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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 1.1895

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Fasc. VI
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https://doi.org/10.11588/diglit.19207#0477
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RECENSIONI

un libro moderno da consultarsi tranquillamente
e con profitto.

A. Venturi.

IT. Grisar. Di un preteso tesoro cristiano dei primi secoli.

(Il 7 1esoro sacro del cav. Giancarlo Rossi in Roma).
Studio archeologico. Roma, Spithover, 1895, in-4, di
38 pagine, con 2 tavole in fototipia e diverse incisioni
nel testo.

È il famoso tesoro di sacre suppellettili d'oro
e d'argento posseduto in Roma dal cav. Giancarlo
Rossi e noto ai cultori dell'archeologia precisa-
mente dalla splendida pubblicazione riproducente
su XXV tavole fototipiche tutti i pezzi di esso
(Roma, Pallotta, 1890, 2a edizione), sulla cui auten-
ticità l'erudito autore del presente scritto, ben noto
a chiunque si occupi di questioni dell'arte dei primi
secoli cristiani, si è accinto di trattare più di pro-
posito che non si abbia fatto finora. Il tesoro oggi
generalmente si pone fra i secoli vii e ìx, facen-
dolo opera dell'arte italiana affatto decaduta, e a
buon diritto si ritiene un vero unicum, essendo il
simbolismo usato in esso assolutamente senza esem-
pio, giacche non trova alcun riscontro sui monu-
menti di tutta l'arte cristiana, e che, di più, l'uso
sovrabbondante che se ne fa male si accorda con
la sobrietà in fatto di simbolismo propria a quel
tempo cui il tesoro potrebbe assegnarsi per le sue
forme artistiche e per la sua tecnica, anzi rievoca
gli obliati simboli delle catacombe.

11 nostro autore, avendo esaminato a fondo la
questione dell'autenticità del tesoro in discorso,
viene alla conclusione che tanto la storia del suo
trovamento e delle prime sue vicende, quanto il suo
carattere intrinseco, offrono sicuri indizi di falsifica-
zione, e che la sua origine non risale al di là del
milleottocentottanta.

Riguardo allo scoprimento di esso si sa soltanto
che nel 1880 un contadino, il cui nome è rimasto
sempre ignoto, rinvenne in qualche luogo, rimasto
pure indeterminato, delle Marche, la tomba di un
vescovo, in cui accanto al cadavere, che al contatto
dell'aria si risolvette in polvere, erano collocati
libri e oggetti di oro ed argento. I libri, toltone
le ricche coperture, furono venduti ad un france-
scano, rimasto similmente nell'ombra; gli oggetti
offerti per mezzo dell'orefice romano P. Quarantini
ai compratori, e cioè prima quattro pezzi meno im-
portanti acquistati dal conte Stroganoff; in seguito
a lunghi intervalli ed in luoghi diversi uno dopo
l'altro i pezzi più preziosi sfoggiati del simbolismo

inusitato, delle singolarità più strane, e comprati
a prezzi enormi dall'amatore d'antichità Giancarlo
Rossi, che li possiede tuttora. Ora, desta già so-
spetto questo procedere cauto, in cui ben si scorge
come la riescita vendita dei primi pezzi accrebbe
animo a'falsari, i quali finirono per credere di poter
passare ogni limite nel pretendere fede dai compra-
tori e dai dotti. Desta poi più sospetto, perchè il
mistero in cui appare avvolta la persona dello scopri-
tore, e il luogo del ritrovamento non poterono essere
svelati, imperocché non esiste nessuna ragione per
cui il contadino avesse da temere di essere co-
nosciuto, senonchè forse perchè egli si prestava
come intermediario a vendere oggetti falsificati. E
desta ancora maggior sospetto, che dei libri rin-
venuti, d'inestimabile pregio vista l'epoca della loro
origine, nessun mortale ha potuto mai sapere dove
essi si trovino; che degli abiti tessuti d'oro e d'ar-
gento del vescovo mai è venuto alla luce il menomo
avanzo, benché dai fili d'oro e d'argento lo scopri-
tore avesse potuto trarre non piccolo guadagno;
che nemmeno del sarcofago, notevole per le sue
sculture o almeno per l'iscrizione, giacché racchiu-
deva la salma di così doviziosa persona, si è con-
servato qualche frammento che avrebbe potuto ser-
vire allo scopritore da legittimazione, e spargere
qualche luce sulla tomba. Finalmente si aggiunga
che manca sugli oggetti del tesoro ogni iscrizione,
ogni nome de'santi rappresentativi; di guisa che
| naturalmente si è indotti a pensare che a bello
studio si evitò ogni qualsiasi scrittura come quella
che di leggieri avrebbe potuto fornire qualche ar-
gomento storico o paleografico contro la presunta
età del tesoro. E come spiegare il fatto unico nella
storia di simili scoperte, che ricchezze senza para-
gone fra i tesori cristiani fin qui ritrovati, che una
tale quantità di preziosissimi utensili ed ornamenti
de' quali non si arriva a comprendere come una
chiesa cattedrale potesse privarsi, giacché occorrono
tutto l'anno pel servizio del culto, fu rinvenuta in
un tale sepolcro, esistente neppure in un' antica
chiesa o nelle sue vicinanze, bensì isolato in un
campo ?

Svolgendo l'autore nella seconda parte della sua
memoria le ragioni intrinseche contro l'autenticità
ammette che i diversi pezzi del nostro tesoro pre-
sentano un carattere così conforme al periodo delle
produzioni longobardiche del secolo in circa ottavo,
che a prima vista essi si direbbero usciti tutti da
una stessa mano di quell'epoca. Sono per lo più
lavori eseguiti a rilievo in lamina d'oro e d'argento,
 
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