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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 1.1895

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Fasc. I-II
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Ridolfi, Enrico: La Pallade di Sandro Botticelli
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https://doi.org/10.11588/diglit.19207#0011

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LA PALLADE DI SANDRO BOTTICELLI

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opera animosamente e sapientemente pacificatrice, che segna il punto più luminoso della
vita di Lorenzo.

E<1 è bene a credere che l'ispirazione di tal dipinto fosse destata nell'immaginoso artista
dalle «randi feste e dall'entusiamo con che nel marzo del 1480 fu accolto Lorenzo nel suo
ritorno da Napoli, così vivamente dipinto dal Poliziano in que' versi latini allora improv-
visati: «I grandi atrii bastano appena all'affollarsi della gente; da ogni parte un salutare,
un acclamare; Lorenzo sta in mezzo ai Signori e agli altri magistrati. Il poeta vorrebbe
avvicinarsi a lui, parlargli, ma bisogna si contenti di vederlo solamente, vederlo così rag-
giante esultante rispondere commosso agli amici, al popolo. Abbiti Lorenzo anche l'omaggio
del tuo Poliziano ».

La riproduzione del quadro che accompagna questo breve cenno ci dispensa dal farne
minuta descrizione. Solo è da dire che le sue qualità lo ripongono fra le maggiori opere
del Botticelli, e lo fanno ritener vicino per l'esecuzione alla nascita di Tenere, col quale
dipinto più specialmente ha molteplici punti di contatto.

Bella e di grande nobiltà è l'attitudine della Pallade, ed elegante ne riesce la persona,
sebbene più nutrita e robusta che non sieno d'ordinario le donne del Botticelli, come quella
cha dee mostrarsi atta a trattare con fortezza le armi, e se si presenta incoronata e cinta
d'olivo, tiene però tuttavia nella mano la poderosa aurata lancia, e afferrato pel crine il
debellato ma pur fiero nemico.

Bellissimo poi il volto, che anch'esso esce dal tipo più comune delle donne bottieellesche,
ed ha un tale carattere di nobiltà e di distinzione, che forse l'artista non raggiunse altra
volta. Di colorito tendente al bruno, con ciglia pronunciate, occhio espressivo, guance rotondeg-
gianti, bocca aggraziata, e ricchissima chioma biondo-oscura che le scende lungo le gote
ed il collo, e cade svolazzante sugli omeri, la sua espressione non è fiera nò irata, ma
piuttosto di una certa melanconica alterezza.

Belle ne sono le mani, sebbene con le giunture alquanto marcate, come è costante
carattere del maestro, e benissimo designati i piedi, racchiusi in alti calzari di cuoio gial-
lastro, che lasciano a nudo le dita.

Addolorato è il volto, al tutto botticelliano, del debellato Centauro, dalla barba abbondante
e dalla folta chioma castanea, dalle membra aduste e abbronzate, che s'innestano a quelle di
robusto cavallo baio, oscuro; dolore espresso oltreché dal corrugar delle folte ciglia e dallo
sguardo torvo rivolto al cielo, anche dall'attitudine della mano manca portata in alto, con
le dita aperte, quasi a manifestazione di crucciosa sorpresa; sentimento che perfettamente
ritrarrebbe quello, onde al dir degli storici fu compreso Sisto IY all'udir della pace fatta dai
fiorentini col Re « lamentandosi (son parole dell'Ammirato) che egli fosse stato uccellato in
questa pratica e che non si fosse tenuto conto di lui ».

Semplice è il fondo, ma benissimo disegnati, e con gran forza e verità dipinti, i nudi
massi di pietra della gran rupe, in che forse si apre la caverna asilo del Centauro; e forse
nella nave che veleggia sulla marina intese l'artista ricordar la galera che da Livorno portò
a Napoli Lorenzo.

Il severo e robusto colorito, e il grande rilievo ottenuto dal Botticelli col chiaroscuro, fa
che le figure assolutamente rotondeggino, e che il quadro produca effetto potente sullo
spettatore.

Nè lascierò di notare in ultimo una particolarità che non è senza interesse; che cioè
il Botticelli ha vestita la Pallade dei tre colori eletti da Lorenzo nell'altra sua impresa
formata con uno degli anelli di Cosimo, nel quale inserì tre penne, colorate in bianco, in
verde ed in rosso, a simboleggiare le tre virtù, fides, spes, charitas, con in basso il motto
semper; impresa continuata dai successori. E noi troviamo nella Pallade il bianco nella
veste, il verde nel panno che fasciandole il fianco le cade sul tergo, il rosso nel nastro che
passando sotto l'ascella le sostiene dietro agli omeri lo scudo.
 
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