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Archivio storico dell'arte — 6.1893

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Fasc. VI
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Supino, Igino Benvenuto: I pittori e gli scultori del Rinascimento nella Primaziale di Pisa
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https://doi.org/10.11588/diglit.18092#0476
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I PITTORI E OLI SCULTORI DEL RINASCIMENTO

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a qua! punto fosse condotto non è facile dire; nò a noi, disgraziatamente, è dato cono-
scere le cause che impedirono o obbligarono il Civitali a non completare l'opera inco-
minciata,

« È certo però », come scrive il Trenta nelle sue Memorie, « non esser stato Michelan-
giolo Buonarroti autore del disegno degli altari, come, appoggiato dalla tradizione, vuol
far credere il signor Da Morrona nella sua Pisa illustrata. A dimostrare l'asserto basta,
con l'istrumento alla mano, stipulato dal Ch'itali con l'Operaio, andare esaminando ad uno
ad uno gli altari. Si conoscerà allora che due di essi furono eseguiti interamente da lui,
siccome vi si scorge in tutti gli altri messo in opera, per la massima parte, il suo modello ».
Questo però noi non sapremmo così assolutamente affermare; il Civitali, come appare dal
contratto che noi pubblichiamo, doveva avere per ciascheduna d'esse cappelle, fatte e poste
in duomo, fiorini duecento, di lire 4 per ciascheduno, ossia lire 800. Egli, o in contanti o per
grano o altro, ricevette dall'Operaio sole lire 219 e 14 soldi; non è quindi da supporsi, non
avendo altra memoria di pagamenti a lui fatti, che per quel prezzo il Civitali potesse ese-
guire, nonché due, nemmeno parte di una di queste cappelle per il duomo; e la parte da lui
effettivamente eseguita si conserva tuttora nella sagrestia della chiesa, a destra dell'altare
maggiore, adattata sopra un lavabo e ridotta così a uso di fonte: è un fregio di finissimo
lavoro che noi vogliano qui riprodotto, (tav. 1), tanto ne è delicato l'intaglio, tanto ci pare
conservi l'impronta della mano abilissima dell'artista lucchese. E dalla misura sua dovremmo
stabilire, che le cappelle per il duomo avrebbero dovuto essere della stessa proporzione di
quella del Fancelli, dedicata a San Biagio, che, come giustamente osserva il prof. Ridolfi,
« un grande distacco è fra i due secoli xv e XVI per quel che riguarda il gusto dell'arte,
ed un gran rivolgimento si operò, come tutti sanno, in brevissimo tempo nell'indirizzo e
nelle opere di quella; ciò che il quattrocento produceva, anche prossimamente al suo ter-
mine, dopo i primi anni del cinquecento già era riguardato con dispregio, come cosa me-
schina e di vecchia scuola, e ovunque si dava mano a disfarne o guastarne le gentili archi-
tetture, per sostituire opere di grandiose masse, pompose di mole e di ardimento, che sole
parevano ora degne dell'arte e dei nobili edilizi ». 1 Così infatti nel nostro duomo, gli altari
che il Civitali avrebbe dovuto eseguire col medesimo carattere di quello del Fancelli, si mu-
tarono poi in quelli dello Stagi, più grandiosi di mole; e da settantasei che erano antica-
mente, come dice il Rondoni, furono ridotti a ventidue per il Civitali; a minor numero
ancora, forse a maggior bellezza della chiesa, per lo Stagi. A noi però preme qui stabilire,
clic il Civitali non potò eseguire nemmeno una delle cappelle a lui allogate, e i pagamenti
ci affidano che non dobbiamo essere molto lontani dal vero, e che quell'elegante frontone,
che apparisce troppo chiaramente adattato per ripiego allo scopo cui oggi serve nella sa-
grestia della chiesa, riteniamo per opera di lui e quindi lavoro destinato alle cappelle. La
congettura poi, che le candelabro le quali dividono i quadri della tribuna possano essere
frammenti dei lavori del Civitali, destinati poi a quest'altro uso, non potremmo confermare;
prima perchè si sa, dai conti che si conservano nelle filze di lettere L. e M. dell'Archivio
del Capitolo, che furono o restaurate o di nuovo eseguite da Gino di Stoldo Lorenzi o da
Valerio Gioii, dopo l'incendio; poi, perchè uè la qualità del marmo, nò la mano dell'ar-
tista ci pare in quelle paragonabile al frontone bellissimo e finissimo di sagrestia. Solo le
candelabre che adornano il quadro del Sodoma, La Pietà, per essere non di pezzo ma sva-
riate di forma e di disegno e più fini delle altre nell'esecuzione potrebbero supporsi lavo-
rate dal nostro artista, e quindi avanzi dell'opera sua rimasta incompiuta; ma si tratta di
una semplice supposizione, e tale deve anche per noi rimanere. Però, seguita il Trenta « è
uguale lontano dal vero quando l'autore pisano aggiunge, che siano stati gli altari lavoro
dell'eccellente scultore Stagi, perchè nel l'imbasamento delle colonne e dei piedistalli vi si
veggono registrati gli anni 1532, 1536, 1592, nei quali aveva già cessato di vivere lo scultore

1 RinoLFi, loc. cit., pag. 319
 
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