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Antolini, Giovanni Antonio
Il Tempio di Ercole in Cori — Mailand, 1828

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https://doi.org/10.11588/diglit.4947#0011
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8 DEL TEMPIO DI ERCOLE

effetto. Questo vantaggio per altro, che ha la misura della cornice, non è stato a
caso eseguito; anzi sembrami con tutto l'ordine e con ogni ragione. Che sia cosi,

10 rilevo dal diverso aspetto che hanno le altre parti della trabeazione e la cor-
nice. Quelle vedute perpendicolarmente rimangono quasi sopra la superficie dalla
parte esterna; questa al contrario sensibilmente si distingue, perchè molto risalta
fuori del vivo; e sebbene geometricamente abbia un'altezza quasi simile a quella
del fregio, ha nondimeno una diversa apparenza, e mostra averne di più. Que-
st'uguaglianza di misura, unita alla diversità dell'aspetto, mostra che neh"eseguire
le misure delle cornici, una delle cautele che dovrebbero adoprarsi, sarebbe quella
di aver sempre in vista il luogo da cui possano essere osservate, non men di
quello sopra cui poggiano ( e quanti sbagli non si commettono mai rispetto a
ciò?)<*). Che sia vero, eccone la ragione ricavata dalla teoria della luce, che non
ammette alcun dubbio.

Insegna l'ottica, quella scienza cioè la quale sviluppa il meccanismo della vi-
sione, che la grandezza apparente dell'oggetto deve misurarsi dall'angolo ottico
sotto del quale è veduto, per maniera che apparisce maggiore quello o minore,
secondo è maggiore o minore l'angolo. Veggansene le dimostrazioni presso l'abate
della Caille, il eh. P. Jacquier nell'opera che ha per titolo Elementa prospeetwae,

11 Galli nella sua opera di Prospettiva teorico-pratica, e presso tutti gli altri ma-
tematici e prospettici. Io ne farò la dimostrazione applicabile alla prop. teor. av-
vert. 5, Tav. II, fig. 5, del Galli.

Data la trabeazione T da vedersi al punto F; fitto per la costruzione l'angolo
G F H = a H F I per vedere tutta la cornice, l'angolo che si forma nella no-
stra pupilla su quell'oggetto, non deriva soltanto dalla di lui altezza perpendico-
lare II I, ma sibbene da questa unita alla sua proiezione I K orizzontale, che.
essendo eguale alla stessa altezza H I, viene perciò a formare l'angolo K F H
maggiore il doppio dell'angolo H F I; ma siccome per la costruzione è l'an-
golo G F II = a II F I, così la cornice veduta sotto l'angolo H F R apparirà
maggiore il doppio di quello che realmente sia, e precisamente due volte mag-
giore dell' architrave.

Questa dimostrazione applicata al caso nostro ne fa vedere ciò che insegna
l'autore dell'edifizio di cui parliamo, cioè quanto sia necessario all'architetto l'uso
della prospettiva per evitare gli sbagli che possono commettersi, allorché dopo
averla ideata si eseguisce un'opera qualunque.

Seguiamo intanto dopo una tal digressione la descrizione del pronao, del quale
resta ancora ad esaminarsi il frontispizio. Questo con la sua comparsa triangolare
di tetto (sola significazione de' frontispizi) ci conduce a vedere compitamente la
possibile perfezione dell'opera. Le misure sino alla trabeazione finita sono di

(*) Anche il Vignola, grand'architetto e prospettivo, ne
commise uno nel cornicione del famoso palazzo dei Duchi
Farnesi in Piacenza, il (juale è riuscito piccolo rispetto alla

mole ed altezza di quell'edificio, ed all'ampia piazza da
cui si osserva.
 
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