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Archivio storico dell'arte — 6.1893

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Fasc. I
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Rossi, Umberto: Il Museo Nazionale di Firenze nel triennio 1889-1891
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https://doi.org/10.11588/diglit.18092#0052

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18

UMBERTO ROSSI

classificati fra gli incògniti due piccoli busti di Cosimo I e di Eleonora di Toledo, di cui
dirò più oltre.

Un altro lavoro di Donatello ricordato dal Vasari è il grande bassorilievo con la Cro-
cifissione; 1 spetta all'ultimo periodo della vita dell'artista e dopo la fusione fu rinettato
troppo radicalmente: per questo da molti è stato posto fra le opere incerte e a torto, perchè,
malgrado la spiacevole impressione che fanno i tocchi d'oro sparsi qua e là profusamente,
nella maggior parte delle figure si riconosce la mano del maestro.

Anche una graziosa statuetta (Vamorino (fig. 12) è opera sua; e la mossa e la con-
chiglia che gli serve di base e la corrispondenza delle dimensioni mi fanno credere che sia
stato eseguito per il fonte battesimale di Siena, in cui sono altri putti simili di Donatello.
Forse non fu messo in opera, perchè la fusione delle mani non è ben riuscita; ma
non resta per questo dall'essere una gradevolissima figuretta e una delle buone cose del
nostro Museo.

Dell'allievo e compagno di Donatello, Desiderio da Settignano, è forse una piccola testa
di fanciullo dai capelli ricciuti egregiamente modellata (fig. 13) che meriterebbe un esame
più accurato di quello che io possa fare in questa rapida rassegna. 2

Fra gli altri bronzi del quattrocento esposti nella prima sala vi sono quattro esemplari
diversi di un fauno suonatore di tibia (fig. 14) che oggi per comune consenso si crede
di mano di Antonio del Pollaiolo: è una statuetta che deve essere stata notissima e ricer-
cata a quei tempi, poiché se ne conoscono varie riproduzioni, fra cui una nella Galleria
Estense e un'altra al Louvre. Ora si sa che essa rappresenta Mursia e che è copia di un
originale antico, riprodotto in un bassorilievo scoperto a Mantinea: 3 ma quello che era
sinora ignoto è il nome che essa aveva allora e che è giustificato sino ad un certo punto
dall'atteggiamento in cui è posta. Il Mursia non è altro che VIgnudo della paura, di
cui un esemplare esisteva nelle collezioni di Lorenzo il Magnifico.4

Nell'inventario di Galleria del 1589 fatto per ordine del granduca Ferdinando, da poco
salito al trono, sono descritte: « Una figurina di bronzo moderna detta una paura, alta
soldi 11, posa sur una basa ornata di legname colorito di mistio »; e più oltre: « Una
figura di bronzo antica intera ingniuda (Vana paura, posa sur una basa di bronzo alta
braccia5/^»- L'inventario susseguente del 1634 descrive le due statuette così: «Una sta-

1 Vasari, II, 417. « Nella medesima guardaroba è
in un quadro di bronzo di bassorilievo la Passione di
Nostro Signore con gran numero di figure ».

2 Accade di frequente che i critici stranieri pon-
gano in dubbio le cose nostre, esaltando invece, com'è
naturale, quelle che si trovano all'estero; e gli esempi
che se ne potrebbero riferire sono innumerevoli. Ma
restringendomi a giudizi su oggetti del nostro museo
o di Firenze, dirò che il grande bassorilievo in marmo
di A. Rossellino, VAdorazione dei pastori, che è da mol-
tissimo tempo nelle collezioni fiorentine, è stimato dai
critici tedeschi molto inferiore alla terracotta identica
che è a Berlino. Così le terrecotte di Benedetto da
Maiano pel pulpito di Santa Croce, valgono secondo
essi assai più che non il pulpito stesso; e così si dice
di molte delle nostre sculture che per i critici esteri
sono lavori di bottega. Noi, però, non esponiamo col
nome dell' autore, come se fossero originali, certe ter-
recotte e certi stucchi che novanta volte su cento sono
calchi ; antichi sì e solo degni di nota quando ci con-
servano il ricordo di un' opera perduta, ma pur sempre
calchi, cioè riproduzioni meccaniche.

3 Venne in Galleria dall'Accademia di Belle Arti
nel 1823 quando il presidente di essa credette bene di
vendere una discreta quantità di oggetti d' arte che se-
condo lui erano d'ingombro : e domandandone 1' auto-
rizzazione al Granduca, gli scriveva in questi termini :
« Sono idoletti di bronzo di sospetta antichità, sculture
in avorio di poco o nessun merito, busti in marmo
di volgare artificio, varie medaglie comunissime, in-
somma diversi e molteplici oggetti che non formano
serie e che hanno, a creder mio, poca importanza nel-
1' antiquaria e meno ancora nell' arte ». Il Granduca
credette bene di incaricare l'abate Zannoni, antiquario
della Galleria, di vedere se vi fossero cose meritevoli
di essere conservate, e infatti furono scelti, oltre a di-
versi frammenti di arte classica, questa testa, un bu-
sticino forse lavoro di Vittorio Ghiberti, un busto in ma-
niera donatellesca, un altro piccolo busto di donna del
Riccio, alcune statuette pregevoli, parecchie medaglie
del Pisanello e un calice d'argento di Goro di Ser
Neroccio, orafo di Siena. Il resto fu venduto per po-
chi scudi.

* Chronique des arts, 1889, pag. 5.
 
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