi escludono ogni dubbio
circa l'autore dello studio ; la mano colle dita sottili ed allungate, la curva elegante nella parte
inferiore della gamba dell'apostolo all'innanzi, l'orecchio angoloso, gli occhi grandi ed infossati,
il cerchio folto di capelli sulla testa calva, e così via (fig. 22").

Ed è tanto più naturale che autore del disegno sia stato Daniele Crespi, in quanto che è
noto come tale autore ebbe a dipingere più opere, ancora oggigiorno conservate nella Chiesa
della Passione, dove ammirando egli di frequente l'insigne Cenacolo di Gaudenzio, avrà forse
ideato lo schizzo scoperto dal Frizzoni.

Il Cenacolo del Crespi in Brera, alto metri 3.22 per 2.10, esisteva già nel Monastero delle
Benedettine di Brugora, presso Agliate.

Prima di finire dirò, per amore del vero, come il Morelli opinasse che difficilmente il di-
segno potesse essere del Crespi, ma piuttosto di qualche altro contemporaneo.

Così il Prof. A. Venturi crederebbe essere il disegno della fine del secolo xvi, sembran-
dogli di scorgere nel medesimo una correttezza di linee che non trova riscontro colla larghezza
di quelle del quadro.

A me pare, però, che ciò possa dipendere dall'essere il Crespi nello studio copiatore, ed
esecutore nella tela; nel primo studioso diligente, nel secondo pittore che opera secondo il
proprio impulso. E questo mi pare di poterlo dire sicuramente, in quanto che Daniele Crespi,

1 Lazzaro Agostino Cotta, Museo Novarese; Milano, Eredi Ghisolfì, 1701; stanza IV, p. 226.
 
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