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Antolini, Giovanni Antonio
Il Tempio di Ercole in Cori — Mailand, 1828

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https://doi.org/10.11588/diglit.4947#0006
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NELLA CITTA DI CORI 3

ben disposte, e fanno un ottimo effetto alla vista. Se all'opposto queste ultime si
confrontano coi caratteri che sono nelle pubbliche e private iscrizioni dei monu-
menti antichi de' tempi dell'impero, note ad ognuno, come sarebbero quelli del-
l'iscrizione dell'acqua Giulia che si osserva sulla porla di S. Lorenzo; quelli del-
l'arco di Tito, del tempio di Antonino e Faustina, dell'arco di Settimio Severo,
di quello di Costantino Magno, ed anche quelli del tempio della Concordia; si
vedrà che per la loro forma generale sono piuttosto a questi che a quelli somi-
glianti. Osservo in secondo luogo, che Vitruvio (J) racconta che i Greci fissarono
all'altezza della colonna dorica sei diametri dell'imoscapo; e che i posteri avan-
zando nel buon gusto, e piacendo le proporzioni più gentili, diedero alla colonna
dorica sette diametri di altezza; ed a quest'ultima proporzione anche egli la sta-
bilisce. La colonna del Tempio di Cori è di otto diametri, compresa base e
capitello; onde è da credersi che sia piuttosto posteriore che anteriore al di lui
tempo. Infatti egli quando stabilisce le proporzioni all'ordine dorico, parla di altri
monumenti della Grecia molto più distanti da Roma, e di questo non ne fa men-
zione alcuna, sebbene solo 55 miglia fosse lontano, c la sua bellezza meritasse di
essere considerata.

Riguardo al Nume cui era dedicato, pretendono alcuni fosse il Sole, argomen-
tandolo da un'ara antica ritrovata in quelle vicinanze, e che presentemente serve
di base al fonte battesimale della contigua chiesa di S. Pietro : altri vorrebbono
piuttosto attribuirlo ad Ercole; e per sostenere questa opinione, può ben riflettersi
che siccome il nominato prostilio è di maniera dorica, e siccome il carattere di
questa è di essere la più solida, la più semplice delle sole tre originali greche che
abbiamo, sembra probabile che perciò il Tempio fosse dedicato ad Ercole, deità,
come a tutti è noto, creduta il tipo della fortezza e dell'eroismo (2). Checché per
altro ne sia, non è a nostro proposito, bastandoci il sapere che tra i Volsci ebbe
culto anche questa deità, di che siamo certi per testimonianza di Tito Livio (3), il
quale ricorda capillum enatwn nel tempio di Ercole che era in Velletri, città
non solo Volsca, ina che dei Volsci in alcun tempo fu anche la capitale.

Or veniamo al proposito, che è di fare del suddetto pronao un'analisi, la quale
rechi profitto agli studiosi; e mi farò a dimostrare la singolarità di questo edilizio,

(i) Lib. IV, cap. i.

(a) A questo line abbiamo ornato il frontispizio del di-
segno di una medaglia di bronzo, presa dalla serie delle
tante medaglie greebe di città, clie si conservava nella pre-
ziosa collezione di antichi monumenti del Museo Borgiano
a Velletri. La medaglia è tra prima e seconda grandezza,
c ha da una parte la testa di Ercole giovine coronala di
lauro colle lettere TTPOT MHTPOI10A2QC ( Tyri Me-
tropoleos): dall'altra parte rappresenta un tempio di otto
colonne collocato sopra tre gradini, ed ornato nel fronti-
spizio di una stella: la leggenda è KOINON $OINIKHC
AK.TIA [Communìtas Phoeniciac, Certamina Actìa). Ercole
presso i Fenicii, come presso i Greci che gl'imitarono, si
trova talora senza i consueti segui della clava e delle spo-
glie del leone: uè mancano altri antichi monumenti che lo

rappresentano giovine. Si sa che Ercole era tenuto e ado-
rato solennemente dai Fenicii come nume marino, cioè
quello che loro aveva insegnata l'arte di navigare; e così
in tutte le colonie di origine Fenicia, come Cartagine,
Caddi, Tarso, ce. Strabone descrivendo la statua di Er-
cole collocata nel celebre suo tempio di Tiro, dice che
rappresentava un marinaro calvo ed abbronzito dal sole,
senza clava c senza le spoglie. In una moneta Fenicia
presso Vaillaut (Histor. Ree. Syriae, pag. 33a ) si vede
Ercole col capo turrito, con lunga veste da un cingolo ai
fianchi stretta e sostenuta, velato, e col tridente in mano5
ma in questa medaglia Ercole è anco barbato, e non già
giovine, come in quella del Museo Borgiano, della quale
sia detto abbastanza.

(3) Lib. XXXII, cap. j.
 
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