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Archivio storico dell'arte — 7.1894

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Fasc. III
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Calzini, Egidio: Marco Palmezzano e le sue opere, [1]
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195

Quella del santo in atto di parlare ai guerrieri non è priva di certa bellezza in quella
attitudine serena piena di bontà e di espressione. Al contrario, più rozzi, con quei visi
angolosi, con quelle estremità grosse ed ineleganti, appariscono i guerrieri che fanno cir-
colo attorno al santo, benché vi si riscontrino pregi degni d'attenzione, per le movenze
diverse, per la varietà dei tipi e per quel sentimento religioso che li anima. Tutti indos-
sano la corazza, ed alcuno ha l'elmo in capo; rari quelli che hanno la barba ; altri invece
portano i capelli a zazzera; ed altri ancora, come il San Cristoforo, li hanno lunghi, ina-
nellati sin sopra le spalle.

L'Ansuino, come altri maestri di quel tempo, si appalesa trito ed incerto nel piegare
dei panni; più sicura e più pregevole invece è l'opera sua rispetto all'architettura, che
egli mostra di sapere assai bene, insieme alle leggi della prospettiva. Ed è appunto per
queste sue qualità tecniche che si può credere come il giovanetto Melozzo apprendesse da
lui i principi del disegno. Qualità, per altro, che lo scolaro saprà di tanto perfezionare, che
non solo supererà il maestro, ma renderà inutile ogni ricerca a coloro che ne' suoi meravi-
gliosi lavori intendessero avvertire la benché menoma traccia di questo suo primo precettore.

Nessun ostacolo troviamo nel tempo perchè Melozzo potesse avvicinare l'Ansuino, quan-
tunque breve debba essere stato il contatto personale fra i due artisti, pensando al Me-
lozzo, che molto per tempo pare andasse a Roma, facendo in fretta qualche viaggio di
studio pel suo perfezionamento.

Quanto alla maniera dell'Ansuino, certo noi non possiamo argomentare, stando agli
affreschi di Padova, ch'egli appartenesse alla scuola dello Squarcione, e ripetiamo che mal
si apposero coloro che credettero di annoverarlo tra gli scolari del dotto maestro. Anzi,
mentre è discutibile se l'ambiente squarcionesco abbia o no influito sulla sua maniera,
sotto un certo aspetto più che sotto un altro, resta pur sempre vero ch'egli, in mezzo agli
altri suoi collaboratori, sta od apparisce quale artista forestiero, indipendente, solo ; e per-
sino nel sottoscrivere l'opera sua, a differenza di altri che si proclamavano scolari dello
Squarcione, egli si segna semplicemente col proprio nome: Ansuino. Egli ha tutta l'aria di
uno di quei maestri, quantunque mediocri, ma di qualità positive, che dagli imprenditori
di grandi pitture solevano essere chiamati ad eseguire parte di certe loro composizioni, sacre
o profane, le quali vogliono essere eseguite in poco tempo ; ovvero per supplire altri maestri
che prima di loro fossero venuti meno al proprio compito. Nulla quindi di più verosimile
che l'affermare come artisti di tal natura, specie in quei tempi nei quali l'arte italiana si
spandeva per ogni dove, passassero la loro vita in diverse regioni della penisola. Per tal
modo non è senza fondamento sospettare che l'Ansuino, avendo conosciute le opere di
maestri toscani, abbia perciò operato anche in quella regione ; nella stessa guisa che per
ben due volte ebbe a condursi in Padova, incontrandosi appunto, nella prima, col fioren-
tino Fra Filippo. Quale meraviglia pertanto se, tra gl'innumerevoli affreschi ancora sco-
nosciuti o coperti da intonaco, siano qua o là nascoste anche opere di questo forlivese?1

1 " Poche opere, scrive il Lanzi, di lui ci perven-
nero, perchè neglette facilmente dove le dipinse, sic-
come è accaduto in questa città (Padova) di molti
altri valenti artisti.,,

Dalla Notizia delle opere d'arte e d'antichità della
raccolta Correr di Venezia, scritta da Vincenzo La-
zar] (Venezia, 1859), si ha notizia di una piccola
tavola attribuita al nostro Ansuino. La riproduciamo
per intero: " Ansoino da Forlì (p. 12). Incorniciato
da una finestra di marmi di svariati colori, è il busto
di un giovane, volto di profilo a sinistra in berretta
e vesti rosse; nel fondo oltre la tenda, paese con
laghetto e barche; sul davanzale della finestra libro

chiuso con sopra un anello con perla; armi genti-
lizie e le sigle del pittore A. F. P. Tavola, alta
ni. 0.49. 1. m. 0.35. „

E in nota si legge: " Nell'angolo superiore a
sinistra si legge il nome. Jo. Bap. Fuggar, che do-
vrebbe dinotare l'effigiato: ma il non trovarsi nel-
l'albero dei Frigger, datoci dall'Hopf, niun (Giam-
battista la cui epoca coincida con quella del dipinto,
come anche la niuna corrispondenza delle armi che
qui appariscono, colle armi dei Fugger, e il costume
affatto italiano del ritratto, m'inducono a negare
ogni fede a quella scritta. „
 
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