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Archivio storico dell'arte — 6.1893

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Fasc. V
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Ercole Rosa
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https://doi.org/10.11588/diglit.18092#0433

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NECROLOGIA

383

Il Rosa non dimenticò mai quella frase, a cui subito non rispose. Poco dopo però,
quando il suo gruppo dei fratelli Cairoli fu proclamato vincitore nel concorso bandito dal
municipio di Roma, il Masini, tutto stupito, gli disse:

— Come mai! Facevi lo scultore tu?

— Oh! che ti pare fosse una privativa tua? — rispose Ercole, giojendo di quella sod-
disfazione più che di tutto il successo alquanto cerimoniale che seguì a quella sua prima
vittoria. Aveva appena ventisei anni, era forte e semplice ; parve mirasse e potesse attin-
gere le più superbe altezze. E veramente ben pochi tra gli scultori contemporanei possono
gareggiare, e forse nessuno avrebbe potuto farlo, se la triste passione del vino non gli avesse
presto scemato le forze, divorato i giorni, stancato le notti, fino a condurlo alla immatura morte.

Intorno a quell'epoca, che è l'alba della sua fama, il Rosa traversò il periodo più fe-
condo e più bello della sua vita. Due mirabili teste, l'una di ragazzo, l'altra di donna gio-
vane; un busto di Mora; una figurina al vero di Cupido impigliato nella rete, mostrano la
sua potenza di modellatura. Sono lavori abbastanza noti; i primi due specialmente meri-
tano d'esser tolti a esempio di schietta, ampia e fine interpretazione del vero, scevra d'ogni

grettezza, morbida e forte al tempo stesso. Tari altri lavori di simil pregio sono sparsi qua
e là, tutti eseguiti tra il '70 e l'80; basterà citare una testina, ritratto d'uomo, e il busto
colossale di Alessandro Manzoni ; l'altro busto, anche di maggior valore, ritratto di Nicola
Fabrizi; il nudo di donna che s'intitola un po'arbitrariamente Diana, e i bozzetti per i
monumenti del Fusinato e del Byron. E v'è ancora un altro bozzetto, destinato a un'opera
che, secondo le intenzioni del Sella, doveva sorgere davanti al palazzo delle Fiuauze, e che
piuttosto troverebbe il suo degno luogo in fondo a via Tenti Settembre, dinanzi a Porta
Pia, poiché rappresenta il signifero nel momento in cui pianta l'asta pronunziando le me-
morande parole: « Hic manebimus optime ». Questo era il monumento che Roma doveva
affidare al grande artista. Il bozzetto è una sì grandiosa promessa, che il non averlo potuto
sviluppare è da ascriversi a un'ingente perdita dell'arte e della patria.

Invece del signifero abbiamo, è vero, il gruppo dei Cairoli, eretto sul Pincio tredici
anni or sono, quando finalmente il municipio si decise a darne commissione al vincitore
del concorso. Era allora presidente del Consiglio Benedetto Cairoli, e non si badò alla na-
tura dell'opera di Ercole Rosa, la quale, essendo di carattere espressivo, viva e palpitaute
rappresentazione d'un episodio di battaglia, non ha, non può avere il suo giusto effetto,
campata com'è sull'altura, all'aria aperta, col cielo per fondo. Riprodotta in bronzo a
grandezza naturale, essa risulta meschina al Pincio, mentre nello studio dello scultore il mo-
dello originale si mostra in tutta la sua gagliardia, in tutta l'intensità del suo sentimento.

ERCOLE Rosa.
 
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