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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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Fasc. V-VI
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Barnabei, Felice: Degli oggetti d'arte antica nell' esposizione di ceramica in Roma
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https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0273

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DEGLI OGGETTI D'ARTE ANTICA NEL!/ ESPOSIZIONE DI CERAMICA IN ROMA

237

Spettano i primi onori alle due vetrine esposte dal municipio di Roma. Se tutt'altro fosse man-
cato, si potevano quivi riassumere i capitoli principali della più antica storia della ceramica, e con
esempi di produzioni rarissime, che indarno si cercherebbero altrove.

Gli oggetti esposti provengono dai sepolcreti della città. Alcuni, rimessi a luce fuor delle tombe
vetustissime dell'Esquilino, rimontano al tempo che precedette la costruzione del recinto serviano,
e ci riportano ai periodi più remoti della storia della penisola. Non accennerò alle gravi ed intricate
questioni etnografiche dibattute ai nostri giorni e non risolute ancora. Quei rozzi vasi, coevi se
non anteriori alla Roma quadrata del Palatino, fatti di impasto grossolano, con mescolanza di
tritume vulcanico, segnano uno dei più rudimentali periodi .dell'industria; privi di qualunque rilievo

0 graffito che accenni a tentativi di ornamentazione, e cotti malamente a fuoco libero. Altri che
por la loro forma ricordano l'ossuario tipico di Villanova, ed hanno graffiti assai più rozzi degli
ossuarii del tipo simile scoperti nel sepolcreto vetustissimo delle Arcatelle nella necropoli tarqui-
niese, si trovarono unitamente a tazze con ansa cornuta, che ricordano l'utensile assai comune
nel periodo denominato delle terremare, ed unitamente a piccoli crateri ad anse ritorte,

1 quali, se si eccettua la loro rozzezza maggiore, in nulla si distinguono dai crateri simili di una
tomba arcaica di Gabii nel centro del vecchio Lazio, e da quelli delle tombe a fossa di Nepi e di
Pàlerii nell'Etruria suburbicaria. Il numero 4302 del catalogo comprendeva il « tipo degli oggetti
provenienti dalle 49 arche funebri dissotterrate nella nuova via dello Statuto » ; ed è molto a do-
lere che di sole tre di tali arche il catalogo abbia dato qualche scarsa notizia. Mancarono così gli
elementi necessari! per poter apprezzare in tutto il suo valore un gruppo di liti ili, compresi a
quanto pare sotto il medesimo numero, e importantissimi pel soggetto nostro. Sono rozzi come
gli altri, e certo non posteriori al vii secolo avanti l'èra nostra; e pare provengano da una
tomba che diede pure gli oggetti di ornamento personale che insieme a questi vasi erano esposti.
Consistono i detti ornamenti in globetti di pasta vitrea, in pezzetti d'ambra riquadrati, in globetti
di vetro e cose simili che sono del lutto eguali agli ornamenti personali trovati nelle tombe a
[tozzo della necropoli falisca, insieme ad utensili come quelli di cui qui trattiamo.

Ma il gruppo dei fittili romani ha il merito singolare di presentarci in mezzo a stoviglie di
rozzo impasto, (atte a mano, e cotte a fuoco libero, un vaso del tipo Villanova, cotto quasi per-
fettamente, il che ci porterebbe a riconoscere l'uso della fornace assai più anticamente di quello
che in generale si possa credere.

Se scrivessi queste note per far pompa di erudizione, molto sarebbe qui a ripetere di quanto
anche recentemente fu edito intorno all'arte ceramica primitiva. Ma preferisco riassumere breve-
mente ciò che l'osservazione delle cose con maggiore profitto c'insegna.

Pareva che l'uso della fornace vera e propria fosse da assegnare in Italia al periodo a cui
rimanda la nota leggenda di Damarato, e dell'arrivo in Italia degli artisti greci, cioè alla prima
metà del secolo vii avanti Cristo. Ricordo che l'egregio mio amico, il prof. Helbig, mi faceva una
volta a questo proposito delle savie considerazioni che sembravano poter servire di sostegno alla
tesi sopra enunciata; la quale se deve intendersi così, che l'esercizio della vera pratica della buona
arte sia entrato in Italia per mezzo dei Greci, non può nè deve escludere il fatto che prima del
commercio con la Grecia propria non ci fosse stato tra noi nell'arte ceramica alcun avanzamento.

Gli scavi di Falerii ci hanno luminosamente provato ciò che per altri scavi in maniera in-
completa si sapeva, cioè che sotto il nome di bucchero italico si comprendono molte gradazioni
dell'antica industria, ed una serie di piccoli progressi fatti dall'industria medesima nell'età che
precedette i primi tentativi dei vasi dipinti. Fra queste gradazioni mostrasi una certa conoscenza
della fornace, o un uso di cuocere i vasi meglio che col primitivo sistema del fuoco libero; e
mostrasi anche l'uso della ruota.

Nelle tombe a pozzo ed anche nelle più antiche tombe a camera si incontra quasi sempre in
Falerii un vaso a corpo sferico, a copertura rossastra, e fatto al tornio, il quale, se si distingue dalle
altre stoviglie non solo per la migliore cottura, ma specialmente per il lavoro della ruota, non saprei
per questo decidermi ad ammettere che sia stato portato dal di fuori. Si trova in generale collocato
sopra un sostegno pure fittile; e ne copre la bocca un piccolo cratere di colore bruno. Forse vasi
simili non sono mancati nella vetusta necropoli romana. Lo fa supporre il fatto che uno similissimo
 
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