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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. II
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Carotti, Giulio: Il Tabernacolo con Nicchia per le Abluzioni: nella sagrestia della chiesa di S. Niccolò da Tolentino in Prato
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0146

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GIULIO CARO TP!

depongon sopra una corona. Il serbatoio a forma (li guscio violaceo è diviso a zone lavorate a
rilievo con orli giallastri e termina inferiormente a guisa di mensoletta con una testa di cherubino
color di terra gialla.

Questa graziosa edicoletta, di proporzioni molto euritmitiche, di color bianco latteo in
tutte le parti per le quali non feci avvertenza di colore, è di un effetto assai gradevole, l'into-
nazione generale dei colori e la loro distribuzione essendo sobria ed armoniosa.

Il bassorilievo dell'adorazione del I)ivin Bambino presenta una composizione semplice e delle
figure altrettanto semplici nelle linee generali e soavemente ingenue tanto nell'atteggiamento clie
nella espressione. La Nostra Donna lascia a desiderare quanto a distinzione del viso, anzi è cosa
poveraccia, ma pur vi traspira candore e purezza. Il partito delle pieghe del manto che l'avvolge
è semplice e così dicasi delle vesti dei due angioli che stanno ai lati in adorazione ; è un fare
ancor ispirato alle opere dei primi quattrocentisti, privo di ogni ricerca di forme ed effetti nuovi
nelle pieghe, di uno studio più diretto dal vero, e che riesce quindi alquanto da principiante.
L'atteggiamento invece dei due angioli laterali è pieno di naturalezza e di sentimento religioso.
Il Bambino poi è la parte più importante e più bella: naturalissimo il suo atteggiamento e nelle
linee generali di una libertà e trovata veramente commendevoli ; la sua espressione è dolce,
ingenua e di molta distinzione. I putti, come dissi, sono quattro : due a lato dell' urna per le
abluzioni e due sulla cornice a coronamento dell' opera. Anche tra essi esiste un certo squilibrio.
Quelli di maggior dimensione che sostengon l'urna sono bellini e graziosi, è vero; ma scapitano
in confronto agli altri due della cornice, i quali possono essere annoverati tra le più graziose e
leggiadre creazioni dell' arte toscana, e, rinvenuti isolati, sarebbero stati di certo classati tra i
lavori dei quattrocentisti.

Ora a quale dei Della Robbia è da ascriversi questo grazioso lavabo? Ha molta analogia,
come fu notato da tempo dal Bode,1 con quello della sagrestia di Santa Maria Novella in Firenze,
opera che i documenti provarono essere stata ordinata a Giovanni, figlio di Andrea, nel 1497, e
cioè tre anni innanzi di quella di cui trattasi. ^Ma il paragone potrebbe trarre in equivoco e credo
sia meglio cercare i confronti con altre opere.

Gaetano Guasti nella sua illustrazione dei quadri della Galleria e degli altri oggetti d'arte
del comune di Prato 2 a p. 52 dice: «Per quanto lo stile, la maggior purezza del disegno, eia
stessa maniera eh'è come un'aria nei volti, diano modo di distinguere le plastiche, è sempre
facile ingannarsi nell'attribuire a uno dei Della Robbia, ch'ebbero fama in quest'arte, qualche
opera singolare. Ov' è la data, la questione si scioglie agevolmente : come nel tabernacolo con
nicchia che serve per le abluzioni, ora nella sagrestia della chiesa di San Niccolò e nella lunetta
sulla maggior porta della cattedrale ; e per il graziosissimo fregio e i quattro Evangelisti che
adornano l'elegante chiesa di Santa Maria delle Carceri, plastici che furono certamente condotti
da Andrea, parlano i documenti ».

Adunque, per Cesare Guasti, questo lavabo sarebbe di Andrea, perchè reca la data del 1520.
Ma questa conclusione è corroborata a sufficienza dal solo argomento della data? Abbiam già
visto che vivendo ancor Andrea, nel 1497, il di lui figlio Giovanni aveva fatto il lavabo di
Santa Maria Novella. E poi convien tener presente l'età di Andrea che, nato nel 1437, mancò
ai vivi nel 1528, e contava quindi già ottantatre anni nel 1520; per quanto egli abbia conti-
nuato, sino ad età avanzatissima, ad assumere importanti ordinazioni di opere, l'ultima notizia
che si abbia di queste sarebbe quella intorno all'altare per la chiesa del Pian di Mugnone, ci-
tata dal Bode 3 e che risale al 1515. Non rimane quindi che una presunzione che egli avesse
accettato da Averardo Alamanni dei Salviati l'ordinazione di questo lavabo e sempre avanzerebbe
il dubbio se possa essere stato lui a far l'opera od a dirigerla.

La pala d'altare che ritiensi di Andrea e che trovasi a Santa Maria in Grado ad Arezzo

1 Nella raccolta del Dohme, Kunst und Kiinstler, ecc.

Lipsia, 1879.

Prato, Giachetto, 1888.

3 W. Bode, Italienische Bildhauer der Renaissance.
Berlin, Spemann, 1887.
 
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