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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 1.1895

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Fasc. V
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Supino, Igino Benvenuto: Nino e Tommaso Pisano
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https://doi.org/10.11588/diglit.19207#0363

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354

riguarda il finimento della cappella del Camposanto. A quale si allude.? Due erano le cap-
pelle che nel secolo xiv esistevano in quel monumentale recinto: una dedicata a San Gi-
rolamo e di proprietà della Cura de'Mercanti, l'altra a San Gregorio, fatta costruire da
maestro Ligo Amannati, dottore in medicina. Ora il Grassi scrive che la cappella maggiore,
detta Puteana, intitolata a San Girolamo, come appare dalla iscrizione posta sopra la porta
d'ingresso, fu fatta innalzare dall'arcivescovo di Pisa Carlo Antonio dal Pozzo, di Biella in
Piemonte, nel 1594, sulle fondamenta di altra più antica da Giovanni o da Tommaso Pisano
edificata. Ma sarà bene ricordare che una cappella avrebbe dovuto erigersi sul disegno di
Baccio Politelii e di Francesco di Giovanni da Firenze, detto il Francione (e noi pubbli-
cammo la scritta d'allogazione in questo stesso periodico), alla memoria di Filippo de' Me-
dici, arcivescovo di Pisa. E abbi ani detto avrebbe, perchè veramente noi non siamo in grado
di affermare se la cappella fu per l'accordo intervenuto fra questi due artisti effettivamente
costruita. Il Totti nel suo dialogo manoscritto sul Camposanto ci dice, che dove ora è quella
Dal Pozzo avrebbe dovuto costruirsi la cappella sul disegno che fece fare l'arcivescovo
de' Medici, ma che attesa la morte di lui restò sospeso il lavoro. Ora per il contratto pub-
blicato può con sicurezza affermarsi che la cappella, « la quale lassò la benedetta memoria
di messer Filippo de' Medici », si doveva fare in Camposanto dai due sopracitati artefici, e
se non si fece non fu già per la morte dell'arcivescovo, che al momento dell'accordo fra il
Francione e il Pontelli non era più in vita.1

Cosicché noi crediamo che se proprio Tommaso finì una cappella in Camposanto, come
dice il Vasari, non possa trattarsi di quella di San Gregorio, fatta costruire dal medico Ligo
Amannati, la cui sepoltura, come abbiam visto, fu lavorata da Cellino di Nese, ma bensì
dell'altra dei Mercanti dedicata a San Girolamo, per la quale nel 1352 i Consoli della Curia
deliberarono il restauro, et ibi... depingere S. Hieronimum in deserto. 2

Ma veniamo all'opera certa di lui perchè segnata del suo nome, vogliam dire l'altare di
San Francesco ora al Camposanto, in cui si legge, nella parte del centro, -alla base: Tomaso
figliuolo [di mae]stro andrea f[ece qu]esto lavoro et fu pisano.

Nel centro del tabernacolo è rappresentata la Tergine col Figlio, fra due angeli in basso,
diritti in piedi, con le mani al seno congiunte, e due in alto che sollevano sul capo di lei
una cortina. Ai lati, entro sei nicchie cuspidali, sono altrettanti santi, tre per parte; a destra
di chi guarda: San Pietro, San Lorenzo e San Francesco; a sinistra: San Giovanni Battista,
Sant'Andrea e Sant'Antonio. Nel gradino, diviso in sette scompartimenti, sono rappresen-
tate: l'Annunziazione, la Nascita, Cristo fra i dottori, Cristo uscente dal sepolcro, il Batte-
simo, la Resurrezione e la Disputa. Nel centro di ogni cuspide è un profeta con un rotolo
nelle mani; in quella di mezzo, Dio Padre. Il lavoro serba ancora le traccie della coloritura:
il fondo delle nicchie ha un mandorlato giallo con sovrapposizioni di fiorami azzurri; le figure
lian resti di colorazione bruna e cerulea; e certo per questa lustra di decorazione policroma
dovevan meno apparire i difetti più gravi e sostanziali, che il tempo ha contribuito a mo-
strarci nella sua crudezza.

Il lavoro ci appalesa chiaramente che l'autore era un orefice, avvezzo a maneggiare una
materia diversa dal marmo; e tutto colorito com'era originariamente doveva apparire me-
tallico nei riflessi azzurri e gialli, quasi fosse di smalto, e produrre meno sgradevole effetto
di quel che oggi non faccia.

Scrivono infatti i signori Cavalcasene e Crowe, che le figure lunghe e magre hanno
un tipo non piacevole, i movimenti sono esagerati, sbagliato il partito del panneggiamento,
brutte le giunture e le estremità. Se non si vedesse scolpito sotto il nome dell'autore, a nes-
suno verrebbe in mente di attribuire questo cattivo lavoro a Tommaso, fratello di Nino, ma

1 Vedi Archivio storico dell' Arte, anno VI, fase. III. di Pisa.

I maestri d'intaglio e di tarsia in legno nella Primaziale 2 Da Morrona, Pisa illustrata, voi. II, pag. 230.
 
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