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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc. IV
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Frizzoni, Gustavo: Il Sodoma, Gaudenzio Ferrari, Andrea Solari: Illustrati in tre opere in Milano recentemente ricupertate
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https://doi.org/10.11588/diglit.18090#0314

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282

GUSTAVO FRIZZONI

della Madonna compariscono difettosamente collocate, non si potrà negare che simile imperfezione
salti facilmente all'occhio. Così pure la grandezza eccessiva delle mani degli angeli, in ispecie
di quello a sinistra di chi guarda, mentre in quello a destra la linea della fronte non gira bene
a seconda della parte inferiore del viso.

Con tutto ciò chi non ammetterebbe il largo compenso che deriva dalla ingenua soavità e
dagli atteggiamenti bene armonizzati fra loro in codeste figurine da paradiso? I tratti caratte-
ristici poi del pittore vi sono ben sensibili e si rivelano non solo nei tipi dei visi, ma nella
delicata esecuzione dei capelli, nelle pieghe dei panni, specie nel manto sulla spalla della Ter-
gine, e principalmente nel movimento delle mani, che suole dar luogo costantemente a quella
speciale apertura fra il pollice e l'indice, che richiama l'imagine di una tenaglia.

Ora nasce spontanea la domanda: D'onde viene e quando fu fatta l'opera di che si ragiona?
Mentre è un fatto constatato che gli scrittori noti tutti ne tacciono, uno spiraglio di luce ci viene
dalla circostanza che in una delle principali chiese di Novara, vale a dire in quella di San Gau-
denzio, si trova una grande pala del Ferrari divisa in sei parti a due piani, dove la media del
piano inferiore ci porge un gruppo della Madonna col Bambino, affatto analogo a quello del quadro
ora in possesso del signor Yittadini. Evidentemente tra un'opera e l'altra si rileva un nesso
ben diretto e non di puro caso, indicante che le due Madonne furono dal pittore eseguite a poca
distanza di tempo tra di loro. La tavola del signor Yittadini vuoisi considerare senza dubbio
per quella ch'ebbe a precedere; la purezza dello stile, l'accuratezza dell'esecuzione ce ne rendono
certi e ci mettono in grado di stabilire il fatto, che l'artista vi abbia atteso poco tempo prima
del 1514, anno nel quale egli ebbe a ricevere l'incarico dai canonici del capitolo di San Gau-
denzio a Novara, di fornire a detta basilica l'ancona di che si è fatto cenno. 1 Rispetto alla
quale apparisce circostanza non priva d'interesse quella che emerge dal contratto di allogagione,
stipulato il 20 luglio 1514, per cui viene stabilito che il compenso di lire imperiali 1250 viene
promesso all'artista a condizione che l'ancona fosse eseguita nello spazio di diciotto mesi e che
non vi ponesse mano nessun altro pittore. Questa condizione indirettamente ci insegna che Gau-
denzio già in quel tempo, forse pel molto lavoro che gì'incombeva, trovavasi indotto talora a
farsi aiutare da' suoi allievi, onde si spiega perchè alcune delle sue opere presentino delle parti
non condotte colla consueta sua maestria, nè colla finezza ideale sua propria. 2

Nulla di più naturale che di ammettere che la maraviglia suscitata alla vista della Madonna
ora del signor Yittadini, abbia indotto i canonici della chiesa novarese a desiderare un'opera
simile di mano dell'autore. Ma dove avranno dessi veduto l'attraente prototipo?

Osserveremo anzitutto che dalla configurazione del medesimo e dalle dimensioni sue si ha
a dedurre che facesse parte in origine di un'opera più complessa, cioè di un'altra ancona a più
riparti, come erano molto in uso sugli altari delle chiese di Lombardia. Ora, a poche miglia da
Yarallo, nella stessa provincia di Novara, avvi nella parrocchiale del piccolo paese di Rocca
Pietra (stazione ferroviaria) una di codeste ancone di mano, come si sa, del Ferrari. Se non che
essa non è più montata nella sua foggia originaria, bensì disgiunte le singole tavole di che si
compone, per quanto a poca distanza fra loro, perchè ricomposte entro un tabernacolo di legno
ornato di sculture, di epoca posteriore e di gusto barocco. Presentemente le tavole dipinte non
sono che cinque, mentre tutto ci fa presumere che fossero sei, disposte all'incirca come quelle
di Novara. E a credersi che la parte centrale, dove non doveva mancare la figura della Ver-
gine, fu messa da parte e sostituitavi nel nuovo tabernacolo una statua di un santo in legno,
quale vedesi tuttora. Che la tavola centrale poi fosse appunto quella ora in possesso del signor
A7ittadini ce lo fa congetturare, oltre all'affinità nella maniera spiegatavi dall'artista, la corrispon-

1 Vedasi in proposito: Vita ed opere di Gaudenzio

Ferrari, per Giuseppe Colombo. Fratelli Bocca, 1881,

p. 78. In fine del volume poi sono riportati i documenti

che si riferiscono ai pagamenti fatti al pittore.

Si è veduto nella nostra illustrazione del Museo

Borromeo di Milano che un certo trittico il quale vi
appartiene mostra appunto disuguaglianze tali, che sono
dovute principalmente alla collaborazione di qualche
aiuto del maestro.
 
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