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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. I
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Baldoria, Natale: Monumenti artistici in San Gimignano
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0056

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44

NATALE BALDORIA

dei soldati e de'farisei il Cristo come vero Dio: fieri sono quei tipi e tutti in diverse attitudini e
con varie espressioni. Nel mezzo, dinanzi alla Croce molto alta del Cristo, son figurati, come si usava
tradizionalmente nell'arte bizantina, e si trova fin dal vi secolo nella Crocifissione del Codice
siriaco di Zagba conservato nella Laurenziana, tre soldati, i quali, inginocchiati su di un ginocchio,
sorteggiano la veste del Salvatore, tutti intenti al loro giuoco. A sinistra, e sempre al primo
piano del quadro, Maria svenuta cade a terra: due pie donne la sostengono per la schiena e
pei fianchi, cercando di tenerne pur alta la testa abbandonata, mentre Maria Maddalena le sta
inginocchiata dinanzi e piange dirottamente, e Giovanni in piedi colle mani spiegate, allar-
gando le braccia e chinando il capo pure verso Maria, fa un gesto di profondo dolore: dietro,
un gruppo di donne sgomente, colle teste rivolte in su, ascoltano la voce di un soldato a ca-
vallo, che loro parla. Mai, fuorché dopo Giotto ed i Lorenzetti, si espresse il dolore delle pie
donne davanti alla croce con tanta forza drammatica e tanto realismo. La Vergine, che fino al
secolo xiii era stata rappresentata calma nel suo dolore profondo, anche se in mezzo alle altre
Marie, dall'arte gotica in generale, dai Pisani, da Duccio e da Giotto, si figurò com'è narrato
negli apocrifi, svenuta tra le compagne e più o meno abbandonata nelle lor braccia; ma Giotto stesso,
il più grande innovatore che la storia dell' arte cristiana possa contare, diede primo, nella
chiesa inferiore di San Francesco in Assisi, il motivo del gruppo di Maria caduta a terra svenuta
fra le pie donne inginocchiate. Simone di Martino, o volgarmente Simon Menimi, che lavorò indub-
biamente in Assisi intorno alle pitture della Cappella del Cardinale Gentili nella chiesa inferiore
di San Francesco (cfr. Cavalcaseli^ e Crowe, op. cit, trad. ital. Voi. Ili, pag. 56 e segg.), deve
aver tolto da Giotto l'idea di questo gruppo e la riprodusse in un suo quadretto ora esistente nel
museo d'Anversa (N. 3); e della scuola di Simone, se non forse di lui stesso, è un'altra Crocifis-
sione col medesimo gruppo nella Vili credenza del museo cristiano nel Vaticano.

Era naturale che anco il Berna, ingegno così fortemente drammatico, uscito dalla scuola di
Simone di Martino, si appropriasse il gruppo già imaginato da Giotto, e quasi lo copiasse, dan-
dogli soltanto il suo stile, mentre quasi contemporaneamente anche l'Avanzi Veronese il riproduceva,
modificandolo alquanto, nella Crocifissione della Cappella di San Giorgio a Padova.

Nel piano superiore, su di un rialzo di terreno, s'erge il Crocifisso tra i due ladroni, con ai
lati sei piccole figure di angeli volanti, tutti in diverse e violente attitudini di dolore, quali ave-
vanli già ideati Cimabue, Duccio e Giotto, mentre dapprima erano stati sempre rappresentati in
calmi atteggiamenti, e generalmente, fuori che per poche eccezioni, in due soli.

Il Cristo crocifisso, come s'usò quasi sempre nell'arte italiana, non invece in quella gotica del
Settentrione, è assai composto, mentre Longino a cavallo, veduto quasi di schiena, gli fora il
costato dal quale esce il sangue. Calmo è pure il buon ladrone, di cui alcuni Angeli portano
l'anima in cielo; ma si contorce furiosamente ed alza il capo in uno spasimo atroce il ladrone
malvagio crocifisso alla sinistra del Salvatore, mentre due demoni con corna, ali di pipistrello,
coda ed artigli, stanno per strappargli l'anima, ed un soldato a cavallo è in atto di vibrargli un
forte colpo di bastone sulle gambe per rompergliele, secondo il costume degli ebrei, di cui è pur
fatto cenno negli Evangeli apocrifi. Più indietro, oltre il rialzo, altre figure di soldati chiudono
la scena.

•*

*

Sulla parete di fondo della nave di mezzo, ed ai fianchi di essa sulle pareti delle prime due
arcate, Taddeo di Bartolo, scolaro di Bartolo di Maestro Fredi, dipinse nel 1493 il giudizio
universale. 1

La grande rappresentazione del Giudizio finale non era arrivata ad avere per le arti gra-
fiche, come appunto neppure per la letteratura, una forma concreta fino al secolo xi. Prima di

i Sull'impostatura dell'arco, a sinistra di chi entra, leggesi l'iscrizione: THADEVS BARTHOLI DE SENIS
PINXIT HAC CAPELLA MCCCXCIII.
 
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