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Archivio storico dell'arte — 6.1893

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Fasc. II
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Fabriczy, Cornelius von: Il libro di schizzi d'un pittore olandese nel Museo di Stuttgart
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https://doi.org/10.11588/diglit.18092#0149

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IL LIBRO DI SCHIZZI D'UN PITTORE OLANDESE NEL MUSEO DI STUTTGART 111

naie, il quale, però, è posteriore di più d'un secolo). Yedi su i disegni del Franco anche
la breve notizia del C. Robert nei Die antiken Sarcophagreliefs, Berlin, 1890, t. Il, p. XI.

b) e c) Seguono le due più importanti raccolte di questo genere che ci siano state
conservate, cioè il codice della Biblioteca Coburgense e il così detto codice Pighiano in
quella di Berlino, ambedue riuniti negli anni 1550-1555. Il primo è quello di maggiore
importanza artistica, e più ricco di materiale ; nel maggior numero de' suoi disegni egli è
il modello immediato pel secondo, il quale però ha attinto una cospicua parte del suo
materiale anche da altre fonti, o pure l'ha raccolto egli stesso. Tutti e due, eccettuatone
pochissimi disegni del secondo, rappresentanti pitture murali ed architetture, sono consacrati
esclusivamente all'illustrazione di opere della scultura antica, per lo più, oltre poche statue,
di rilievi, in ispecie quelli dei sarcofagi. Sul codice Coburgense hanno scritto I. Matz, nei
Monatsberichte der K. preuss. Aca<lemie d. Wissenschaften zu Berlin, anno 1871, p. 445-499;
C. Robert, nella Westdeutsche Zeitschrift far Geschichte unii Kunst, anno IY (1885), p. 273
e 403; come anche 0. Kern, nel Ballettino dell'Istituto germanico, sez. romana, 1890, p. 150
e seg. Sul codice Pighiano vedi 0. Jahn, nei Berichte der K. sàchsischen Gesellschaft der
Wissenschaften zu Leipzig, anno 1868, p. 161-235.

d) Sotto simili punti di vista ebbe origine il celebre codice di Fulvio Orsini (1529-1600)
nella Yaticana (cod. Frs. 3439). Il suo contenuto si può caratterizzare come una raccolta
di materiale per un compendio, corredato di tavole illustrative, delle antichità romane nel
senso più esteso della parola. Come autore della più gran parte dei disegni contenutivi si
riconosce Pirro Ligorio (c. 1570-1583), il noto « magnus fallaciarum opifex et parens ». 1
I suoi rilievi, specialmente in quanto si riferiscono a monumenti romani ed alla loro resti-
tuzione, nel caso presente però meritano più fiducia e più riguardo del solito, poiché ebbero
origine sotto l'immediata sorveglianza di due antiquari così coscienziosi e rinomati, come
furono il Fulvio Orsini ed Onofrio Panvinio (l'ultimo confrontò i disegni sul luogo coi
monumenti e li rettificò, spiegò, completò con aggiunte manoscritte). Queste parti del codice
formano, in conseguenza, una delle fonti più ricche e non ancora messe a profitto come lo
meriterebbero per lo studio della topografia dell'antica Roma (cfr. sul codice in questione
ET. Jordan, nei Monatsberichte der Berline)- Academie, anno 1867, p. 531, seg.; Trendelen-
burg, negli Annali dell'Istituto germanico anno 1872, p. 66-95, ed I. Matz, nelle Nachrichten
der K. Gesellschaft d. Wissenschaften in Góttingen, anno 1872, p. 54 seg., come anche di
recente R. Lanciani nel Ballettino archeologico coni ima le dì Roma, anno 1882, p. 29 seg.,
dove si trova pure indicata tutta la bibliografia sul soggetto in questione).

e) Al terzo quarto del Cinquecento appartiene anche la grande opera manoscritta di
Pirro Ligorio nelle biblioteche di Napoli e Torino: nella prima dieci e nella seconda trenta
volumi di riproduzioni e restituzioni delle antichità romane, raccolte coli'intenzione di dare,
fondandosi a esse, l'esposizione dell'intiero materiale dell'archeologia, come la intendeva
l'autore. (La Yaticana possiede in 17 volumi, cod. Ottobon. 3364-3381, una copia quasi
compiuta del manoscritto di Torino, eseguita per Cristina regina di Svezia). F ben noto
quanto poca fiducia merita il Ligorio e quanto e difficile di ritrovare quello che c'è di
reale e vero nelle sue invenzioni e falsificazioni. Per lo più è da fidarsi ai due suoi vo-
lumi custoditi nella Barberiniana (XLIX, 21) e nella Bodleyana a Oxford. Essi contengono
i rilievi originali, le notizie, ecc., dell'autore per una parte del materiale poi elaborato (e
ciò vuol dire falsificato) nelle due grandi sue raccolte, e sono i volumi meno mendaci fra
quanti rimangono del falsario napoletano. Sui manoscritti torinesi e napoletani vedi I. Matz,
1. e, p. 53, e H. Dessau, nei Sitzung sberi ci ite der Ber liner Academie, anno 1883, p. 1077 seg.;

1 Vedi specialmente R. Lanciasi nel luogo citato più
avanti. Secondo l'opinione di altri scrittori, il codice
Orsiniano, in quanto si occupa delle vestigia di Roma
antica, non contiene del tutto autografi ligoriani, e per

la maggior sua parte non è che un estratto da scritti
ancora esistenti di Ligorio, fatto dal Panvinio per uso
privato (cf. Huelsen, nel Bullettaio ardi, gain., sez. rom.,
1889, p. 271).
 
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