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Archivio storico dell'arte — 5.1892

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Fasc. IV
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Frizzoni, Gustavo: La raccolta del senatore Giovanni Morelli in Bergamo
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https://doi.org/10.11588/diglit.18091#0265
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■>■> I

Fra le opere più intatte che sono giunte fino a noi va noverata la piccola tela di Bartolomeo
Montagna, dove un San Gerolamo, disegnato con una scrupolosità esemplare, se ne sta seduto
in riposo col suo leone al fianco, in luogo aperto, all'ombra di un albero, mentre in distanza
danno svago all' occhio i piccoli accidenti svolgentisi nel fondo, attorno all'abitazione monastica
dei compagni del santo. I colori della tela sono sensibilmente cresciuti unicamente per influenza
del tempo, ma, come accennai, hanno avuto la rara sorte di giungere fino a noi scevri da qualsiasi
ritocco (fig. 5").

Risalendo a tempi più remoti, cioè alla prima metà del quattrocento, noi troviamo nella
raccolta Morelli un piccolo capo da potersi chiamare davvero più unico che raro. E il ritrattino
in profilo di Leonello d'Este di Ferrara, dipinto dal celebre Vittor Pisano, detto il Pisanello,
veronese. Esso corrisponde affatto all' effigie che lo stesso eseguì in una delle sue medaglie,
tanto ambite oggidì dai raccoglitori, ma certamente meno rare di quello che siano i suoi dipinti,
da che la rea sorte ce ne ha invidiato la maggior parte. TI Pisanello va considerato assoluta-
mente come un grande innovatore, a' suoi tempi, nell' arte d'indagare il vero, d'interpretare
le fisionomie: lo sa fare con una finezza, con una penetrazione inarrivabili. Il profilo tipico del
marchese di Ferrara di che si ragiona e gli altri dipinti e medaglie dell'autore ne fanno valida
testimonianza.

Fra gli esemplari più notevoli della scuola lombarda, collocati nella prima sala, vuoisi ram-
mentare una simpatica e benigna figura di una Santa Marta del Borgognone ; tipo non dissimile
da quella che lo stesso pittore introdusse fra molte altre figure di sante nel suo grande affresco
nella chiesa di San Simpliciano a Milano, il quale per iniziativa della locale Commissione arti-
stica venne ora opportunamente ripulito, levandovi lo strato di nitro ond'era in buona parte
ricoperto.

Milanese puro sangue, ma della discendenza dal toscano Leonardo, artisticamente parlando,
è pure il gentiluomo Giov. Antonio Beltraftìo, che ci porge la piccola mezza figura di un Cristo
giovinetto benedicente, un così detto Salvator Mundi col globo nella sinistra. E un tema gradito
di quella scuola, poiché ve lo vediamo più volte ripetuto, fra altro in una tavoletta di analoghe
dimensioni nella galleria Borghese in Roma, dove veniva attribuito a Leonardo stesso, fin cbe
venne colla sua critica il senatore Morelli a rivendicarlo con generale consenso a Marco d'Og-
giono, altro fra i condiscepoli del nostro Beltraffio. Confrontati fra loro i due pregevoli dipinti,
si potrebbe dire che se quello di Marco si distingue per la freschezza e lo smalto straordinario
del colorito, quello del Beltraffio invece emerge per la finezza spirituale, per la purezza aurea
del concetto, mentre in entrambi si constata quanta parte nella loro creazione è dovuta all'ispi-
razione del sommo maestro.

Di quell'Ambrogio de Predis, infine, ritrattista e miniatore al servizio della famiglia dominante
degli Sforza, che venne richiamato in vita, staremmo per dire, dal Morelli, egli ci ha pure tramandato
un delizioso ritratto, se non sono due anzi, com'egli stesso reputava. Quello di cui non si saprebbe
dubitare è l'effigie di un giovinetto, forse un paggio, dallo sguardo intenso, con un berretto in
capo, sulle ventiquattro, donde scende sulle spalle una capigliatura bionda rossiccia trattata
propriamente coll'acutezza e finitezza di un miniatore. E un pittore limitato, a vero dire, che
non esce dalla sfera dei semplici ritratti in busto, quando si mette a dipingere ad olio, ma che
coll'eccellente tecnica e colla forza, se non colla perfezione del modellato, riesce ad attirare
grandemente l'attenzione dell'amatore e anche ad ingannarlo in modo da venire scambiato tal-
volta coli'insigne artista di cui egli in ultima analisi non è che una emanazione.

I capi scelti che siamo venuti enumerando fin qui sono messi in mezzo da molte altre tavole
e tele per lo più di piccole dimensioni, provenienti, oltre che dalle regioni già indicate, da Siena,
da Ferrara, dall'Umbria, e non prive di merito pur esse sia pel rispetto storico sia per l'artistico.
 
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