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Archivio storico dell'arte — 6.1893

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Fasc. IV
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Fontana, Paolo: Il Brunelleschi e l'architettura classica
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https://doi.org/10.11588/diglit.18092#0307

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266 PAOLO FONTANA

stri il fatto; ma quando fu a scrivere la particolare biografia dell'artista, dimenticata l'os-
servazione propria, pur così giusta e sensata, non altro ebbe dinanzi alla mente che la nar-
razione del Manetti, la quale gli somministrava il più e il meglio delle sue notizie. — Si
può ritenere che se il Vasari non avesse scritto la vita del Brunelleschi, le parole di lui,
or ora citate, che si leggono in altre parti dell'opera, sarebbero semi irate ad ognuno ragio-
nevolissime, e la critica avrebbe dato quel peso che merita alla narrazione del Manetti;
invece l'autorità del biografo aretino fece radicare talmente la credenza che il Brunelleschi
imparasse a Roma, con studio indefesso, l'arte del costruire, che anche i più attenti osser-
vatori guardarono attraverso la lente del pregiudizio. Il Milizia e il D'Agincourt, seguendo
il A^asari, ammisero che il restauratore dell'arte classica avesse studiato il Battistero fioren-
tino, ma dettero un'importanza infinitamente maggiore all'efficacia degli esemplari romani.
Degli scrittori più recenti, alcuni notarono analogie parziali fra le opere del nostro archi-
tetto e le fabbriche di Toscana, ma senza dar loro il peso che meritano. 1 II signor Fabriczy
nel suo lodato lavoro riunisce con cura tutte ie osservazioni che si riferiscono a questo pro-
posito e ne aggiunge di nuove, ma non le considera nel loro insieme; auzi talune analogie
sembrano ad esso casuali piuttosto che conseguenza di imitazione. Nò io, pur dissentendo,
vorrei muovere rimprovero all'egregio critico; in quanto che, ammesso col Manetti un lun-
ghissimo soggiorno del Brunelleschi a Roma, consacrato tutto allo studio delle classiche
rovine, apparisce strana, inconcepibile l'imitazione di fabbriche di gran lunga inferiori. Ora
le osservazioni nuove da me aggiunte dovrebbero far riflettere se non siano da invertire le
parti; giacche l'imitazione delle fabbriche medievali essendo dimostrata in modo eviden-
tissimo, è lecito domandare quanta importanza si possa dare allo studio delle antiche. Non
voglio negare, lo ripeto, che il grande archi tetto andasse a Roma; anzi ammetto volentieri
che la vista delle nobilissime reliquie dell'antichità esercitasse molto fascino su di lui e ne
fecondasse la fantasia: l'elegante creazione del portico della cappella Pazzi basterebbe a far
supporre che egli contemplasse le armoniose forme degli antichi edifici; ma il suo soggiorno
colà non potò essere così lungo nò tale (piale si trova descritto dal Manetti, nò portò in
patria quella collezione di studi che altri suppose, collocando a capo del rinascimento ar-
chitettonico non il Brunelleschi vero, ma un Brunelleschi mascherato da Palladio. Il sog-
giorno di Filippo a Roma, di cui, si noti bene, nessuno ha trovato tracce in codesta città,
c di per sè inverosimile, e il modo con cui ò narrato dal Manetti, il quale sa dirci tante
particolari circostanze, da crederlo quasi un testimone oculare di quella spedizione artistica,
ha tutta l'apparenza di una novella,

Le mie conclusioni non tolgono una foglia alla corona del geniale artista; che anzi,
mentre considerato come alunno degli antichi esso rimarrebbe di gran lunga inferiore, il
suo merito grandeggia alla nostra mente se si pensa che, studiando su fabbriche imperfette,
seppe ristabilire un'arte nuova. Un dritto e acuto discernimento fa scorgere al Brunelleschi
il buono dove altri meno lo sospetta, nò si cura di pedanteschi riguardi per la fonte alla
quale attinge. Quando penso che un bassorilievo rozzo di un tagliapietre medievale gli
fornisce un motivo, che diventerà famigliare ai suoi seguaci, mi viene in mente Leonardo
da Yinci, il quale suggerisce al pittore di osservare le macchie di una vecchia muraglia,

1 II Burckhardt, in Caltiir der Renaissance, ed. 1878,
p. 47, nota che nelle fabbriche gotiche fiorentine, per
esempio nella Loggia de' Lanzi, si vede quel membro
intermedio fra il pilastro e il piede dell'arco usato dal
Brunelleschi, dimenticando l'altro esempio assai più vi-
cino di San Giovanni, che fu notato dal Fabriczy. Nel
Cicerone si considera come imitazione del San Frediano
di Lucca la decorazione esterna della chiesa della ba-

dia fiesolana, e si pone a confronto il difettoso modo
dei pilastri in Santa Maria degli Angeli (del Brunelle-
schi) coll'esempio anteriore del Battistero. 11 Muntz
crede che il pensiero dell'attico a pilastrelli sulla fronte
della cappella Pazzi sia stato suggerito dallo scompar-
timento del Battistero. Vedemmo le osservazioni del si-
gnor Dehio.
 
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