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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 1.1895

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Fasc. V
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Supino, Igino Benvenuto: Nino e Tommaso Pisano
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https://doi.org/10.11588/diglit.19207#0369

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IGINO BENVENUTO SUPINO

grandioso mausoleo con gli stemmi dei Gherardesca. Difficile troppo riescirebbe una ricom-
posizione del monumento per invogliare a tentarne la prova; ma lo studio delle sculture e
la loro tecnica esecuzione ci dimostrano in modo evidente che a tutti potrebbero assegnarsi
fuori che a Tommaso, appunto per la comparazione che possiam fare coll'altare da lui lascia-
toci col suo nome. Noi dunque non riscontriamo per nulla la maniera sua in quest'opera,
la quale piuttosto ci fa ricordare le figure del tabernacolo sulla porta principale del Campo-
santo, e che noi non potendo attribuire a Giovanni Pisano abbiamo assegnato a uno dei tanti
capomaestri della Primaziale, alcuni dei quali abbiam visti non spregevoli scultori.

Ma poiché ci è assolutamente sconosciuto il nome dell'artista che lavorò la sepoltura
dei Glierardesca, non possiamo, e ce ne duole, che limitarci a confermare il già detto, senza
poter arrecare nuova luce sull'argomento. Così il monumento esistente nella chiesa di Santa
Caterina, e dedicato alla memoria di Gherardo di Bartolomeo di Simone di Compagno, si
attribuisce dagli storici pisani alla scuola di Nino « per la buona maniera degl'intagli, e per
la mezza figura del Nazzareno », scrive il Grassi, « in bassorilievo lodevolmente scolpita ».
L'arca sepolcrale ci pare invece non fine lavoro dei primi del secolo xv, e infatti sappiamo
che Gherardo di Bartolomeo di Simone di Compagno era sempre in vita nel. 1406.

YIII.

In una delle cappelle del Camposanto, stando a quanto scrivono i signori Cavalcasene
e Crowe, si dovrebbe vedere distinta in due monumenti la maniera diversa di Nino e di
Tommaso;1 ma, poiché essi non dicono in quale delle due cappelle questa comparazione sia
possibile, sarà bene dichiarar subito che nò in quella Amannati nò nell'altra Aulla esistono
sculture che possano attribuirsi ai due maestri pisani.

Nella prima abbiamo già, studiandone il carattere, assegnato a Cellino di Nese il mo-
numento dell'Amannati, e nella cappella Aulla, addossati alle pareti laterali, sono due sarco-
faghi tolti dal Duomo e qui trasportati in occasione degli ultimi restauri. A sinistra di chi
entra v'è il monumento del cardinale Francesco Moricòtti, arcivescovo di Pisa, morto nel 1394;
a destra, il sepolcro dell'arcivescovo Giovanni Francesco Scherlatti, morto nel 1363; e perchè
questo, pur essendo ordinaria scultura, non può per nulla credersi di Tommaso, tanto meno
si potrà attribuire l'altro, migliore, a Nino, che nel 1368 era già morto.

Eppure, a tanta distanza di tempo, questi due lavori hanno fra loro notevoli caratteri
di somiglianza. Sì nell'uno che nell'altro è rappresentata l'effigie del prelato morto, disteso
sulla cassa, e sulla fronte del sarcofago, in entrambi i due monumenti, sta nel centro scol-
pita la mezza figura del Cristo, e ai lati, in quello Moricotti, la Tergine e San Giovanni
Evangelista, nell'altro un santo martire e San Torpè, e dietro a tutte queste figure sono due
angeli volanti con le mani congiunte al seno. Ma i notevoli caratteri di somiglianza si tro-
vano soltanto fra le varie figure degli angeli, perchè, mentre la mezza figura del Redentore
uscente dal sepolcro nel monumento Moricotti è modellata con un certo pentimento, l'altra
è di fattura gretta e convenzionale. Non occupandoci di quest'ultimo lavoro, per lo scarso suo
pregio, sebbene abbia evidenti i caratteri della decadente Scuola pisana, a chi potremmo
assegnare l'altro, degno invero della mano di non volgare artista? E tanto più ci duole che
la nostra domanda debba rimanere senza sicura risposta, perchè allo stesso artefice noi incli-
neremmo ad attribuire la figura di Cristo crocifisso scolpita in marmo, un tempo sulla porta
del Camposanto, oggi ad un altare della chiesa di San Michele in Borgo.

1 Storia della pittura, voi. II, pag. 16.
 
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