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Archivio storico dell'arte — 6.1893

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Fasc. I
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Recensioni
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https://doi.org/10.11588/diglit.18092#0107

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RECENSIONI

69

perchio che è della fine del secolo xvi. La forma
è quasi quella di una semplice cassa a base ret-
tangolare-, ma apparentemente, per i molti or-
namenti ond'è sovraccarica, si mostra in forma di
piramide tronca, a pareti rastremate, leggermente
inclinate.. La decorazione è veramente splendida,
in argento vermicólato (filigrana), in istile gotico,
fiammeggiante, con figurine in rilievo sopra fondo
a lamine di metallo dorato, d' un bellissimo effetto.
Venti pilastrini, che finiscono in esili ed eleganti
pinnacoli, segnano le divisioni architettoniche, in
ciascuna delle quali, sotto grazioso baldacchino
forato a giorno, trovasi una statuetta d'argento mas-
siccio. Per ogni scompartimento, come per ogni
pilastrino, i disegni variano, di tal che i motivi
principali si veggono mutare per ben 80 volte ed
i particolari più che 160. Nelle statuette poi sono
raffigurati gli apostoli, gli evangelisti, San Seba-
stiano, alcuni altri Santi, vescovi di Catania, la
coronazione e il patrocinio di Sant'Agata, il Cristo.
La decorazione, in complesso, incoronata di gra-
ziosa cornice, sembra tutta un leggiero lavoro di
trina o di merletto.

Il coperchio invece, come appare dallo stile
classico, è posteriore di forse due secoli ; adorno
di bassorilievi, rappresentanti varie altre sante
vergini o martiri, e di venti graziosi angioletti, a
tutto rilievo, in abito di pellegrini, genuflessi. Nelle
l'accie triangolari sta incisa una data: il 157'.).

Anche dei probabili autori dello scrigno e del
coperchio si vedrà più oltre.

Altra pregevole opera è la bara o ferculo, su
cui si trasporta il reliquiario, 1 costruito nel se-
colo xvi, ma arricchito d'ornamenti nei due secoli
successivi. Ila la forma di tempietto, sostenuto da
sei colonnette corintie, su cui poggia ricca tra-
beazione, sormontata da fastigio o cupolino di
forma capricciosa, direi orientale, che il classicismo
non isdegnò di adottare. Negli sfondi delle spec-
chiature (22 in tutto), incorniciate al dado del
piedistallo di ciascuna colonna, sono rappresentate
in bei quadretti, lavorati a cesello, scene del mar-
tirio e del trasporto delle reliquie di Sant'Agata
da Costantinopoli a Catania. Sul fronte è incisa
la già menzionata epigrafe angelica; sulla faccia
posteriore la nota minaccia a Federigo II Svevo .
« Noli : offendere : patriam : Agathae : quia : ultrix :
iniuriarum : est ». Al cupolino, che ha la superficie

1 In solenne processione, per le annue festività del
febbraio e-dell'agosto.

rivestita di lamine d'argento, cesellate in foggia
di palmette a foglia di acanto e mascheroni alter-
, nati, sovrasta un globetto dorato che reca in alto
la croce. Il soffitto, diviso da un architrave in due
lacunari a superficie concava, porta l'effigie del-
l'Eterno Padre e quella dello Spirito Santo, ed è
tutto adorno di arabeschi, figurine, angioletti ; final-
mente leggiadri festoni e venti lampade compiono
la ricca decorazione del ferculo.
Dopo le opere, gli artefici.

La quistione principale, trattata con molto
acume dallo Sciuto-Patti, ma senza giungere a
conclusioni abbastanza esplicite, è quella che ri-
guarda Giovanni di Bartolo, da Siena, famoso orafo
della Corte avignonese, presunto autore della statua
di Sant'Agata. Ai piedi della quale, intorno alla
base, leggasi la seguente inscrizione, riportata dal-
l'autore :

Yirginis istud opus, Agathae sub nomine eoeptum,
Martialis fuerat quo tempore praesul in Urbe
Cataniae, cui pastor successit Ilelias :
Ambos Lemovicum dare produxerat ardor:
Artificis manus hoc 1 fabricavit 2 marte 3 Joannes
Bartolus, et genitor, Celebris cui patria Ceve, 4
Mille ter et centum post partum Yirginis almae
Et decies septem sextoque fluentibus annis.

La data è dunque ben certa: 1376; i nomi dei
due vescovi di Catania, Marziale ed Elia, entrambi
limosini, il primo dei quali mori ad Avignone pro-
prio in quell'anno, onde l'opera fu fatta continuare
dal suo successore, riconf. rmano la tradizione, ac-
colta dagli storici regionali ( V., p. es.. De Grossi,
Catana sacra, Catania, 1654, p. 168), che l'opera
fosse in Francia eseguita. Da chi?

Se veramente in luogo di Ceve si potesse leg-
gere, secondo 1" ipotosi del Muntz, Sena (ne già
Senam, come riporta lo Sciuto-Patti), la inscrizione
toglierebbe l'adito ad ogni dubbio. E qui giova
avvertire che il Muntz, il quale ha cosi dottamente
illustrato le opere di Giovanni di Bartolo da Siena
(V. lo scritto Les Aris à fa cour des Papes du xiv
sihle, nella già citata lievue de l'Art chretien,
34" année), non rimase scosso alla notizia (comuni-
catagli dallo Sciuto-Patti, nei Ricordi storico-artistici,
Catania, 1879, che gli erano prima sfuggiti), che

1 Yar. : haec, liane. Avrei anche pensato ad un :
manus hoc, leggendo poi: arte, più oltre (?).

2 Forse per errore nella stampa dello Sciuto-Patti
leggesi: fabricabit.

3 Var. : arte. Nel qual caso convien leggere hac,
precedentemente.

4 Yarianti proposte: Ceve; Sena.
 
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