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Archivio storico dell'arte — 6.1893

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Fasc. V
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Frizzoni, Gustavo: I capolavori della Pinacoteca del Prado in Madrid, [3]
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https://doi.org/10.11588/diglit.18092#0361

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I CAPOLAVORI DELLA PINACOTECA DEL PRADO IN MADRID

313

davanti al Redentore. Per quanto si voglia porre ancora sui principi della sua maniera
indipendente e sciolta da ogni andazzo tradizionale, già vi risplende tutta la vivezza della
luce ch'egli sembra avere rubato all'aria e al so]e che la inonda, tutta la passione che tra-
bocca dai volti animati, non meno che dalle drammatiche movenze. Nessuno avrebbe saputo
interpretare di certo al pari di lui l'impellente entusiasmo col quale questa Maddalena si
protende verso il divino Maestro, che le apparisce in quel punto in aspetto sereno e rag-
giante, in mezzo ad un paese che partecipa della serenità e della luce delle figure. Laonde
d'accordo col nostro Morelli non si saprebbero giustificare i dubbi sollevati intorno alla
originalità dell'opera dal più recente biografo del Correggio, il defunto dott. Giulio Meyer. Che
se v'ò un quadro il quale, in onta ai danni patiti per una serie di vicende, ultima delle quali
quella di una ripulitura eccessiva, ha pure conservato l'impronta della sua origine genuina,
crediamo sia quello del Noli me tangere qui rammentato. Quanto all'origine sua nulla di
ben sicuro, se non che fu regalato dal Duca di Medina de las Torres a Filippo IY. Deposto
nella sagrestia dell'Escoriai, fu di là portato in Galleria a Madrid, dopo essere stato spo-
gliato da un denso sudiciume che lo aveva reso quasi invisibile. Che un quadro di simile
soggetto si trovasse a Bologna poco dopo la metà del XVI secolo consta bensì mercè ratte-
stazione del pittore Pietro Lamo, il quale nella sua piccola Guida di detta città, intitolata
Graticola di Bologna, scritta nel 1560, a pag. 13 cita insieme al quadretto della Visione
d'Ezechiello di Rafaele un Cristo neWorto con la Maddalena ai piedi, di mano di Musini
da Correggio, bellissimo, come esistente nella casa del conte Agostino Hercolani. Nulla
d'impossibile che sia quello stesso che per ima serie di vicende e di trapassi vediamo ora
stabilmente collocato al Prado fra tante opere meravigliose della sala d'Isabella IL

Fra queste abbiamo da rammentare qui appunto alcuni bei campioni di mano del Par-
migianino, tanto più preziosi, quanto più rare sono anco fra noi le traccie del suo operato.
Quattro sono i capi che possiede di lui il Prado, cioè un busto di una Santa Barbara, bella
nella sua ingenua espressione; una Sacra Famiglia, analogamente dipinta come quella dalle
forme scultorie che riscontrasi nella Galleria degli Uffizi-, infine due quadri di ritratti, che
sono quelli in realtà nei quali si può dire ch'egli si trova nel suo elemento, più che nei
sacri, i quali solevano servirgli essenzialmente di pretesto per isfoggiare in vaghi tipi e in
motivi bene composti.

Altro ritratto nella stessa sala d'Isabella, che se non fosse ridotto a mal partito da
improvvido ristauro potrebbe stare a petto di ogni altro dei più egregi artisti, è quello ripu-
tato l'effigie di Lucrezia del Fede, dipinto da Andrea del Sarto. Che sia proprio la moglie
del pittore quella che vi è rappresentata, è cosa che a quanto credo non vorrà essere ulte-
riormente confermata, non potendovisi scorgere una convincente somiglianza di tratti con
le imagini autentiche di lei che si vedono in Firenze: quello che non si può negare si è
che è una fisonomia oltremodo vivace e spiritosa, mentre è sommamente pittoresca anche
la sua acconciatura, dalla sciarpa che le cinge fantasticamente il capo, alla veste scollata,
trattata a larghe pieghe.

Delle altre cose esposte sotto il suo nome merita considerazione principalmente la
tavola del Sagrificio di Abramo, una ripetizione in piccolo, come si sa, di quella che Andrea
aveva eseguito per Francesco I di Francia e che oggi figura nella R, Galleria di Dresda.
Il quadro di Madrid secondo ogni verosimiglianza è quello a cui allude il Vasari nella vita
di Andrea del Sarto colle parole seguenti: « Venne voglia a Favolo da Terrarossa, veduta
la bozza del sopradetto Abramo (quello ch'era destinato pel re di Francia) d'avere qualche
cosa di mano d'Andrea, come amico universalmente di tutti i pittori; perchè richiestolo
d'un ritratto di quello Abramo, Andrea volentieri lo servì e glielo fece tale che nella sua
piccolezza non fu punto inferiore alla grandezza dell' originale. Laonde piacendo molto a
Pavolo gli domandò del prezzo per pagarlo, stimando che dovesse costarli quello che vera-
mente valeva; ma chiedendogli Andrea una miseria, Pavolo quasi si vergognò e strettosi
nelle spalle gli diede tutto quello che chiese. Il quadro fu poi mandato da lui a Napoli...
 
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