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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. IV
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Gnoli, Domenico: Le opere di Mino da Fiesole in Roma, [4]
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0277

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DOMENICO (INOLI

colo di sant'Ambrogio, ed anche più a quello di santa Maria Maggiore. Il solito cappio a una stalla
si leva sopra alla cintura come la firma dell'autore.

Passando dalla chiesa al prossimo palazzo di san Marco, riferisce il Vasari 1 che il Vellano
da Padova lavorò « molti degli ornamenti di quella fabbrica per lo medesimo Papa (Paolo II); la
testa del quale è di mano del Vellano a sommo le scale. Disegnò il medesimo, per quel luogo, un
cortile stupendo, con una salita di scale comode e piacevoli ».

Tutte queste notizie, provenutegli probabilmente dallo stesso corrispondente che gli dava ad
intendere tante fanfaluche su Mino del Reame, su Baccio Pontelli e sugli artisti del Quattrocento
in Roma, non hanno miglior fondamento che quelle. Già il Milanesi, nelle note alla vita del Vel-
lano, scriveva : « Quanto alla dimora di Bellano a Roma, ed alle opere di scultura fatte per papa
Paolo, noi ne dubitiamo grandemente ». E infatti, nei libri di spese pel palazzo di san Marco sotto
Paolo II, il nome del Bellano non s'incontra mai. Ma se pure ciò non fosse, basta una mediocre
conoscenza delle opere dei Bellano per escludere assolutamente che quel busto gli appartenga.

Il busto, di cui per la prima volta presento la riproduzione, per gentile condiscendenza del-
l'ambasciator d'Austria che abita il palazzo, evidentemente non si trova più nel suo luogo d'ori-
gine: è probabilmente però allo stesso posto in cui era quando scriveva il Vasari, che lo dice col-
locato a sommo le scale. Salita infatti la scala principale sulla via del Plebiscito, si giunge ad un
portico o loggia nel mezzo della quale è la porta d'ingresso agli appartamenti, che porta nel
fregio l'iscrizione: Laurentius Cibo Genven. Card. Beneventan. Sopra questa porta, entro una nic-
chia rotonda, è collocato il busto di Paolo II. Il cardinal Cibo successe nel titolo di san Marco al
card. Marco Barbo, morto nel 1491.

Il busto, ha sofferto per caduta, o piuttosto per un qualche peso piombatogli sopra, che le-
vando delle scaglie nel mezzo tra le ciglia, gli ha portato via il naso, e slabbrato la bocca : il
naso che oggi si vede, è interamente rifatto come ho potuto assicurarmene esaminandolo da vi-
cino, e quella forma così maschia e aquilina è assolutamente diversa dal vero, quale può vedersi
nella figura giacente sul monumento, ed anche in quella inginocchiata nel Giudizio Universale del
monumento stesso : il che altera la fisonomia del ritratto. Esaminando quella faccia così viva e
mossa con tanto vigore, e l'occhio profondamente bucato, e il genere degli ornati e la tecnica
della scultura e specialmente il modo di trattare le carni floscie, non si può non pensare a Mino
da Fiesole ; del quale anzi questo busto, il solo che di lui si abbia in Roma, deve ritenersi come
una delle opere più vere e più forti. Già un autorevole giudice d'arte, il Bade, mi diceva che, dal-
l'esame attento del busto era indotto a crederlo opera dello scultore di Fiesole e a questa opinione
s'accostava anche il Thode; ma alle ragioni tratte dalla maniera di scolpire di Mino, posso ora
aggiungere una conferma confrontando questo ritratto colla testa di Paolo II nel Giudizio Univer-
sale di Mino stesso; nel quale, quantunque affatto diverso sia l'atteggiamento e l'espressione, si ri-
vela però facilmente nel trattamento delle carni, lo stesso scalpello. E a questo s'aggiunge un ar-
gomento esteriore, non però di lieve peso: la forma cioè perfettamente uguale del triregno. Non
è qui luogo da fare una discussione sul famoso triregno di Paolo II, che ebbe pe' giojelli, com'è
noto, una passione incredibile, nè sull'altro che fece poi farsi per servirsene ordinariamente, ric-
chissimo di gemme anche questo, riservando solo a rare occasioni il primo, riuscito di troppo
peso. Carico di pietre preziose è il triregno del papa giacente scolpito dal Dalmata sul monu-
mento di lui, e copiato probabilmente dal vero; ma questo di Mino è un lavoro semplice, o me-
glio povero, d'orificeria, dove non è traccia che sieno incastonate gemme nè grandi nè piccole.
Sopra tre cerchi nudi d'ogni ornamento si levano i fioroni nella forma araldica di gigli, intra-
mezzati dalle perle che si curvano ai lati in forma di foglie anch'esse. Questi gigli non credo che
mai abbiano adornato il triregno papale, nel quale i fioroni erano formati di pietre incastonate
in forma di croce, come nel bel triregno in bronzo sulla sepoltura di Sisto IV (che ritrae proba-

1 Vita del Vellano da Padova. Voi. II pag. 606. Ed. Sansoni.
 
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