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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 1.1895

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Fasc. I-II
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Supino, Igino Benvenuto: Giovanni Pisano
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https://doi.org/10.11588/diglit.19207#0066

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GIOVANNI PISANO

57

E nella base (in pede pulpiti maioris), erano questi altri versi:

CIRCUIT UIC AMNES MUNDI PARTESQUE JOHANNES
PLURIMA TEMPLANDO GRATIS DISCENDA PARANDO
QUEQUE LABORE GRATI NUNC CLAMAT NON BENE CAVI
DUM PLUS MONSTRAYI PLUS HOSTITA DAMNA PROBAYI
CORDE SED IGNAVI PENAM FERO MENTE SUA VI
UT SIBI LIVOREM TOLLAM MITIGEMQUE DOLOREM
ET DECUS IMPLOREM VERSIBUS ADDE ROREM
SE PROBAT IND1GNUM REPROBANS DIADEMATE DIGNUM
SIC IIUNC QUEM REPROBAT SE REPROBANDO PROBAT.

E tutto questo a complemento delle incompiute notizie del Vasari, e che noi abbiam tolto
da un codice dell'archivio Rondoni. 1 E poiché noi abbiam dato così nuova configurazione
all'opera di Giovanni Pisano, togliendo statue che per noi non hanno ne potevano aver nulla
a che fare col monumento, vediamo di dimostrare ancora che noi siamo nel vero, e che così,
proprio come l'abbiam descritto, doveva essere il pulpito della Primaziale di Pisa.

VII.

E prima di tutto ci sarà ben lecito domandarci: se i cronisti come il Sardo o altri ce lo
dicono sostenuto su undici colonne di pietre fini con certi marzocchi d'intaglio di marmo,
che reggono in su le rene parte di dette colonne, è egli possibile, che se, alcune statue aves-
sero fatto da sostegni insieme ai leoni, non ce lo avessero detto? Ora, poiché a noi è parso
sempre poco presumibile che figurine come l'Ercole e il S. Michele avessero potuto sorreggere
un pulpito di quella grandezza, e con queste le due altre statue dal collo secco e sottile, così
anche nel nostro primo studio intorno alle vicende subite da quest'opera d'arte abbiamo ester-
nato timidamente i nostri dubbj. Ma oltre questo, dànno nuovo argomento a dubitare di tale
insieme quell'accozzo di statue mezzo sacre e mezzo profane; quello sfoggio così poco oppor-
tuno di nudo, e il non potersi rendere perfetto conto del concetto avuto dall'artista, nonostante
la ingegnosissima interpretazione dataci dal Rondoni. Bisogna dunque convenire che aveva
ragione il Vasari, se impressionato non favorevolmente al complesso del monumento, deplo-
rava che « tanta spesa, tanta diligenza e tanta fatica, non fusse accompagnata da buon disegno
e non avesse la sua perfezione, nè invenzione, nè grazia, nè maniera che buona fosse, come
avrebbe a'tempi nostri ogni opera che fusse fatta anco con molto minore spesa e fatica ».2
Il Cavalcasene poi scrive « che tutte queste sculture, quantunque facciano parte d'un solo
lavoro, non sono però di egual merito nei riguardi dell'esecuzione. Le più scadenti devonsi
attribuire agli aiuti, come la maniera più larga e più facile che vedesi adoperata nelle altre
deve provenire dalla distanza del tempo, nel quale, a paragone delle prime, esse furono
eseguite, poiché questo pulpito fu incominciato nell'anno 1302 e finito nel 1311 ».3

Ora è bene osservare che Giovanni Pisano scrisse: hoc opus.... sculpsere Joannis arte
manus sole: cioè, le sole mani di Giovanni scolpirono questo lavoro; e che nei registri di
amministrazione i due soli nomi che si trovano fra quelli che lavoravano con Giovanni, sono
Bernardo e Andreuccio. In quanto poi al supporre che l'esecuzione così diversa dipendesse
da distanza di tempo, è assurdo pensare che giunto l'autore a quell'età e a quella pratica,
nel corso di nove anni potesse mostrare tanta differenza tecnica, quanta ne resulta fra le
ligure degli specchi, quelle del sostegno centrale e i leoni d|i una parte, e dall'altra i due
gruppi di statue che han sopra, uno la figura allegorica di Pisa, uno il Cristo.

1 Orlandi, Memorie storiche, c. 7 e 8. 3 Storia della Pittura, voi. II, p. 228-9.

2 Vasari, Ed. Sansoni, voi. I, p. 316.

Archivio Storico dell'Arte, Anno Vili, fase. I-II.

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