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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. II
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Fleres, Ugo: Alfredo Ricci
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0142

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Ho fretta e 11011 posso fermarmi, quanto forse varrebbe la pena, innanzi a varii altri lavori più
o meno pregevoli. Faccio di corsa il corridojo dove sono acqueforti, incisioni, fotoincisioni e foto-
grafie ; e mi trovo finalmente nella VII sala, che è quella tagliata in due dal tramezzo oltre il quale
sono raccolti gli studii e i quadri del Ricci.

*

*

Qui sono le quattro tele di Augusto Gorelli già mentovate, e tre quadri di Guglielmo Ciardi,
trattati con quella larghezza di pennello e quella sugosità di tavolozza che al fecondo paesista veneto
non mancano mai. Il più notevole mi pare il quadro che s'intitola A caccia (laguna di Venezia).
Fra cielo e mare nereggia una barca, e in essa stanno in agguato un vecchio cacciatore e il suo
cane. Rara e bella mi pare l'impressione di vastità e d'umidità sparsa in quel cielo tutto nuvole
biancastre e su quel mare chiareggiante, quasi abbagliante per lo specchiarvisi del cielo. Vera-
niente la vagabonda barca ci sembra smarrita fra i due elementi del pari luminosi e velati, fluidi
e senza confini.

Una parete di questa sala è occupata dal maggior quadro dell'esposizione: La famiglia di
Caino. La grandissima tela di Aristide Sartorio, premiata l'anno scorso con medaglia d'oro all'e-
sposizione universale di Parigi, piuttosto che una compiuta opera d' arte è un audace ed ampio
tentativo, un saggio delle non comuni attitudini del giovine pittore. Da questo ingente lavoro, come
dai ventinove studii di 'paesaggio e d'animali a pastello, come dalla figura di donna (epoca bi-
zantina) a olio, risulta evidente che il Sartorio non ha trovato ancora la sua via. I pregi abbon-
dano, la personalità manca. Egli ha molto appreso, e possiede molta facilità d'esecuzione ; ma l'oc-
chio suo non vede schiettamente, il suo modo d'immaginare non è libero, il suo modo di sentire
non giunge tuttavia ad esprimersi con quella sincerità donde solo può scaturire la fisonomia ori-
ginale dell'artista.

Questo io dico, perchè ho fede nell'intelligenza del Sartorio, e credo eh' ei possa attingere la
meta, se, persistendo nel lavoro, si accorgerà presto della semplice verità, che in arte ciascuno deve
francamente abbandonarsi a « quel che detta dentro ». Noi possiamo assumere tutti gli atteggia-
menti che ci garbano : l'opera d'arte, se non destinata a un plauso passeggero, ci rivela quali noi siamo.
E vai più, incomparabilmente più l'opera in cui, fra i nostri difetti zampilla l'acqua viva del nostro
vero temperamento, anziché quella in cui esso è studiosamente celato da propositi, da preconcetti,
da ideali di seconda mano insomma.

Certo la sincerità non basta a formare l'artista, come la virtù del terreno non basta a pro-
durre gli alberi che non vi si sono seminati o propaginati. E del resto ogni discussione critica sulle
attitudini ingenite non può avere efficacia ; la scuola educa, non crea. Ma ammessa, come deve
ammettersi per Aristide Sartorio, la non comune facoltà artistica, non possiamo aspettarci che questa
dia frutto durevole, se non quando il proprio carattere dell'artista si sarà coraggiosamente, since-
rissimamente voluto esprimere.

A proposito della Famiglia di Caino, io domando : a che questa smania delle tele enormi, giusto
in un'epoca nella quale tutto contribuisce a consigliare le opere di modeste dimensioni? Nò gli an-
tichi amarono dipingere in proporzioni sì vaste, se non quando era loro espressamente richiesto. Si
comprende che una pala d'altare, una pittura murale, la decorazione d'una vòlta sieno material-
mente grandi ; ma spesso non si comprende la ragione di sviluppare su parecchi metri di tela un
soggetto scelto di proprio senno e senza alcuno scopo pratico immediato.

Questo io dico, perchè l'ampiezza di moltissimi quadri moderni, se da un lato non giova al
commercio, dall'altro non giova all'arte, anzi la danneggia. Infatti nel maggior numero di tali la-
voroni, non vediamo un proporzionato aumento dello studio dei particolari in rapporto ai lavori
piccoli; vediamo invece la pompa vacua, la infeconda spavalderia dell'autore; così che l'opera ci
sembra vasta solo per ingrandimento di lenti. La modellatura che sarebbe bastata per il quadro
di modiche proporzioni, ecco che è insufficiente nel quadro troppo ampio ; e quel tanto di indeterminato
di cui 1' arte non può fare a meno nella rappresentazione della natura, esorbita e ci disturba, al-
lorché crescono, con tutte le altre, le dimensioni di esso.
 
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