Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Archivio storico dell'arte — 2.1889

DOI Heft:
Fasc. V-VI
DOI Artikel:
Fumi, Luigi: La facciata del duomo d'Orvieto, [1]
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0222

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
180

LUIGI FUMI

sione dalla Repubblica nel 1295 per il capitano di Castelfranco.1 Nel 1302 sposò una madonna Nicco-
lina che gli die figliuoli noti a noi nelle persone di Antonio Vanne, Cecco e Vitale. Quando egli si
recasse per la prima volta in Orvieto non si conosce. Certo ò che vi metteva stabile dimora nell'anno
t : ; I ( > per sostenere il carico di capomastro di tutti i lavori dell'Opera del duomo. Prima di quel tempo
egli vi andò, richiesto dal comune molte volle, pei' [torre riparo alla fabbrica, la quale minacciava
rovina. Si apprende dal documento del 13102 che innanzi a quest'anno il Maitani ebbe rivolte le
cure a rafforzare la chiesa, e che per questo gettò archi e speroni. Sono quelli a rinfianco dell'abside
e della tribuna, resi utili dappoi per innalzarvi di sopra le due cappelle, quella del Corporale e
la Nuova. Consolidala con tali rinfranchi, vi lece il Ielle e le decorazioni; :ì quindi disegnò la forma
e la figura della l'acciaia che era ancora da farsi, e a tulli gli altri lavori e ornamenti pose l'in-
gegno, esercitandone di continuo la valentia. Della quale soddisfece per modo, che si mostrava in
cospetto del popolo orvietano l'opera bella con orgoglio cittadino e il merito dell'artefice segna-
latasi pubblicamente, come quello che era tulio intento a farla sollecitare e a moderarne la spesa :
e tanto s'infervorava da proporsi di trapiantare la famiglia in Orvieto e fondarvisi per lutto il
tempo avvenire. L'ufHcio della fabbrica ottenevagli dal consiglio dei consoli ai 16 settembre di
quell'anno un decreto a soddisfarne la perizia e virtù, e a vantaggiare al tempo stesso e fabbrica
e com'ine. Eletto capomastro generale, allo stipendio che aveva, quando fu levalo di Siena, di Ire
t irnesi al giorno, fu aggiunta la provvisione di dodici fiorini d'oro all'anno e la gratificazione di tre
fiorini più ad ogni nuovo camarlingo del duomo che si succedeva di sei mesi in sei mesi.

Correvano allora tempi di ferro e di fazioni. Il porto d'armi era proibito rigorosamente dap-
pertutto per togliere o almeno per diminuire lo occasioni a rompere in sangue. Il Maitani fu pri-
vilegiato a cinger armi senza pena, così per la città come per i borghi, in ogni ora e tempo. Diverso
trattamento toccavano i forestieri dai cittadini, leggi differenti regolando non pure gli alti degli uni
e degli ali li, ma gli atti dei cittadini rapporto a quelli. Per il Maitani si derogava, ordinandosi che
le ollese fatte a lui nella persona e nella roba raggiungessero quel maggior grado di pena che colpiva
l'offensore del « civis » di fronte all'offensore del « forensi» » a forma del Costituto in diritto penale.
Egli avrà desiderato avere mano libera nei lavori e non sapersi obbligato a chiedere ad ogni poco
aiuti e sussidii di persone: ebbe però arbitrio intero di tenere quanti scolari volesse, alti a dise-
gnare a lavorare di ligure e incidere marmi perla facciata. Oli offrirono anche la cittadinanza : ed
egli per ricevere quest'onore non volle venir meno all'obbligo del costituto orvietano, per il quale
s'imponeva al nuovo cittadino un acquisto di stabili in eillà per un determinato valore. Sicché fu
donato della civilità orvietana e francato da ogni gravezza e da pubblici servizi si reali che per-
sonali, e non per dieci anni solamente, come si accordava per il solito, ma per lo spazio di quin-
dici anni e per altri quindici dappoi.4

Di siffatto onore, che era il massimo nei nostri liberi comuni, gli orvietani insignirono maestro
Lorenzo, prendendone esempio dai senesi, i quali nel 1284 per ricompensare i servigi che al duomo
di Siena recava Giovanni pisano, lo fregiarono della cittadinanza, esonerandolo da imposte e gra-
vami, al modo stesso che Roma esonerò il grande Arnolfo, e Firenze Arnolfo e poi Giotto, e come
più lardi fece Venezia per il Tiziano e per il Sansovino.

Studiando i documenti dell'Opera si conosce ohe tutta la cura del senese era rivolta alla fac-
ciala. Alla Montagnola e a Montespecchio di Siena mandò a cavare i marmi neri, da Carrara
fece venire i bianchi: gli ordinò anche a Montepisi, a San Gemini, a Roma, ad Albano. Fece
segare gli alabastri a Sant'Antimo presso Montalcino. Squadre di artefici teneva non pure a Siena,
ma a Corneto, ad Amelia, Albano e Roma ; a Roma sopratutto, donde i marmi lavorati venivano
per la via del Tevere fino a Orte e da Orte arrivavano con carri tirati da bufali. A capo della

' « !tem (1295, luglio 18) xu lib, die dieta magistro
Matano prò pensione unius domus quam habet in Pa-
ganico, in qua moratur dominila Bernardus Capitaaeus
in Castro Franco prò pensione sex mensium vid. a kal.
junii usquo ad kal. januarii por apodixam Novom » (R.
Arch. di Stato in Siena, Biccherna ad an. e. 83).

2 Milanesi, op. cit. I, doc. 25, p. 172 e Lira, Il duomo
d'Orvieto, Firenze, Le Monnier, 1866, doc. I, p. 328.

3 Nella campata sesta del tetto a contare dalla porta
si legge : « MOCCXXVII. Mastro Lorenzi! fece fare que-
sti quatro chavalli do legnio. »

* Vedi Luzr, op. cit, docum. X, p. 345,
 
Annotationen