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Archivio storico dell'arte — 7.1894

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Fasc. I
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Supino, Igino Benvenuto: Il trionfo della morte e il giudizio universale nel Camposanto di Pisa
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https://doi.org/10.11588/diglit.19206#0073

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36

IGINO BENVENUTO SUPINO

educarsi con loro a quello stile, che doveva illustrarlo e renderlo il miglior artista di Pisa,
degno anche di stare al paragone dei migliori che allora operassero anche fuori.

Fu certo questa comunanza di studio e forse d' operare, che tanto operò in un
artista dell'ingegno e del sapere del Traini, ed è naturale che dei maestri qualche cosa
sia rimasto nello scolare, o collega che dir si voglia : chè faremmo un torto al pittore
pisano supponendo e affermando il contrario. Poiché se il Traini (è pur necessario tener
conto anche di questo) fosse andato nella bottega degli Orcagna non ancora pittore,
sarebbe certo diventato uno dei tanti imitatori delle opere, o un più o meno abile se-
guace della maniera di loro ; ma essendovi andato già innanzi nell' arte, è naturale
che abbia solo modificato o corretto lo stile e lo abbia anche migliorato, pur sempre
conservando le qualità proprie e individuali. E per questo sono perfettamente nel vero
i signori Cavalcaselle e Crowe quando scrivono che l'Orcagna temperò con la grazia
senese la severa maniera .della Scuola fiorentina, e che il pisano Traini studiandone i lavori,
se forse non fu in Pisa coi Lorenzetti e con Simone di Martino, seppe talmente fondere
i caratteri dell'Orcagna da lui imitati con quelli de'maestri senesi, da cavarne quella ma-
niera e quel colorire che abbiamo nelle sue opere osservato.1 Ma forse essi così scrivendo
non ricordavano di aver affermato nella Vite stessa del Traini (voi. II, pag. 165), che non
potevano ammettere quello che circa l'educazione artistica di lui dice il Vasari, una volta
che Francesco Traini lavorava di pittore a Pisa sin dal 1322 : lo che del resto non pro-
verebbe nulla, e di sopra abbiamo detto anche su questo il nostro parere. Sta di fatto, che
nelle due tavole del Traini è facile riscontrare l'influsso dell' Orcagna ; e non è punto
strano anzi per noi è probabilissimo, che tornato a Pisa incominciasse a lavorare per il Duomo,
e IOperaio ben dovesse conoscerne e apprezzarne le qualità artistiche quando gli affidò
il lavoro per la chiesa di Santa Caterina: chè lo stendardo per la Compagnia delle Laudi
non potè certo essere solo argomento da garantire 1' Operaio dell' artistico valore di lui.
Ma ecco perchè invece di supporre, con poca o punta probabilità di esattezza, che un
artista senese avesse potuto mettere in pratica il concetto di un artista fiorentino, ci par
più logico e più vero il credere che un pisano abbia lavorato a quelle pitture, le quali
della maniera pisana di quell' epoca serbano evidentissimo il carattere. E quindi pur questa
volta da giustificare il Vasari se a prima vista le giudicò dell'Orcagna, e si capisce come
poi tutti abbiano il giudizio di lui fatto proprio ; perchè oltre il poco scrupolo suo nelle
ricerche relative agli artisti che andava illustrando, sta di fatto che anche l'Orcagna
avea dipinto a Firenze, a Santa Croce, se non completamente, almeno in parte, lo stesso
soggetto.

Ma aveva veramente bisogno il Traini di porre in opera il concetto dell'Orcagna, quando
viveva a Pisa, per tacer d'altri, come scrive il Bonaini, Fra Bartolommeo da San Concordio,
grande maestro di scienza divina e profana, e per ciò solo capace di guidare la mano dell' ar-
tista in un' opera che chiedeva tanta dottrina come il San Tommaso ? E chi ha avuto, per merito
proprio o per altrui, lo che non scemerebbe punto il valore dell'artista, che con tanta maestria
ha saputo rendere quel pensiero e rappresentarlo così abilmente, chi ha avuto una concezione
così grandiosa e superiore, vero monumento, come chiama quel dipinto il Rosini, del sapere me-
raviglioso degli artefici di quell'età, non poteva averne un'altra simile col Trionfo della Morte,
dove tanta filosofìa e sentimento e sapere son evidenti? Sarebbe strano forse che l'Orcagna
si servisse della concezione sublime del nostro artefice per riprodurla nella chiesa fioren-
tina e togliesse dal collega l'ispirazione per i nuovi affreschi, come il collega aveva per
lui migliorato il suo stile, tanto da farsi reputare fin superiore al maestro ? E superiore
al maestro davvero lo dimostra, scrive il Ticozzi, il famoso suo quadro di San Tommaso,
nel quale e con la novità e la grandiosità della composizione e con l'evidenza dei volti, com-
pensa largamente i difetti che vi si riscontrano, non suoi ma del secolo in cui operava.

1 Cavalcaselle e Crowe, Storia della Pittura, voi. Ili, p. 9.
 
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