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Archivio storico dell'arte — 6.1893

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Fasc. III
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Supino, Igino Benvenuto: I maestri d'intaglio e di tarsia in legno nella primaziale di Pisa
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https://doi.org/10.11588/diglit.18092#0212
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174 IGINO BENVENUTO SUPINO

essere, non son più parte della sedia dove stavano, il sacerdote, il diacono e suddiacono
alla messa solenne, ma adornano le spalliere laterali della chiesa (due a destra, uno a sinistra
di chi entri dalla porta maggiore), qui collocati nella stessa epoca nella quale l'Innocenti
vi ha riadattato le rappresentazioni delle sette arti liberali. Queste tre figure sono le più
belle che ci rimangano di quei lavori, per correttezza di disegno, per abilità e finezza d'in-
tarsio, per verità e sentimento d'espressione. Le teste sono vive, maestrevolmente eseguite, le
estremità bene intese e correttamente disegnatele pieghe larghe e ben condotte: son tre
quadretti addirittura ammirevoli, in uno dei quali è rappresentato il re David che suona
la cetra e con l'altra mano regge un rotolo spiegato su cui si legge: Laudate pueri Do-
minimi. Le altre due figure hanno nel rotolo la scritta: Benedicam benedicavi ; e: Ve qui
condunt legem.

Yengon dopo per artistico valore quelle del Pontelli: Fede, Speranza e Carità, che ador-
nano il pilastro della chiesa, dalla parte della cappella di San Ranieri, rappresentate in tre
mezze figure di donna, elegantissime, la prima sostenente con la sinistra il simbolo del
sacrificio eucaristico, con 1' altra un bastoncino su cui è in cima la croce di Pisa; la
seconda con le mani congiunte al petto nell'atto di chi preghi, e la testa sollevata al cielo ;
la terza sorreggente un putto che nasconde la testa nel seno di lei, mentre con la destra
che ha distesa, tiene una fiamma. 1 E sebbene mal ridotte per male inteso e mal condotto
restauro, e contraff'ondate e ritoccate e modificate anche per adattarle alla nuova sede, ser-
bano pur sempre l'impronta della abilità artistica che era propria di quell'artefice. Le teste
han movimento ed espressione vivissima, le mani dalle dita lunghe e fini, sono eleganti e
benissimo disegnate; son tre mezze figure che paion staccate da un qualche quadro dei nostri
migliori artisti del Rinascimento, tanto n'c corretto il disegno, tanto è il sentimento che
spira dai volti, tanta è la grazia nelle movenze delle eleganti figure. Cosicché non esitiamo
punto a metterle se non a pari, dato anche lo stato disgraziato di conservazione, subito dopo
quelle di Giuliano da Maiano. Anzi noi per questo saremmo per credere il Pontelli, a cui,
come si è visto, queste tre figurine senza dubbio appartengono, scolaro più di lui che di
Francesco di Giovanni.

Stando a quel che ci dice il Milanesi, nel Commentario della vita di Baccio Pontelli,
questi sarebbe stato in bottega del Francione per apprendervi l'arte della tarsia e dell'inta-
glio. Non però è a supporsi abbia egli appreso quest'arte da Francesco di Giovanni, perchè
questi nel 1462 fu a Pisa per i lavori del sopracielo del duomo, e qui rimase sino al 1477,
mentre Bartolomeo detto Baccio è nato (così appare nell' alberetto dei Pontelli pubblicato
dal Milanesi) nel 1450. Bisognerebbe quindi supporre, che Baccio fosse entrato nella bot-
tega di lui prima dei dodici anni; lo che ci par difficile a credere. Baccio venne a Pisa
nel 1471, ma non per restarvi, che il ritorno definitivo di lui, in questa città, ci pare
già dimostrato avvenuto solo nel 1475; niente di strano invece, che egli sia stato col Da
Maiano, col quale è probabile sia tornato a lavorare quando si recò di nuovo a Firenze
dal 1471 al 1475; ed è infatti per mezzo di Giuliano ch'ei si fa venire da Firenze la
tarsia, diche aveva bisogno per la sedia posta allato alla porta dove s'entra in duomo:
sedia ch'egli fa insieme al Pratese legnaiuolo. Baccio però, ci si può osservare, si sottoscrive
nella lettera a Lorenzo de' Medici, che ha pubblicato il Gaye,2 Ugniamolo, discepulo de Fran-
cione. Ma qui ci pare di non andare errati affermando che il discepolo va inteso in senso

1 Nel coro di marmi della chiesa della Spina, diviso
in sei scompartimenti, sono intagliate a bassorilievo le
Virtù cardinali e teologali. Anche in queste rappresen-
tazioni la Fede è raffigurata con un calice nelle mani,
la Speranza con le mani congiunte e la testa rivolta al
cielo, la Carità con una fiamma nella mano e due putti
attorno al seno. Queste furono scolpite nel 1461 e i]

cav. Tanfani ce le dice di Andrea da Firenze: lavoro
tutt'altro che fine però, da attribuirsi piuttosto che a
un maestro a quell'Andrea di Francesco da Firenze,
forse, che in quell'epoca lavorava alle finestre e ai pa-
rapetti di Camposanto.

2 Gaye, Carteggio inedito d'artisti, voi. I, p. 247.
 
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