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Archivio storico dell'arte — 7.1894

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Fasc. V
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Calzini, Egidio: Marco Palmezzano e le sue opere, [3]
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https://doi.org/10.11588/diglit.19206#0379

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EGIDIO CALZINI

per libidine di lucro o se per altre ragioni. Chi non ricorda ad esempio pittori pretensiosi,
di circa oinquant' anni addietro, che si permettevano di coprire intere tavole antiche col
pretesto di restaurarle e vi ponevano poi con la miglior serenità di questo mondo la propria
firma? Non esiste forse ancora in Londra una lunetta del Palmezzano, e precisamente
quella che faceva parte della sua Comunione, con un cartello rifatto in Roma nel 1851 perchè
un tale, qui, vi aveva dipinta la leggenda Marchus Melozzii ? (sic). 1 Ma delle vicende di
questa lunetta parliamo più innanzi.

Nella figura del vescovo, invece, che sta alla destra della Vergine, è il tipo abituale
all'artista nella caratteristica testa di vecchio mitrato con lunga e candida barba, tipo
ch'ei tante volte riprodusse nelle figure de' suoi santi. Quindi la stessa diligenza e minuta
esecuzione ne' particolari della mitra e del piviale con l'identica particolarità delle gemme
preziose in quella come in questo.

Nel San Severo tutta la parte inferiore è totalmente rifatta e guasta da chissà mai
quale ciarlatano che vantasse il nome di riparatore. E oltre di ciò, disgraziatamente, tutto
il colore vi è sgradevole e falso, di gran lunga inferiore (in causa forse anche dell'umidità
e del fumo dei ceri) alla forte tavolozza del Palmezzano. Però se non ci è dato valutare
il pregio dell'opera per la povertà del colore, ci è ben dato di valutarlo per l'accuratezza
del disegno, distinguendo così ciò che appartiene al restauratore da quello che è dell'opera
malauguratamente sottoposta al martirio.

Tra le ragioni poi che contribuirono a volere da noi assegnato questo lavoro al Pai-
mezzano v'ha quella scaturita dal confronto d'altra opera sua eseguita circa venti anni
dopo per i Minori Osservanti di Brisighella. Nel quadro di Brisighella si rilevano non le
identiche forme soltanto ed i caratteri identici, ma sibbene la riproduzione esatta contorno
per contorno, della Vergine e del Bambino, eseguiti molto probabilmente sullo stesso car-
tone di questa che era attribuita alla scuola del Melozzo. Nessun particolare eccettuato :
uguale nella Madonna il viso tondeggiante, dall'espressione grave e solenne, e l'acconciatura
del capo ; uguale nel partito grandioso del manto del quale, lasciando scorgere in basso la
punta del piede destro, mostra un rovescio giallo-scuro ; identica nella veste rosa orlata
d'oro ai polsi e [al collo, e nel Bambino seduto sul ginocchio destro della madre, col
capo volto dalla stessa parte con la testa dai contorni marcati e grossa ; simile persino
nella difettosa sottigliezza del piccolo braccio sollevato a benedire. Così negli accessori si
scopre lo stesso maestro ; sopra il trono dietro la Vergine è la medesima tenda verde-scura
rialzata dai lati, con la differenza che in quella di Brisighella essa è rialzata da due angeli,
di fattura peruginesca, mentre in questa di Forlì gli angeli mancano. Del piedestallo so-
stenente la sedia del trono abbiamo una replica, o almeno una forma somigliantissima in
un'altra tavola dipinta dallo stesso artista negli ultimi anni, quella che oggi si trova in
Roma nella Galleria Lateranense, all'uscita della IV sala. Nella tavola di Brisighella è
ripetuta con qualche modificazione nell'abito, anche la figura giovanile del San Valeriano,
il quale regge con la sinistra un lembo del manto che porta allacciato alla spalla, mentre
quello della Pinacoteca forlivese non ha manto di sorta.

Concludendo, con i molteplici confronti che abbiamo potuto stabilire, crediamo di
avere sufficientemente dimostrato che avevamo ben ragione di attribuire anche la tavola
classificata col n. 124 della ricca Galleria di Forlì, all'operoso Palmezzano.

Quasi gli stessi caratteri si riscontrano nel giovane pellegrino (S. Rocco) che è nella
sacrestia dei canonici in Duomo ; dolce e graziosa figura che nel tipo gentile dai capelli
lunghi e inanellati ricorda, anche del Palmezzano, l'arcangelo Raffaele col piccolo Tobia,
nella Pinacoteca faentina; come anche rammenta la figura leggiadra dello stesso, arcangelo,
del padre di Raffaello — per lungo tempo attribuito a Timoteo Viti — eseguito per la
chiesa di San Francesco di Urbino, oggi nella preziosa Galleria di quell' Istituto di belle

1 Lo asseriscono anche il Crowe e il Cavalcasene nella Storia della pittura.
 
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