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.3 G S S A G G I O 5 O P R A

yorrebbe mai, quand’ anche il potesse îe-
yando dal mondo la divinità (1), levare al
popolo i più forti stimoii di porgere ajuto
a chi più ne abbisogna, e insieme levare
il rimorso di cjuelie tristizie , alle cruali è
impossibile di sar per légge alcun riparo ;
ben conoscendo cbe eii ordini della reli-
gione sono il vincolo e il supplimento de-
gli altri ordini delio stato (2) . JNmno tra
i Greci andò forse colle alx deiia ragione
più là che s’abbia -fatto Platone : e a tut-
ti puô essere manifesto , che in niun fllo-
sofo deH’antichità si scontrano luoghi co-
tanto frecjüenti da edihcare altrui, quanto
nelle opere di quel sovrano maestro (3). E
pare veramente, ch’egli sosse penetrato all’
onestà e utilità di tale suo modo di pen-

sare ;

(1) Hœc Carneades agebak , non ut deos
tolleret. Qjiid enim pldlosopho minus con-
'veniens ?

Cic. cle nat. Deor. lib. III. c. 17.

(2) Coagulum populorum .

C'3) ijlhQv pdv yzp àpiTÎis , gn^às tipùs 7vftì
ijr.uùn Tns evcrtsi&ccs âvai t$ Ìjvvtù yiva . etc.

In Epinomide prope fin.
 
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