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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. III
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Recensioni e cenni bibliografici
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0237

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224 RECENSIONI E GEN

l'arte decorativa degli ultimi tempi dell'impero romano
è il modello preferito dall'indole congenere del Federighi.
L'accumular dei motivi, l'esuberante ricchezza e il vigore
nervoso delle forme, i forti effetti della luce e dell'ombra,
tutti questi distintivi di quell'arte sono imitati da lui;
egli però li adopera e raffina colla propria invenzione,
di sorta che la composizione nuova che ne risulta, può
stare a paro agli ottimi esempi di conche e candelabri
romani. Epperciò questi lavori si debbono annoverare
a dirittura fra i più importanti testimoni dell'arte del
Rinascimento. Ai due acquaj di Siena ne fa seguito un
terzo, del tutto analogo, nel duomo di Orvieto. Benché
finora sia stato attribuito a parecchi altri artisti (a Luca
di Giov. da Siena, precettore di Jacopo della Quercia
per esempio, oppure a Matteo Sanese), però dalla com-
parazione più esatta di tutte le sue parti, dalle loro
proporzioni e dall'insieme di tutte e tre le opere, risulta
indubitatamente che l'ultima pure appartiene al Fede-
righi, se non che è anteriore di qualche anno alle due
prime. I motivi delle loro forme, prese ciascuna per sé,
e la loro combinazione per formar un insieme, denotano
la stessa pratica dell'arte antica e lo stesso indirizzo
del concetto artistico del maestro. Anzi in quest'opera
anteriore è possibile di rintracciare e analizzare distin-
tamente i diversi elementi costitutivi della sua maniera
e la loro combinazione, meglio che nelle soluzioni po-
steriori dello stesso problema.

In uno degli acquaj di Siena il nostro artista ha in-
trodotto il primo nell'arte del Rinascimento un motivo,
che di solito si attribuisce a Michelangelo : vale a dire
le figure ignude di Schiavi, appoggiati col tergo al fusto
dell'acquajo. Queste poi sono analoghe ad altre figure,
colle quali il Federighi ha adornato i bracciali di uno
dei sedili di marmo (quello a destra di chi entra) nella
Loggia dei Nobili (1464). (L'altro sedile a sinistra è im-
possibile che sia quello, che dalla nuovissima Guida di
Siena (1883) coll'appoggio di documenti pubblicati da
G. Milanesi, vien attribuito a Lorenzo Marinna e com-
pagni, poiché non ha la menoma somiglianza colla ma-
niera bene spiccata di questo maestro. Di certo non è
posteriore, anzi anteriore di qualche anno al sedile di
Ant. Federighi. Comparandolo colle opere autentiche di
Urbano da Cortona, che si trovano a Siena, risulta che
si potrebbe attribuire con più probabilità a lui. Resta
intanto in oscuro, che cosa sia avvenuto di quell' altro
sedile, lavorato nel 1531 dal Marinna). Anche il lato
esteriore della spalliera, decorato di cinque comparti-
menti in rilievo, che contengono armi sospese a ricchi
festoni, mostra chiaramente la maniera del Federighi.
Meno riusciti sono i rilievi del lato anteriore della spal-
liera, raffiguranti eroi romani seduti. L'atteggiamento
e la composizione nello spazio di ciascun compartimento
non sono da encomiare, se non in alcune delle figure ;
queste per la più gran parte denotano la mancanza di
una certa abilità, indispensabile per soddisfare alle con-
dizioni artistiche del rilievo. Anche il lavoro dello scal-
pello è ineguale, il modo di trattare i panneggiamenti

I BIBLIOGRAFICI

tutto diverso, di sorta che per questa opera la parte-
cipazione di alcuni allievi del maestro diviene probabile.
Alla maniera propria di lui corrispondono in gran parte
i due eroi vestiti di ricco arnese.

All'ultima epoca dell'attività artistica del Federighi
sono da assegnare i due grandi graffiti nel pavimento
del duomo, la « Storia della liberazione di Betulia »
(1473) davanti al presbiterio e le « Sette età dell'uomo »
all'entrata della Cappella del Voto (1474), come anche
la « Sibilla Frytrea » nella navata a destra (1481-82).
Già prima, nel i 458, egli aveva fornito la « «Storia dei
due ciechi » nella navata di mezzo. Queste composizioni
furono certamente non solo eseguite ma anche disegnate
dal maestro, e non — come indicano le Guide — da Ur-
bano da Cortona o Matteo di Giovanni.

Alcune statue di Apostoli del Federighi che origina-
riamente erano appese alle colonne della navata di mezzo,
nei primi anni del secolo passato furono tolte di là e
insieme con altre di Urbano da Cortona e Giovanni di
Stefano collocate sul cornicione esterno del duomo,
verso mezzogiorno. Nel loro posto attuale non è pos-
sibile di verificarle.

Comparandola colle opere autentiche del nostro ar-
tefice, gli si deve ascrivere anche una statua di Bacco
nel Palazzo d'Elei a Siena, che finora si credette di ori-
gine antica. Il concetto massiccio è un indizio caratteri-
stico che ne addita come autore un artista del Quattro-
cento, e fra questi addirittura il Federighi, la di cui
maniera e il di cui lavoro si fanno conoscere in ogni
particolarità di essa. E precisamente lo stesso tipo, che
abbiamo incontrato nei santi Vittorio e Ansano. Il trat-
tamento delle forme corrisponde a quello degli « schiavi »
dell'uno degli acquaj nel Duomo. L'ideale del maestro,
l'ampiezza cioè e il vigore delle forme, che si trovano
riunite nelle opere scultorie della decadenza romana, si
presenta qui con ogni evidenza e chiarezza possibile ;
non però tanto come segno d'imitazione, quanto corpe
emanazione spontanea dell'indole artistica dell'artefice.

E se gli si aggiudica la statua di Bacco, il che, vista
la sua concordanza assoluta colla sua maniera, pare
non dubbio, allora egli si deve riconoscere anche autore
del fonte battesimale nella Cappella di S. Giovanni del
duomo di Siena. Altre volte questo si attribuiva a Jacopo
della Quercia, di certo falsamente, poiché l'affinità di
stile coi suoi lavori autentici non è che molto appros-
simativa; inoltre la cappella in questione non fu eretta
prima del 1482, e perciò anche i lavori per la sua de-
corazione probabilmente non furono incominciati prima
di quest'epoca, quando il della Quercia era mancato di
vita da più di quarant'anni. — Il fonte battesimale sa-
rebbe dunque una creazione degli ultimi anni del Fede-
righi, e perciò non è da maravigliarsi, se nella sua ese-
cuzione non rintracciamo più tutta l'esattezza delle sue
opere anteriori, tutte le particolarità caratteristiche del
suo apogeo, — anzi se vi rileviamo qua e là la mano
di allievi. Ma in quanto alla composizione architettonica,
essa corrisponde interamente ai segni distintivi delle
 
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