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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 1.1895

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Fasc. VI
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.19207#0484

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475

circoscrive l'origine dell'opera in discorso fra gli
anni 1458 e 1464. Che essa fosse dipinta sul mo-
dello di qualche composizione in disegno o intaglio
in legno bisognerebbe inferire dal costume invalso
generalmente per questo genere di lavori fin dalla
loro origine, se non si avesse perciò anche la prova
immediata nell'esistere nello stesso Museo una ter-
racotta di origine tedesca mostrante in bassorilievo
la medesima rappresentazione, salvo modificazioni
irrilevanti dettate dal materiale e dal lavoro tecnico
diverso, come anche dalla misura più piccola Che
il soggetto raffigurato fu favorito dall'arte del
Quattrocento oltr'Alpi, ne fanno testimonianza al-
cune tavole, fra cui basta ricordare il quadretto
della Galleria Colonna a Roma, e molti intagli in
rame e in legno enumerati dal Falke, tutti però
già del secolo xvr, al cui principio appartiene an-
che l'unica opera di questo soggetto, se si eccettui
la nostra maiolica, di origine italiana, vuol dire
l'intaglio in legno colla leggenda: «Li septe dolori
che ebbe la vergine Maria». Fra tutte queste opere
un intaglio in legno tedesco dell'anno 1508 nel
Museo di Gotha sarebbe l'unica da metter in re-
lazione più stretta col modello adoperato per la
nostra maiolica e per la terracotta del Museo di
Berlino. Senonchè, portando esso invece dell'arme
di Pioli quella di Giulio II, chiaramente accenna
all'essere anch'olla la copia o riproduzione di un'o-
pera simile anteriore che finora si sottrae alle nostre
indagini. Le particolarità tecniche e stilistiche della
nostra pittura in maiolica si concordano pienamente
colla data assegnatale dall'arme papale: in quanto
al luogo dove ebbe origine, non ci si presta alcun
indizio per poter determinarlo, benché si sappia
che a quell'epoca fu Faenza che tenne il primato
nel campo della ceramica.

Il prof. C. Justi nell'articolo dal titolo: Tizian
und Alfons von Este studiando l'iconografìa di Al-
fonso I e di Ercole II d'Este giunge alla dimo-
strazione che il ritratto del Museo di Madrid, nel
catalogo registrato come quello di Alfonso I, è piut-
tosto il ritratto di Ercole II, che il Vasari, VI, 475,
narra essere stato eseguito da Tiziano, e che i
recentissimi biografi di questo, i signori Crowe e
Cavalcasene, supposero perduto. (La dimostrazione
rigorosa ha ricevuto conferma dalla comunicazione
fatta dal Muntz alla Società degli antiquari di
Francia 1'8 novembre 1893). Inquanto al ritratto
di Alfonso I, opera di Tiziano, regalata dal duca
nel 1583 a Carlo V, e da lui asportata seco in
Spagna, gli inventari delle reggie imperiali non

ne fanno menzione, se per avventura il ritratto di
« un duca di Urbino con una mano sopra un pezzo
di artiglieria di Tiziano », che nel 1636 e 1686 si
registra fra le pitture nel palazzo reale di Madrid,
non fosse stato piuttosto il ritratto in questione
di Alfonso. Imperocché non si sa che Tiziano abbia
dipinto un duca di Urbino o qualche altra persona
coli' attributo poco usitato di un cannone, eccet-
tuato Alfonso I che il Vasari, VII, 435, ci racconta
essere da lui stato ritratto proprio « con un braccio
sopra un gran pezzo d' artiglieria ». Infatti cosi
ce lo fa vedere anche il ritratto della Galleria di
.Modena attribuito a Dosso Dossi, in cui già il Ven-
turi (La R. Galleria Estense in Modena, 1883, pa-
gina 29) sospettò una riproduzione del quadro di
Tiziano regalato all'imperatore. E pare che il pit-
tore abbia in simile modo effigiato il duca Alfonso
anche nel secondo ritratto che fece di lui, per com-
pensare la perdita del primo, e che non fu termi-
nato se non nel 1537 dopo la morte di Alfonso.
Almeno così egli ci si presenta nella copia di questo
secondo ritratto ora smarrito anch'esso, copia fatta
da un pittore ferrarese che o fu presentata dal
cardinale Ippolito II d'Este al granduca Cosimo I
nel 1563, o nel 1650 sotto il duca Francesco di
Modena pervenne nel possesso di Ferdinando II in
ricambio di una Santa Caterina di Lionardo, e che
oggi si conserva nel palazzo Pitti (n. 311). Pos-
sano le ricerche aver la fortuna di ritrovare anche
<rli originali dei due ritratti di Alfonso 1! Iti un

O o

secondo studio, intitolato: I)as Tizianbildniss der
k. Gallerie zu Cassel (Un ritratto di Tiziano nella
R. Galleria di Cassel), lo stesso autore si accinge
ad identificare la persona rappresentata in un
quadro firmato del Tiziano, l'unico che del maestro
si conservi in quella Galleria. Finora si credeva
esserla il marchese Alfonso d'Avalos, uno dei ge-
nerali di Carlo V. Ora il Justi, giovandosi dall'una
parte delle notizie somministrategli dalla storia di
quei tempi, e principalmente anche di quelle che
si trovano nelle lettere di Pietro Aretino, dall'altra
dei ragguagli ch'egli potè rintracciar sulla storia
del nostro quadro prima che esso sulla metà del
secolo scorso pervenisse alla Galleria di Cassel, lo
rende probabile che nel ritratto in discorso, raffi-
gurante una giovane persona d'uomo di distinzione
in tutta figura vestita con sfarzo, con una lancia
nella mano, ed ai suoi piedi un cane da caccia dal-
l'una e un amorino dall'altra banda, si abbia di
ravvisare G. Fr. Acquavi va, duca d'Atri, che nel
1552 con altri fuorusciti napoletani soggiornò a
 
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