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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. III
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Frizzoni, Gustavo: L' affresco del cenacolo di Ponte Capriasca
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0201

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GUSTAVO FRIZZONI

lombarda dei primi decennii del Cinquecento vi è manifesta, per quanto in complesso la com-
posizione, tenuta in proporzioni di poco inferiori a quelle dell'originale, si uniformi fedelmente a
quella del Refettorio delle Grazie. Il divario più notevole oltre che nei colori è nell'architettura
dell'ambiente, che costituisce il fondo del quadro. Quivi invece dell'apertura trifora che si apre
con bella euritmia sulla parete dietro la figura di N. S. sono praticate due aperture arcuate ai
lati della medesima figura per le quali l'occhio è condotto a vedere rappresentati in distanza nel-
l'aperta campagna a piccole figure due fatti, tolti uno dal Vecchio e l'altro dal Nuovo Testa-
mento, entrambi alludenti al Redentore; com'è quello del Sacrificio d'Abramo da un .lato,
simbolo del nuovo Patto e l'Orazione all'Orto dall'altro, rammentante un episodio della Passione.
Nelle fisionomie dogli Apostoli e del loro Signore il pittore, come vedesi, si studiò di ritrarre
secondo l'intenzione del grande maestro i diversi moti dell'animo che si rispecchiano sui loro
visi, coi quali s'acc >rda l'efficacia trovata negli atteggiamenti dei corpi, nei gesti sommamente
espressivi delle mani. Mentre poi nel celebrato dipinto originale la parte inferiore è pressoché
interamente rovinata, nella copia di che si ragiona si scorgono tuttora le disposizioni delle gambe
e dei piedi, e come è a credersi a seconda di quanto si presentava in origine nell'opera di Leonardo.
Ora sorge spontanea la domanda circa l'autore del Cenacolo di Ponte Capriasca. Quale sa-
rebbe fra i varii scolari di Leonardo quello che ci richiama maggiormente il modo onde vediamo
interpretato ed eseguito il suo grande capolavoro? Se non m'inganno è il milanese Gian Pietrino,
ossia Pietro Rizzo, come lo chiama il Lomazzo. Gli effetti coloristici notati ben ce lo fanno arguire;
ma avvi pur altro argomento. Nella stessa chiesa e precisamente sopra l'altare opposto a quello
sopra il quale si stende la parete del Cenacolo sta appesa in alto una tavola centinata, dov'è dipinta
la Madonna di Loreto sulle nubi, circondata da angeli, mentre al basso stanno ritti due Santi.
Ora questa pala porge all'osservatore i tipi del sunnominato allievo di Leonardo in tutta la
loro evidenza, rivelando il sorriso consueto delle sue figure, il così detto colorito di latte e vino,
le estremità graziose ma un po'rattrappite, gli ariosi paesaggi evia dicendo. Il viso della Vergine
fra altro è affatto simile a quello che vedesi in una elegante pala dell'autore medesimo nel palazzo
dei Sig.' Bagatti Valsecchi in Milano. Quale meraviglia quindi che l'autore della tavola fosse stato
incaricato di provarsi anche nella pittura a fresco e ne avesse voluto dare un saggio ricreando con
ogni riverenza possibile l'opera capitale del maestro toscano? Se non vi scorgiamo tutta quella grazia
e finitezza nelle singole parti che suole distinguere le opere eseguite di mano propria ili Gian Pietrino
forse se ne deve ricercare la ragione nella sua maggiore pratica ad eseguire i suoi dipinti sul legno
anziché sul muro. In fatti non c'è noto alcun suo lavoro condotto a fresco nè in Lombardia uè
altrove, mentre havvi buon numero di tavole in chiese e in gallerie, di soggetti sacri e di allegorici.

Di ritratti invece uno solo ed è un profilo di un Cardinale, probabilmente Ascanio Sforza,
acquistato recentemente dal Presidente dell'Accademia di Belle Arti in Milano, il marchese Emilio
Visconti Venosta, nel quale dipinto pure si annunzia insieme ad un concetto severo il suo colorito
tresco e delicato, oltre al suo modo d'intendere le forme.

Ma per tornare al Cenacolo noi crediamo ch'esso occupi realmente un posto importante fra
le opere dell'arte lombarda dei primi decennii del Cinquecento, più di quanto gli scrittori che ne
trattarono fin qui hanno mostrato di attribuirgli, ad eccezione del prof. Rodolfo Rahn di Zurigo, il
quale mentre esclude l'idea che il dipinto s'abbia a ritenere, di Bernardino Luini, pure vi riconosce
la derivazione da un pittore contemporaneo e pressoché di pari merito.1 Egli vi loda la maestria

1 Kunst- und Wanders'udien ous der Schweiz von
J. Rudolph Raiin. YVien. Verlag. von Georg Paul Faesy,
1883 p. I7«. A voro dire anche il suo concittadino
Carlo Bran mostra di apprezzare il merito dell'opera
in una monografia intor.io a Inoliando da Vinci, com-
parsa nella dispensa f>3 della pubblicazione del dottore
Roberto Dolinie, intitolata Kunst und Knnstler (Leipzig.
Seeinan 187'.)) pag. 26. Kgli anzi ve la dichiara la più
importante fri (piante copie esistono del capolavoro

vinciano. Se non che accennami > alla tradizione che ne
additerebbe per autore Marco d'Oggionno non si perita
di pronunciarsi in proposito, soggiungendo ch'ò difficile
verificare se sia fondata tale tradizione. Dove non si
può a meno di osservare che una maggioro famiglia-
rità dello scrittore coll'arte lombarda lo avrebbe edotto,
che il nome di Marco d Oggionno viene smentito ad
ogni modo dall'aspetto del dipinto stesso di Ponte Ca-
priasca.
 
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