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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. V
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Recensioni e cenni bibliografici
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0417

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RECENSIONI E CENNI BIBLIOGRAFICI

A pag. 148, è parola di un ritratto di Ferrandino
d'Aragona, fratello della duchessa Isabella Sforza, morto
nell'ottobre 1496. La Duchessa aveva mostrato desiderio
di possederlo, e il Marchese Ludovico Gonzaga, che

10 serbava presso di sé, ne ordinò una replica ad un
pittore, che in una lettera del Marchese stesso (non
riprodotta dagli AA.), da Gonzaga 4 di marzo, è detto
maestro Francesco (Francesco Mantegna, figlio di An-
drea, o Francesco Bonsignori veronese?). Di un altro
ritratto è parola a pag. 72, del ritratto del primo figliuolo
legittimo del Moro, di Ercole, nato alii 25 gennaio 1493.
Inviando Eleonora d'Aragona il ritratto ricevuto da
Milano a Isabella d'Este Gonzaga, per farglielo vedere,
scrive: «Qui incluso gli sera uno designo che ne è
mandato da Milano circa el bene stare de quello ili.111©
figlioli no nostro, quale se ben sentemo ch'el sta benis-
simo, questo ne rende più vero testimonio per esserli
introducto tanti a parlarne co ne vederiti. Et per essere

11 retracto bono non vi diremo altramente chi ce lo
manda e chi sia sta el maestro, rendendoni certo che
multo ben ne fareti vero judicio ». Chi sarà stato, si
chiedono gli A A., quel maestro che non poteva fare se
non cose buone? Forse Leonardo?

A. V.

F. G. Molmenti. Le origini della pittura veneta. Vene-
zia, 1890.

E un discorso letto nell'Ateneo veneto di Scienze,
L,ettere ed Arti, dove finora nessuno aveva mai parlato
d'Arte e dove quindi c'era bisogno di chi si facesse pa-
ladino di tali studi così geniali e così necessari in uno
fra i più grandi centri artistici del mondo, qual'è Ve-
nezia.

L'autore avvertì in principio che non avrebbe detto
nulla di nuovo, limitandosi soltanto « a toccare breve-
mente delle ultime indagini di quella critica distruttiva
degli ideali, che dileguano dinanzi al vero storico, il
(piale pervade oramai tutto il pensiero umano ».

11 ch.o autore dichiara qui adunque di volere stac-
carsi dalla critica, seguita fino ad ora, del Ruskin e
del Taine, e se il suo studio non è privo di inesattezze
e di idee non bene fondate sullo studio dei fatti, ma
soltanto apprese dai libri, è tuttavia lodevole come sin-
tesi chiara dello svolgimento subito della pittura veneta,
secondo risulta dalle ricerche coscienziose ultimamente
compiute dagli eruditi e storici dell'Arte.

E esagerato però il dire, parlando de' mosaici di stile
bizantino del S. Marco, « che l'arte bizantina, rituale e
simbolica si mantenne immobile, informandosi a regole
di convenzione, precise come dogmi », mentre sappiamo,
studiando l'iconografia cristiana attraverso al medio evo,
che le composizioni bibliche e leggendarie si svolsero
e si allargarono a poco a poco, di secolo in secolo, e
le figure, sebbene stereotipate nei caratteri iconografici
assunsero coll'andar del tempo maggior movimento. Con

uno studio accurato delle miniature nei codici greci me-
(ìioevali, negli avori e nei mosaici non solo della Venezia,
ma anche della Sicilia, dell'Italia meridionale, di Roma e
della Grecia, molti preconcetti si dissiperebbero, o almeno
i giudizi si farebbero meno recisi. Del resto è certo che
alcuni cicli di composizioni bibliche si ricopiavano tali
quali, eccetto che porlo stile, di secolo in secolo; ed il
Tikkanen ha dimostrato in questo stesso Periodico, ed il
signor Molmenti poteva anche per il suo lavoro appro-
fittarne, che le composizioni della Genesi rappresentate
nei mosaici dell'atrio di S. Marco, trovano il loro pei-
fetto riscontro in quelle miniate già fin dal v secolo
nella Bibbia Cottoniana di Londra. Ma lo stesso pro-
fessor Tikkanen nel suo magistrale lavoro ha dimostrato
che anche l'accennato ciclo di storie bibliche aveva po-
tuto assumere nel corso del Medio Evo molte modifi-
cazioni, o, se è lecito dirlo, altre versioni, quali noi tro-
viamo svolte in altri monumenti : il che significa che il
dogma non esisteva così intransigente, come general-
mente si crede, neppur nell'arte bizantina; la quale, e si
presenta alquanto varia per lo stile, a seconda delle va-
rie età e dei paesi diversi, e le principali composizioni
evangeliche va modificando e sviluppando attraverso al
medio evo ; ed ove s'attenga a forinole ormai stabilite
per alcune composizioni o rappresentazioni bibliche, non
conosce una sola, ma più forme che può adottare a
suo talento.

Più innanzi il signor Molmenti dà allo stesso autore
delle pitture nelle cappelle di S. Felice, S. Giorgio e
S. Michele in Padova, Iacopo Avanzo da Verona, anche
le meschine pitture della Chiesa di Mezzaratta presso
Bologna, confondendo il mediocrissimo artista di Bolo-
gna col grande di Verona, il quale può veramente es-
ser chiamato il precursore del Rinascimento della Pit-
tura nell'Alta Italia, sulle opere del quale si formò
il Pisanello, e studiò poi anche il Mantegna.

Né si può dire che la Coronazione della Verr/ine di-
pinta da Iacobello de Fior ritenga della secchezza bi-
zantina, giacché i tipi delle figure, il tondeggiamento
delle linee, i toni leggieri nel colorito, dimostrano come
lacobello se ne fosse di molto discostato.

Non nota poi il ch.o autore, come Antonio Vivarini
fondatore della scuola di pittura detta Muranese risenta
nei contorni alquanto duri e tondeggianti, in certi accar-
tocciamenti di pieghe e nei toni brillanti e vivi l'in-
fluenza della scuola tedesca.

Così nel dare una spiegazione di certe anomalie nelle
rappresentanzioni medioevali, come quelle per es. di
porre ne' luoghi sacri, accanto a composizioni sacre,
qualche oscenità, non mi pare che il ch.° autore s'ap-
ponga al vero, scindendo dal sentimento ascetico la ma-
terialità grossolana che vi è invece connessa natural-
mente, in quanto che gli artisti figurando questa non
pensavano che al significato morale di essa. Aggiungasi
poi che non errano del tutto que' critici che vedono
un'ispirazione mistica nelle opere medioevali e ingene-
rale in quelle anteriori al secolo xv, giacché nell'ani-
 
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