Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Hinweis: Ihre bisherige Sitzung ist abgelaufen. Sie arbeiten in einer neuen Sitzung weiter.
Metadaten

Archivio storico dell'arte — 6.1893

DOI Heft:
Fasc. II
DOI Artikel:
Recensioni
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.18092#0175
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
RECENSIONI

137

Il primo capitolo ha per soggetto la giovinezza
e le opere giovanili del grand'uomo (da p. 1 a
p. 27). Ben poco sappiamo dell'educazione di Fi-
lippo; si può credere che studiasse con amore le
lettere ed acquistasse una sufficiente cognizione
della lingua latina; ma l'amore all'arte si svelò
presto ed indusse il padre ad allogarlo presso un
orafo. Chi fosse il primo maestro non si sa, e
neanche si hanno notizie sui primi passi fatti nel-
l'esercizio dell'arte; il primo lavoro che noi cono-
sciamo gli fu commesso dagli operai del Duomo
pistoiese, per l'altare d'argento che si conserva
ancora; ma non è ben certo quali delle figure gli
assegnò il Manetti. Al signor Fabriczy pare che
fra i molti profeti che ornano l'altare, quelli che
possono ritenersi, per il loro carattere, opera del
Brunelleschi, siano i due estremi della serie più
alta. Per fortuna possediamo un'altra opera sulla
cui autenticità non cade nessun dubbio: il basso-
rilievo che il giovane artefice modellò in concor-
renza del Ghiberti. Il Manetti ed il Vasari, nel
racconto del celebre concorso, si lasciano traspor-
tare dalla predilezione per il grande architetto;
ma in verità il verdetto dei giudici fu equo. Il
bassorilievo di Lorenzo si distingue dall'altro così
nel rispetto della composizione, come per la mag-
gior bellezza delle figure, specialmente d'Isacco;
pure anche l'opera del Brunelleschi è degna di
grande considerazione, come quella che segna un
indirizzo nuovo nella scultura. Sebbene i biografi
dicano che in quest'arte parecchie furono le pro-
duzioni di Filippo, oggi non se ne conserva che
un'altra: è il crocifisso della cappella Gondi. I
contemporanei lo giudicarono superiore a quello
di Donatello in S. Croce, ma a torto; giacche in
quest'ultimo è una spontaneità ed efficacia che in-
vano si cerca nel primo. Finalmente il Brunel-
leschi forni il modello in legno per il pulpito di
S. Maria Novella; il quale fu probabilmente ese-
guito dopo la morte di lui da scultore mediocre,
non certo dal Buggiano. Non è vero che avesse
mano nella slatua di S. Marco e S. Pietro ad Orsan-
michele, ed è molto inverosimile che aiutasse il
Ghiberti nel lavoro delle porte; la recente attri-
buzione, poi, dei tondi nei peducci della cappella
Pazzi, al nostro autore pare poco verosimile. 1 In
quest'arte il Brunelleschi è inferiore ai suoi due

1 Dobbiamo al signor Fabriczy la notizia di un altro
lavoro scultorio, del quale il Brunelleschi dette il di-
segno ; è il tabernacolo del Sacramento per S. Jacopo
in Campo Corbellini. Pur troppo non rimane traccia di

grandi coetanei, ma pure merita un posto segna-
lato accanto ad essi per avere indirizzato, esso il
primo, la rappresentazione plastica nella via del
più schietto e ardito naturalismo.

Il secondo capitolo (da p. 28 a p. 57) si rife-
risce al soggiorno di Filippo a Roma. Il Manetti
dice che partito da Firenze dopo il concorso delle
porte, si diresse a quella città per rendersi più
valente e perfetto nella scultura, ma che, giuntovi,
lo prese amore vivissimo per l'architettura. Nel
fondo il racconto del Manetti è degno di fede; in
qualche parte però esso vien meglio determinato
dai documenti e modificato per Tesarne diretto delle
fabbriche del grande artefice.

11 Brunelleschi parti alla volta di Roma, proba-
bilmente verso il 1403, insieme con Donatello, e
dopo un anno e mezzo rimpatriò, per ritornarvi
nel 1105. L'eterna città, sebbene ridotta nella più
squallida condizione, offriva degli edilizi antichi
avanzi assai più numerosi d'oggi; e la vista di
quelli richiamò Filippo a seguire la via a cui più
particolarmente l'aveva sortito natura. I biografi

10 rappresentano instancabile nel ricercare, misu-
rare e disegnare tutto quello che gli era dato di
vedere, ma non ci dicono con precisione (piale me-
todo tenesse nel suo studio, e pur troppo neanche
una linea ci è arrivata dei suoi disegni; soltanto
leggiamo nel Manetti (die i due giovani artisti di-
segnarono grossamente (piasi tutti gli editici di
Roma: notizia importantissima. 'Ire dovettero es-
sere gli aspetti sotto i (piali Filippo esaminava le

| rovine di Roma antica: quelli del loro organismo
architettonico, del rivestimento decorativo, dei pro-

: cedimenti meccanici e costruttivi.

Il Vasari non si è contentato di quel poco che
gli offriva lo scrittore contemporaneo; volendo
rendere più pieno il suo racconto, aggiunge che

11 Brunelleschi parti da Firenze con proposito ben
determinato di restaurare l'arte antica e di studiare
il modo di voltar la cupola di S. Maria del Fiore.

Ciò è contrario alla verosomiglianza ed alla con-
dizione vera delle cose: sul Brunelleschi ebbero
una grande attrattiva le belle fabbriche di Roma,
ed egli non si stancava di ammirarle e di studiarle,
non per reintegrare sistematicamente l'architettura
classica, ma per avvicinarsi a quella armonia e
bellezza di concetti. Difatti mentre nelle sue fab-
briche egli raggiunse questo ultimo scopo, quasi

codest'opera, e dobbiamo rimanerci contenti di ricordi
assai circostanziati del committente, dei quali è pub-
blicato il testo a p. 23 del libro.
 
Annotationen