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Archivio storico dell'arte — 7.1894

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Fasc. III
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Calzini, Egidio: Marco Palmezzano e le sue opere, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.19206#0233

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MARCO PAMMEZZANO E LE SUE OPERE

191

a la camare verde. „ 1 Dunque, se nel palazzo del principe, nel 1451, fu dipinto un San
Marco per festeggiare il lieto evento, conviene pure volgere la nostra attenzione agli artisti
locali viventi allora. Premesso ciò, chi avrebbe avuto maggior diritto al favore dei prin-
cipi, desiderosi di rendersi sempre più ben accetti ai loro sudditi e di circondarsi di gloria,
di chi. nato nella stessa terra, era al caso di abbellire la loro nuova abitazione?

E all'infuori dell'Ansuino, non conosciamo altri pittori forlivesi di quel tempo. Se
taluno ci ricordasse i menzionati Pietro Giacomo e Pietro Gentile da Forlì, che pure ope-
ravano allora, gli risponderemmo che non si devono confondere i meriti di questi due
forlivesi, che si presentano, secondo il Muntz, più come modesti decoratori che artisti
di pittura figurativa, con i meriti, in confronto a loro, affatto superiori dell'Ansuino, pit-
tore di qualche grido, se lo stesso Squarcione, il famoso maestro padovano, non disdegnò
più tardi di affidargli una delle pareti della celebre cappella agli Eremitani di quella città.

D'altronde, se non ci è possibile di dimostrare che la figura del San Marco nel pa-
lazzo del principe Ordelaffì e le pitture di alcune sale nel palazzo stesso, dipinte in quel
torno di tempo o qualche anno appresso, non siano state fatte per mano dell'Ansuino, a
chi dovremmo noi pensare? Forse al giovanetto Marco Melozzo degli Ambrosi? No cer-
tamente. Fu dopo, dieci o quindici anni dopo che Marco Melozzo ebbe agio, molto pro-
babilmente, di mostrare a' suoi concittadini, e forse nello stesso palazzo, i primi saggi del
suo grande ingegno.

Che, circa il 1472, narrano le cronache di Forlì, il principe Pino III, successore di
Cecco Ordelaffì, arricchì il palazzo di sale camere et loggie con soffitti messi a oro et colori
finissimi adornandolo con pittare et scolture d'artefici 'pregiatissimi. 2

Ma, tornando al 1451, non è ardito il sospettare che l'Ordelaffi. si servisse dell'An-
suino per far dipingere il San Marco in onore dell'amica Repubblica veneta. Ciò stabilito,
convien avvertire che questo avvenisse nel tempo trascorso tra il suo primo lavoro in
Padova e gli affreschi ch'egli eseguì poi agli Eremitani della stessa città; quindi nel pe-
riodo per noi più oscuro, del quale più nulla ci resta, per conoscere a quale scuola s'in-
spirasse o da chi apprendesse i principi del disegno.

Che se è da supporsi che nei lavori eseguiti in paese egli dipingesse con la stessa
maniera ch'ebbe quando lavorò insieme al Mantegna e ad altri allievi dello Squarcione,
si potrebbe tuttavia dubitare anche il contrario, riflettendo come quasi tutti i maestri che
operarono in diverse regioni d'Italia subirono appunto l'influenza delle diverse scuole con
le quali ebbero maggiore contatto.

Per siffatta ragione quindi sarebbe stato interessantissimo poter fare confronti con
alcune pitture sue anteriori a quelle conservateci nella ricordata chiesa. Ma ciò d'altronde
non essendo possibile, affrettiamoci a parlare di queste ultime.

E, come si disse, agli Eremitani di Padova questa cappella tanto rinomata per i di-
pinti del Mantegna e di Niccolò Pizzolo, allievi dello Squarcione, dell'Ansuino da Forlì
e Buono Ferrarese. Essa appartenne all'antica famiglia padovana degli Ovetari. Con testa-
mento del 5 gennaio 1443 da Antonio, ultimo superstite di quella casa, fu trasmessa a
Iacopo Leoni, con la condizione di ornarla con episodi della vita dei Santi Cristoforo e
Iacopo, assegnandovi per ciò la somma di 700 ducati d'oro.3

Le pitture che oggi l'adornano non furono fatte però se non parecchi anni dopo
del 1443. Il Milanesi4 crede siano state eseguite fra il 1453 e il 1459, ed i signori Crowe

1 Cobelli, Cronache, p. 222. — Nella cronaca di
Giovanni di Maestro Pedrino (dal 1411 al 1461),
fol. 113, si legge : " e per la ditta nouella fò subi-
tamente dipinto un San Marco dentro del cortile
soura l'archiuolto cha verso l'orto apresso la stancia
del sale, e fatto chon grande honoranze e logie poste

grande speranza per la parte di zitadini di Forlì. „

2 Cfr. Cronaca Anonima, anno 1472; Cronaca Al-
bertina, p. 96; Cronaca Padovana, anno 1472.

3 Guida di Padova peyli scienziati, 1842. p. 217
e segg.

4 Op. cit., voi. III, p. 390, nota.
 
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